L’approfondimento di questa settimana è dedicato all’istituto giuridico dell’Amministrazione di Sostegno (AdS) che, seppur lentamente e faticosamente, si sta ritagliando una crescente importanza nell’ambito della tutela dei diritti delle persone affette da condizioni di svantaggio, mettendo in evidenza possibilità innovative di collaborazione tra settore pubblico, singoli individui e organizzazioni del Terzo settore.
Il termine “fragilità” non sembra appartenere al lessico istituzionale e raramente negli anni recenti è stato messo al centro dell’Agenda politica degli Stati o dell’Unione Europea, benché sia divenuto di uso comune nel linguaggio specialistico dell’assistenza, della sociologia, del welfare e del diritto.
Il concetto di fragilità dal punto di vista sociale è di per sé attribuibile a chiunque, in quanto rimanda a una condizione intrinseca dell’essere umano e rappresenta una condizione unificante e universalistica che ci ricorda l’insopprimibile vulnerabilità dell’essere umano. Ma il fatto che tutti gli uomini soffrano di qualche dose di fragilità non significa che non esistano persone, situazioni, condizioni la cui caratteristica peculiare è quella di essere particolarmente fragili, più degli altri, e che per questo necessitano di aiuti specifici. La domanda fondamentale pertanto è: “Quando queste fragilità costituiscono davvero un ‘problema’? Ossia quando è legittimo che la condizione di fragilità diventi oggetto di specifiche attenzioni da parte dei professionisti e dei servizi pubblici e del privato sociale?
La metafora del vaso di cristallo, che solo quando viene toccato maldestramente può cadere e rompersi, ci aiuta a capire come la fragilità possa diventare un problema solo qualora, in concomitanza con stati personali di particolare debolezza, subentrino eventi esterni che rompono l’equilibrio preesistente. La conseguenza di questo ragionamento è che è possibile, entro certi limiti, prevenire il peggioramento della fragilità e il suo trasformarsi in un problema grave. Le vite fragili dovrebbero quindi essere la mappa delle priorità per un diritto forte e, dunque, di Istituzioni statali e sovranazionali europee che tutelano effettivamente i cittadini promuovendo strumenti di coesione sociale e la lotta all’esclusione. Sono invece, spesso, a livello locale e globale, pro-memoria della non-esistenza e non-volontà di questo diritto.
Fragilità dovrebbe essere quindi parola-chiave per interventi da attuare con urgenza.
Un passo avanti in questo senso nell’ordinamento giuridico italiano è stato fatto con la Legge 9 gennaio 2004 n.6 istitutiva dell’Amministrazione di Sostegno, che rappresenta un importante traguardo di civiltà, un evento di grande rilievo giuridico, sociale e culturale per favorire l’affermazione della dignità e dei diritti di cittadinanza delle persone che hanno difficoltà a gestire la propria vita a causa dei limiti posti da una riduzione o perdita di autonomia sul piano fisico, intellettivo e relazionale.
L’Amministratore di sostegno è una figura istituita per quelle persone che, per effetto di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.
Attraverso la figura di un Amministratore di Sostegno, gli anziani e i disabili, ma anche gli alcolisti, i tossicodipendenti, le persone detenute, i malati terminali possono ottenere, anche in previsione di una propria eventuale futura incapacità, che il giudice tutelare nomini una persona che abbia cura della loro persona e del loro patrimonio.
Per richiedere l’Amministrazione di Sostegno si deve presentare un ricorso.
Il ricorso può essere proposto: dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato; dal coniuge; dalla persona stabilmente convivente; dai parenti entro il quarto grado; dagli affini entro il secondo grado; dal tutore o curatore; dal pubblico ministero.
I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, se sono a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di Amministrazione di Sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero.
Per la presentazione del ricorso non è necessaria l’assistenza di un avvocato.
L’Amministratore di Sostegno viene nominato con un decreto del giudice tutelare.
Nella scelta della persona da nominare Amministratore di Sostegno, il giudice tutelare preferisce, se possibile: il coniuge che non sia separato legalmente; la persona stabilmente convivente; il padre, la madre; il figlio; il fratello o la sorella; il parente entro il quarto grado; il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Non possono ricoprire le funzioni di Amministratore di Sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.
