Famiglie che non si arrendono alla povertà e continuano a combattere per dare una vita migliore ai propri figli. Questo è quanto emerge dalla ricerca “Io non mi arrendo”, promossa da L’Albero della Vita e realizzata dalla Fondazione Emanuela Zancan, in cui sono state intervistate 277 famiglie che vivono in condizioni di povertà in 7 città: Milano, Torino, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo. Scopo dell’analisi è capire, partendo dall’ascolto, in che modo chi è povero affronta i problemi, non solo con gli aiuti che riceve ma anche con le proprie capacità e risorse e, soprattutto, quanto sia disposto ad aiutarsi e aiutare altre persone che vivono nella stessa condizione.
I risultati della ricerca mostrano che la prima causa di disagio tra le famiglie intervistate è legata a problemi di lavoro (9 famiglie su 10), in particolare alla disoccupazione (7 su 10); il 56% ha anche problemi di natura abitativa (quali occupazione abusiva, sfratto, ecc.) e il 54% di salute. Oltre una su cinque delle famiglie incontrate presenta problemi con la giustizia. Circa una su sei esprime difficoltà legate al livello di istruzione. Alle famiglie è stato anche chiesto il tipo di aiuto ricevuto e quello ritenuto più utile: quasi tre quarti ricevono, o hanno ricevuto recentemente, contributi economici e oltre 6 su 10 beni materiali di prima necessità. Meno frequente è l’aiuto sotto forma di servizi. Se però si chiede alle famiglie l’utilità degli interventi ricevuti, emerge un quadro differente: gli interventi considerati mediamente più utili sono proprio i servizi.
Inoltre, lo studio ha analizzato le risorse e capacità positive che uno o più componenti della famiglia si riconoscono e possono impiegare a vantaggio o del proprio nucleo familiare per superare le difficoltà, oppure nei confronti di altre persone esterne al nucleo. Tre su quattro (75%) delle famiglie incontrate si riconosce almeno una forma di potenziale impiegabile a beneficio della collettività. Per tutti gli intervistati il tema del “fare qualcosa per gli altri”, passa necessariamente attraverso il mettersi in gioco come persona, con il proprio bagaglio di competenze e capacità, attuando azioni di solidarietà e di condivisione oltre la famiglia stessa. I genitori, infine, hanno trasmesso anche una consapevolezza importante: chi ha figli ha voglia di lottare e sviluppa inaspettate capacità. “Io non mi arrendo” è il messaggio chiave trasmesso da queste famiglie, e rappresenta il punto di partenza per attuare delle azioni concrete di lotta alla povertà.