Mentre alcuni storici mestieri hanno dovuto affrontare un inesorabile declino fino alla totale scomparsa, coerentemente con i tempi moderni, altri si fanno avanti. La nuova figura proposta è quella dell’interprete del patrimonio ambientale e culturale o, più semplicemente, interprete del territorio. Significa, in sostanza, una persona preposta a raccontare e trasmettere conoscenze e passione sull’immenso patrimonio italiano, fatto di arte, cultura, ricchezza paesaggistica, enogastronomia.
La proposta arriva da Ischia (Napoli) dove le guide ambientali escursionistiche hanno dato appuntamento per una visita dello splendido Castello Aragonese con tanto di cena interpretativa. Spiega Nino Martino, già direttore del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano e consigliere nazionale dell’Aidap (Associazione italiana dei direttore delle aree naturali protette): «Abbiamo uno straordinario patrimonio culturale, noto in tutto il mondo e uno dei più grandi patrimoni di biodiversità e paesaggi d’Europa. La nostra economia dovrebbe essere basata su questo capitale naturale e culturale. Lanciamo da Ischia una figura professionale che lavori per coinvolgere ed appassionare le genti, i turisti, i residenti, alla conoscenza e valorizzazione del patrimonio italiano. Negli Stati Uniti tale figura già esiste».
La figura dell’interprete del territorio è effettivamente una realtà che negli U.S.A lavora da circa 100 anni – l’heritage interpretation – e viene considerata come un valore aggiunto dei parchi stessi, secondo la filosofia in base alla quale gli americani pensano che occorra «ispirare, educare e proteggere». Per Nino Martino questo sarebbe uno strumento in più per gli amministratori e i tecnici per organizzare mostre divulgative all’interno delle aree di riferimento, divulgare il concetto di tutela del bene ambientale ed educare il cittadino a comportamenti rispettosi nei confronti della natura.
L’interprete del territorio americano studia per applicare tecniche e metodi capaci di coinvolgere empaticamente il visitatore, così da farlo sentire come elemento partecipativo di un evento culturale, limitando al massimo le esperienze passive o le lezioni frontali. Perché il turismo, afferma provocatoriamente Martino, «non è solo ombrelloni e fast food e il nostro Paese ha tutte le carte in regola per divenire il Museo e il Parco d’Europa. Noi proveremo a dare il nostro contributo per migliorare l’interpretazione di questa gran bella storia».