Una rivolta è in fondo il linguaggio di chi non viene ascoltato. (Martin Luther King).
Già, la rivolta è un grido che fanno coloro che hanno bisogno di essere ascoltati per poter cambiare qualcosa.
Ci troviamo a marzo, che per definizione è il mese delle donne, con l’8 marzo che viene festeggiato per ricordare le conquiste sociali e politiche delle donne, ma anche per sottolineare quante discriminazioni sociali affliggono ancora il gentil sesso in tutto il mondo. Una disparità di diritti che, secondo le fonti ONU, potrebbe essere cancellata solo entro il 2030.
Intanto nel mondo, le donne continuano a lottare per i propri diritti e la propria libertà, anche a costo della vita stessa. Questa realtà, oggi soprattutto in alcune zone del mondo, è un focolare acceso da sempre, che brucia senza mai spegnersi, ma pian piano qualche goccia d’acqua sta iniziando a rendere più lieve la fiamma.
Queste gocce d’acqua sono le donne-guerriero dell’Afghanistan, Birmania, Cecenia, Colombia e Western Sahara, zone in cui le donne sfiorano l’invisibilità per la poca importanza che gli viene attribuita, e grazie al film-documentario “Le Ragazze della Rivoluzione” possiamo conoscere le loro storie, le loro vite (che ogni giorno rischiano di perdere), i loro sogni e le loro speranze per un futuro migliore.
La campagna del progetto “Le Ragazze della Rivoluzione”, che è il primo della serie di documentari FREEDOM WOMAN sulle donne, si trova sulla piattaforma Produzioni dal Basso. Questo film-documentario è stato girato in Kurdistan tra le prime linee di Kirkuk, Sinjar e Makhmour da Giancarlo Bocchi, regista e autore di molti film, libri e documentari.
Perché fare questo film? Semplice, perché le immagini parlano più di mille parole, e grazie ad esso, possiamo renderci conto, realmente della triste verità che abita in certi luoghi.
Queste “Ragazze della Rivoluzione” ogni giorno lottano con in braccio un fucile, facendo vere e proprie guerre, esponendosi a torture e violenze ogni giorno. Queste ammirevoli donne lottano per i loro diritti e per coloro che ne hanno bisogno, dando forza e voce a chi non ne ha, mettendosi davanti per gridare libertà verso le proprie identità e i propri sogni. Il reggimento femminile dei peshmerga è uno dei punti fondamentali per la difesa del Kurdistan iracheno dal 1996, inizialmente erano appena 11 reclute volute dall’Unione patriottica del Kurdistan di Jalal Talabani che voleva integrare le donne nel nuovo Stato. Ora il reggimento conta quattro battaglioni, con un comandante per brigata e un corpo ufficiali fino al grado di colonnello. Lamiah Mohammed Qadir è uno dei comandanti più popolari, tiene le soldatesse schierate nella provincia di Dyala partecipando alle battaglie e contribuendo a trasportare equipaggiamenti agli uomini.
Una delle protagoniste del film-documentario si chiama Tamara, che ha voluto imbracciare le armi nel suo Paese, la Turchia, per combattere il regime islamico di Erdogan e l’Isis. La comandante Tamara insieme alle sue “amiche”, combatte per l’uguaglianza tra uomo e donna nelle società, in Rojava le combattenti sono migliaia e determinate fino a far tremare l’Isis. I soldati dell’Isis, infatti, credono che se vengono uccisi in battaglia da un uomo vanno in Paradiso accolti da 72 vergini mentre se a ucciderli è una donna la sorte è differente perché non trovano le vergini. Il film-documentario, indipendente e autoprodotto, è quasi pronto: mancano solo alcuni passaggi, come il montaggio, le colonne sonore, il color correction, sottotitoli, adattamento ai dialoghi e mix.
Le donazioni che verranno raccolte serviranno per completare il film con tutte le sue sfaccettature, e se sarà possibile, verrà realizzato anche un piccolo libro con immagini e testimonianze sulle guerrigliere del Kurdistan.