La finalità dell’Amministrazione di Sostegno – come recita l’art. 1 della legge 6/2004 che l’ha istituita – è quella di “tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia”. Si tratta di una forma di tutela che coinvolge non solo gli aspetti patrimoniali del soggetto, ma investe la persona nella sua completezza, nel pieno rispetto di tutte le sue esigenze, per supportarla ed attivare tutte le energie presenti.
L’istituto dell’Amministrazione di Sostegno consente a ogni cittadino giuridicamente rappresentato di essere partecipe e protagonista, di avere pari dignità e pari opportunità, ponendo al centro la persona con la sua storia, le sue difficoltà, le sue esigenze e aspirazioni. Un sostegno giuridico alla persona, affinché la persona in difficoltà non venga “sostituita” ma al contrario venga “affiancata”, ma anche e soprattutto un sostegno personale che assume il volto vivo di una persona di fiducia, prima che il ruolo e le sembianze di un’istituzione, alla quale aggrapparsi nei momenti di difficoltà e nella gestione della quotidianità.
Come si evidenzia nel Rapporto dell’Istat “Disabilità in Italia. Il Quadro della Statistica Ufficiale” (2010), la famiglia è il soggetto che generalmente prende in carico il disabile e che rappresenta per la persona stessa una risorsa fondamentale per affrontare le limitazioni derivanti dalla disabilità.
L’analisi di fonti statistiche alcune ricerche condotte attraverso focus group da organizzazioni attive nella promozione dell’istituto dell’AdS nelle varie Regioni italiane hanno messo in luce le principali criticità a cui l’effettiva applicazione della Legge dovrebbe rispondere attraverso un’efficace azione di sistema tra settore pubblico e privato sociale. Infatti, a oltre dieci anni dall’entrata in vigore della legge 6/2004 l’applicazione dell’AdS presenta nel territorio italiano si presenta ancora limitato e caratterizzato un po’ ovunque dai seguenti problemi:
- Disomogeneità: la conoscenza e l’utilizzo di questo istituto di protezione giuridica da parte dei soggetti potenzialmente interessati, siano essi cittadini o istituzioni è limitata e disomogenea. Anche l’applicazione dell’AdS nei tribunali è disomogenea e molto legata all’interpretazione del singolo giudice così come le stesse procedure differiscono da un tribunale all’altro.
- Frammentazione: l’insieme delle azioni per far funzionare la Legge è conosciuto quasi esclusivamente da chi abitualmente si occupa in modo strutturato di Amministratori di Sostegno. Le cause possono essere molteplici. Due in particolare, però, sono evidenziate dalle ricerche condotte sull’argomento: a) la poca conoscenza della legge, e b) lo scetticismo nell’avvicinarsi a questa “opportunità”. Cause che rendono necessaria la creazione di un sistema capace di informare, sensibilizzare e promuovere la cultura della protezione giuridica delle persone fragili.
- Urgenza dei ricorsi: si riscontra il ricorso alla protezione giuridica da parte dei diretti interessati e dei loro familiari sulla spinta di una necessità urgente (dopo un lutto, per una malattia..) piuttosto che attraverso un avvicinamento ponderato e scelto.
- Necessità di sviluppo delle risorse nei territori, messe a disposizione dagli enti del Terzo settore, che orientano e indirizzano i cittadini verso questa forma di protezione con percorsi di conoscenza e di acquisizione di consapevolezza sul significato della protezione giuridica.
Alcuni progetti pilota sono stati promossi negli ultimi anni da associazioni e enti, sia a livello locale che europeo, per diffondere concretamente la cultura dei diritti e del sostegno alle persone fragili nella quotidianità, condividendo in primo luogo la necessità e la volontà comune di “dare forza” e vigore a un’umanizzazione dei processi di cura, di personalizzazione dei sostegni e delle strategie di presa in carico delle persone fragili.
A tal fine sarebbe auspicabile procedere a uno studio comparativo dei diversi sistemi giuridici esistenti in diversi paesi europei a sostegno/tutela delle persone con fragilità ed elaborare strategie comuni per lo scambio e l’adozione di buone prassi, valorizzazione degli strumenti esistenti ed elaborazione di policy position papers per indirizzare in maniera armonica l’operato dei decisori politici di livello nazionale e regionale.