Secondo il primo ministro ungherese Viktor Orbán le migrazioni sono «un cavallo di Troia per il terrorismo» e non, come la storia ci ha insegnato, fenomeni fisiologici, conseguenze di guerre, catastrofi e povertà.
Da anni l’Ungheria è impegnata a costruire recinti di filo spinato a circoscrivere i suoi confini e da anni l’Unione Europea (l’Ungheria ne fa incredibilmente parte), si scandalizza per un giorno e poi torna a soffrire di demenza senile oppure si addormenta e comunque lascia fare.
L’ultima gravissima pensata di Orbán è divenuta legge: detenzione automatica per i migranti presenti in Ungheria. Questi verranno internati in villaggi recintati dove ci saranno container abitativi. Il Parlamento nazionale magiaro, come si trattasse di un’idea eccezionale, ha votato a favore. Lì centinaia di persone saranno trattate in tutto e per tutto come prigionieri anche se – ci rassicura Orbán – «riceveranno 3 pasti al giorno». Per il resto, spiacenti, non godranno di permessi, non potranno uscire finché la loro domanda di asilo o immigrazione verrà esaminata per ricevere poi una risposta negativa o positiva. E mentre l’Italia fa una legge in difesa dei minori non accompagnati, i governanti ungheresi stipano i bambini nei container.
E, spiacenti anche per questo, i giornalisti non potranno avvicinarsi al moderno ghetto ungherese, intervistare o fotografare alcunché. D’altronde, perché mai non dovremmo fidarci di Orbán? Le cose ce le racconterà direttamente lui. Il diritto di informazione, quello di stampa? Non sono diritti, non in Ungheria dove i giornali – la maggioranza, s’intende – lavora per il Fidesz, il partito di Orbán, che si definisce conservatore e – assurdo, lo so – cristiano.
Va detto che l’Unhcr ha denunciato la nuova legge ungherese parlando di violazione del diritto internazionale e dell’Unione europea, secondo cui «la detenzione di rifugiati e richiedenti asilo può essere giustificata solo sulla base di un numero limitato di ragioni, e solo là dove si consideri necessaria, ragionevole e adeguata», mentre «i minori non devono mai essere detenuti. La detenzione non costituisce in alcuna circostanza il miglior interesse di un minore».
Ora si fatica a comprendere le ragioni di Orbán per cui gli immigrati, in quanto tali, diventino automaticamente dei detenuti. Il bello è che, con il candore tipico di un dittatore, lui lo spiega anche: «Prendiamo una misura contro l’Unione europea, lo so bene, so che la misura è contraria al diritto europeo, ma siamo assediati dai migranti e difenderci è nostro diritto ed esigenza nazionale».
Questo parlare di “misura”, “assedio”, “difesa” riporta inevitabilmente alla mente il linguaggio nazista studiato, all’epoca, per non parlare apertamente di sterminio, esecuzioni, prigionie e altre turpi condotte. Una volta erano gli ebrei, oggi sono i musulmani. D’altronde questo lo ha dichiarato direttamente Orbán, asserendo che i musulmani sono un pericolo in quanto tali. E ci ha pure marciato, confondendo musulmani, Islam e terrorismo. Vergognose le sue dichiarazioni a proposito della strage di Nizza, quando disse che in Ungheria non c’erano camion a seminare morti. Gli attentati terroristici del Califfato Nero avevano un preciso obiettivo: colpire l’Occidente e i suoi valori, la Francia è diventata bersaglio in quanto Paese dove è nato l’illuminismo, s’è fatta la Rivoluzione Francese, si sono affermati i principi di libertà, uguaglianza e fraternità. Tre concetti che in Ungheria non esistono, difficile immaginare guerriglieri dell’Isis a spasso per la puszta.
Esattamente come Hitler, esattamente come ogni dittatore sulla faccia della Terra, Orbán non è un pazzo, ha seguito alla lettera il solito copione improntato sulla paura. Ha somministrato pazientemente al suo popolo la quotidiana pillola del terrore fino a ridurlo a materia non pensante, completamente plasmata, vittima anch’esso. Ma fino a un certo punto. Perché se segnali di protesta sono emersi dal popolo ungherese io non li ho visti o forse sono disattenta, o forse ancora sono stati messi a tacere. Certo è che assolvere in toto il popolo ungherese è un atto di irresponsabilità, la disubbidienza è un valore in casi come questi, in nome di una sacrosanta libertà.
C’è poi il discorso della memoria a breve, per non dire inesistente, termine. Gli ungheresi furono o non furono profughi anche loro? Oggi dovrebbero ricordare il 1956, quando in circa 200.000 lasciarono il loro Paese e furono accolti da altre nazioni europee, un minimo di rispetto per la memoria storica sarebbe auspicabile. Se il trattamento riservato agli immigrati che oggi per loro sfortuna si trovano in Ungheria spiace, indigna e fa accapponare la pelle, non è possibile dire che il silenzio dell’Europa non sia altrettanto scandaloso. A cominciare da come si è formata. L’Ue, senza neanche pensare di dotarsi di una Costituzione vera e propria, ha accolto tutti, non ha fatto le dovute verifiche prima di inglobare Paesi palesemente non in grado di rispettare le fondamentali regole democratiche. Forse qualcuno ricorderà che anni fa nell’Unione qualcuno voleva includere anche la Turchia, ça va sans dire. Chiaramente l’Ungheria non ha nessun interesse a tirarsi fuori dall’Ue, i suoi politicanti capiscono bene quali vantaggi ne hanno tratto finora e ne trarranno ancora, però lei ci vuole stare a modo suo e l’Unione Europea «che fa, si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità».