Il popolo svizzero si è pronunciato: basta energia nucleare e al via la legge sulla transizione energetica che entro il 2050 porterà il Paese a produrre le proprie risorse basandosi solo su fonti rinnovabili. Il referendum ha espresso una maggioranza di favorevoli pari al 58,2% con picchi decisi di addio al nucleare soprattutto a Zurigo e a Ginevra.
Un successo per gli ecologisti che parlano, giustamente, di «un risultato storico che proietta nel futuro». Anche i vari partiti politici svizzeri erano quasi tutti convinti della necessità di cambiare marcia nella produzione energetica, a eccezione dell’Udc (Unione democratica di centro), un movimento populista euroscettico e anti-immigrazione.
Da oggi comincia per il Paese un lungo periodo di transizione e già si parla della chiusura della centrale di Beznau, quasi al confine con la Germania, e tra le più vecchie e obsolete del mondo, in funzione da 47 anni.
Si tratta di una decisione storica e importante non solo per la Svizzera ma per l’intera Europa sempre più determinata a puntare su un futuro innovativo, più sicuro e che, con il tempo, recherà con sé anche non trascurabili vantaggi economici oltre all’importante risvolto in termini occupazionali.
Ma quella del referendum è stata soprattutto la vittoria dell’ambiente e il Governo si è subito impegnato a lanciare un piano per la riduzione di consumi che darà una mano a portare avanti il periodo di transizione energetica. Si prevede quindi un calo del 16% entro il 2020 per arrivare al 43% entro il 2035, avendo come parametro di riferimento i livelli di consumo del 2000.
Il costo della manovra all’inizio comporterà un piccolo sacrificio – 36,5 euro all’anno in media per le famiglie rispetto al periodo precedente – ma successivamente sarà ricompensato grazie a politiche che guardano all’ottimizzazione della produzione senza tralasciare il risparmio.