Tra gli strumenti del partenariato pubblico-privato senza dubbio assumono un ruolo rilevante quelli dedicati agli interventi nelle aree di crisi. Nell’approfondimento odierno ci limiteremo a citare alcuni testi di legge che hanno provato a identificare strumenti adeguati per sostenere politiche di reindustrializzazione e riqualificazione del tessuto produttivo, rinviando a successivi interventi ogni analisi di dettaglio.
Il tema ha una storia che, quanto meno, si può far risalire alla legge 181/89 recante misure di sostegno e di reindustrializzazione per le aree di crisi siderurgica, in attuazione del piano nazionale di risanamento della siderurgia.
Ma il primo testo legislativo che, senza caratterizzazioni settoriali, si occupa in modo ampio e sistematico delle aree di crisi è indubbiamente il Decreto-legge 20 maggio 1993, n. 14, convertito, con modificazioni, in legge 19 luglio 1993, n. 236 – Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione. L’articolo 1 ter, in particolare, istituisce il Fondo per lo Sviluppo. Al primo comma si legge: “Per consentire la realizzazione nelle aree di intervento e nelle situazioni individuate ai sensi dell’art. 1 di nuovi programmi di reindustrializzazione, di interventi per la creazione di nuove iniziative produttive e di riconversione dell’apparato produttivo esistente, con priorità per l’attuazione dei programmi di riordino delle partecipazioni statali, nonché per promuovere azioni di sviluppo a livello locale, ivi comprese quelle dirette alla promozione dell’efficienza complessiva dell’area anche attraverso interventi volti alla creazione di infrastrutture tecnologiche, in relazione ai connessi effetti occupazionali, è istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un apposito Fondo per lo sviluppo con la dotazione finanziaria di lire 75 miliardi per l’anno 1993 e di lire 100 miliardi per ciascuno degli anni 1994 e 1995”. Per l’attuazione dei suddetti interventi l’allora Ministero dell’Industria veniva autorizzato ad avvalersi delle società di promozione industriale promosse dalle partecipazioni statali e dalla GEPI SpA (Società per le gestioni e le partecipazioni industriali). Si tratta della stagione caratterizzata dalla costituzione delle società regionali promosse dalla GEPI per la reindustrializzazione delle aree di crisi e dalla realizzazione degli incubatori della rete SPI, la finanziaria dell’Iri per lo sviluppo e la promozione imprenditoriale.
Alcuni anni dopo ebbe avvio la lunga e controversa stagione della “programmazione negoziata”. Il principale riferimento normativo è contenuto nella legge 662/1996. Il comma 203 recita: “Gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati e implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome nonché degli enti locali possono essere regolati sulla base di accordi così definiti:
a) Programmazione negoziata (…)
b) Intesa istituzionale di programma (…)
c) Accordo di programma quadro (…)
d) Patto territoriale (…)
e) Contratto di programma (…)
f) Contratto d’area (…)
Il contratto d’area rappresenta lo strumento dedicato alle aree di crisi. Si tratta del programma operativo “concordato tra le amministrazioni, anche locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati, per la realizzazione delle azioni finalizzate ad accelerare lo sviluppo e la creazione di una nuova occupazione in territori circoscritti, nell’ambito delle aree di crisi indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del bilancio e della programmazione economica (…)”. Ulteriori elementi per la regolamentazione dei contratti d’area vengono forniti dalle dalle delibere CIPE del 21 marzo 1997, del 28 aprile 1997, del 9 luglio 1998.
Il contratto d’area può intervenire esclusivamente in aree caratterizzate da gravi crisi occupazionali quali:
• le aree di crisi situate nei territori di cui agli obiettivi 1, 2 e 5b;
• le aree individuate dal D.M. del Ministro del Lavoro del 14 marzo 1995, oggetto dell’attività del Comitato per il coordinamento delle iniziative per l’occupazione presso la Presidenza del Consiglio. Queste ultime devono essere sancite da un apposito D.P.C.M. adottato su proposta del Ministro del Tesoro sentito il parere delle commissioni parlamentari competenti;
• le aree di sviluppo industriale o nuclei di industrializzazione situati nei territori di cui all’obiettivo 1;
• le aree industriali realizzate in attuazione dell’art. 32 della L. 219/1981.
Sottoscrivono il contratto d’area le amministrazioni statali e regionali interessate, gli enti locali territorialmente competenti, i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, i soggetti imprenditoriali titolari dei progetti di investimento proposti, i soggetti intermediari aventi i requisiti per attivare le sovvenzioni globali dell’UE. Ulteriori soggetti sottoscrittori possono essere eventualmente altri enti pubblici anche economici, società a partecipazione pubblica, banche, altri operatori finanziari. Il responsabile e coordinatore del contratto d’area è uno dei soggetti pubblici sottoscrittori. Il contratto viene approvato dal Ministero del Tesoro.
Dopo un lungo periodo di oblio il tema delle aree di crisi torna recentemente di attualità con l’approvazione del decreto 7 agosto 2012, n. 134 che converte in legge, con modificazioni, il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese. In particolare l’articolo 27 dispone il riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa, indicando come strumenti di intervento applica i progetti di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI). Il comma 1 del citato articolo afferma che “Nel quadro della strategia europea per la crescita, al fine di sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale, l’attrazione di nuovi investimenti nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali nei casi di situazioni di crisi industriali complesse con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, il Ministero dello sviluppo economico adotta Progetti di riconversione e riqualificazione industriale.
Sono situazioni di crisi industriale complessa, quelle che, a seguito di istanza di riconoscimento della regione interessata, riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da:
• una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull’indotto;
• una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio.
Non sono oggetto di intervento le situazioni di crisi che risultano risolvibili con risorse e strumenti di competenza Regionale”.
Per la definizione e l’attuazione degli interventi che concorrono al Progetto di riconversione e riqualificazione industriale, il Ministero dello sviluppo economico si avvale dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, Invitalia SpA.
Gli aspetti operativi degli interventi nelle aree di crisi industriale complessa vengono definiti son le seguenti disposizioni:
• il Decreto del Ministro dello sviluppo economico 31 gennaio 2013 che, in attuazione dell’articolo 27, comma 8, del decreto-legge n. 83 del 2012, disciplina le modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa, determina i criteri per la definizione e l’attuazione dei Progetti di riconversione e riqualificazione industriale e impartisce le opportune direttive all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a. – Invitalia, prevedendo la priorità di accesso agli interventi;
• la Circolare 6 agosto 2015, n. 59282 della Direzione Generale per gli incentivi alle imprese del Ministero dello Sviluppo Economico che definisce criteri e modalità di concessione delle agevolazioni di cui alla legge n. 181/1989 in favore di programmi di investimento finalizzati alla riqualificazione delle aree di crisi industriali.