All’indomani del disco verde della Camera dei Deputati al ddl sul “Dopo di noi” (leggi l’articolo) riportiamo i commenti e le considerazioni delle principali associazioni che si occupano di disabilità: Fondazione Dopo di noi Bologna Onlus, Anfass Onlus e Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Nelle parole di chi convive ogni giorno con la preoccupazione dei genitori di figli disabili e non autosufficienti, che vivono spesso con angoscia il cosiddetto “Dopo di noi”, ossia chi si prenderà cura dei loro ragazzi dopo che loro non ci saranno più, troviamo la soddisfazione ma anche la consapevolezza che sia ancora lunga la strada da compiere per poter regolamentare tutti gli aspetti e le problematiche delle persone non autosufficienti.
Luca Marchi, direttore Fondazione Dopo di noi Bologna onlus:
«La camera ha approvato la legge sul cosiddetto “Dopo di noi”, che prevede lo stanziamento di un fondo specifico dedicato a servizi per persone con disabilità orfane o prive di un adeguato sostegno genitoriale. E’ una buona notizia, un passo importante, ma guai a pensare che tale delicatissima problematica abbia così trovato una soluzione. Lo sappiamo noi che da anni lavoriamo su questo delicatissimo tema e lo sanno bene anche i parlamentari che con passione e competenza hanno contribuito alla stesura del testo definitivo. La mamma che era presso la nostra sede questa mattina, vedova, con un unico figlio quarantenne con disabilità intellettiva, potrebbe non trovare alcun sollievo da questa legge. Ci dice “Non mi interessa sapere che ci potrà essere una struttura per lui quando avrà sessant’anni, vorrei avere un aiuto per costruire oggi una vita soddisfacente per lui”. Diciamo “potrebbe” perché molto dipenderà da come le Regioni e gli Enti locali ai quali sarà demandato l’utilizzo del fondo sapranno raccogliere le potenzialità che la legge contiene: se le risorse saranno primariamente destinate alla costruzione di residenze e case alloggio avremo allora fatto davvero un piccolo passo, se invece la legge potrà sostenere “interventi innovativi di residenzialità” e “programmi di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana” (sono passaggi contenuti nella legge) allora sarà davvero un balzo in avanti. Come Fondazione Dopo di Noi Bologna ripetiamo incessantemente che “il futuro è oggi”, che quella serenità che si dice avrebbero raggiunto i genitori con l’approvazione di questa legge, sarà effettiva solo se quei genitori potranno vedere sin da oggi iniziare a realizzarsi quel progetto globale di vita per il proprio figlio, tanto spesso citato, ma del quale raramente si vede traccia.
Questo sarà possibile solo con una presa di consapevolezza del problema a tutti i livelli:
– presso l’Ente pubblico, che dovrà intervenire non solo sulla gestione dell’emergenza (l’inevitabile scomparsa del genitore) ma su di un progetto in grado di gestire senza traumi quell’emergenza;
– presso i genitori, che devono iniziare a vedere quel figlio non solo e sempre legato a sé stessi (“vorrei che morissimo insieme” questa la frase più comune), ma come un adulto per il quale può essere possibile una vita anche senza il genitore a fianco, anche in un luogo diverso dalla casa della famiglia;
– presso tutti coloro che si occupano di servizi alla persona (cooperative, associazioni, fondazioni, fino ad ogni singolo operatore sociale), che devono vedere nella persona con disabilità più la “persona” che la “disabilità”, quindi non un soggetto da gestire, un posto letto occupato che garantisce occupazione, ma una persona con un progetto di vita che muta ed evolve nel tempo.
Riguardo poi tutta la parte della legge dedicata alla defiscalizzazione di polizze assicurative e Trust, possiamo dire solo che resta la sensazione che non ci sia stata la forza di compiere un’azione più ampia e completa. Importantissimo aver posto a fianco del tema del “dopo di noi” quello di problematiche giuridiche, patrimoniali e fiscali volte a facilitare la partecipazione di privati. Si tratta di aspetti fondamentali per predisporre un buon progetto per il futuro della persona non autosufficiente. Voler contribuire alla qualità di vita del proprio figlio, della propria sorella, del nipote… è naturale e legittimo, ed è bene allora che sia agevolato e regolamentato (e che se ben fatto non sarà a vantaggio solo del diretto interessato), ma allora perché fermarsi solo a Trust e Assicurazioni? Perché non coinvolgere nel ragionamento anche altri strumenti giuridici esistenti, ugualmente utili per affrontare simili situazioni? Siamo contenti di questa legge, ma dedicheremo ogni sforzo affinché possa contribuire a migliorare la “vita tutta” delle persone con disabilità, e non solo a realizzare la loro ultima residenza».
Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas Onlus:
«È senza dubbio un primo ed importante passo verso la tutela del diritto all’autonomia e alla vita indipendente delle persone con disabilità e verso quella serenità che tanti genitori aspettano da tempo. Possiamo quindi esprimere soddisfazione per questo primo e importante passo in avanti su un tema che dovrebbe rientrare oggi tra le priorità dell’agenda politica, sia per dimensione del fenomeno che per complessità, ma al tempo stesso vogliamo ricordare a tutti gli attori istituzionali e non che il sì dell’Aula di Montecitorio non risolve di certo totalmente le problematiche del Durante e Dopo di Noi, della de-istituzionalizzazione delle persone con disabilità, anche non gravi, e delle centinaia di migliaia di persone e famiglie che quotidianamente vedono non adeguatamente applicate e finanziate le tante leggi esistenti troppo spesso causa di emarginazione ed esclusione sociale nonché angoscia per un presente ed un futuro pieno di incertezze e paure. Quello che è certo è che questa legge è un punto di partenza importante e che fornisce un primo impianto per la realizzazione di adeguate ed innovative risposte nel quadro di un concreto progetto globale di vita della persona con disabilità, partendo sin dal “Durante noi” e preparando la stessa a percorsi di vita autonoma ed indipendente nella massima misura possibile. Se anche le Regioni e gli Enti locali faranno bene la loro parte vi sarà finalmente per le persona con disabilità la possibilità di vivere in soluzioni abitative a dimensione di famiglia a partire dalla propria casa di abitazione, e per quelle che attualmente vivono in situazioni segreganti ed istituzionalizzanti di poter, finalmente, trovare risposte più idonee e civili. La nostra attenzione continuerà ad essere massima».
Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (Fish):
«Va accolto e apprezzato lo sforzo della Commissione Affari Sociali di giungere ad un testo unificato di varie proposte e di correggere le distorsioni più palesi presenti nelle prime stesure. Va riconosciuto che, dopo decenni di silenzio, il Legislatore ponga come significativa quella che è una evidente emergenza: la solitudine di molte famiglie e la loro motivata ansia per la sorte dei loro congiunti con disabilità. Ci auguriamo che in Senato ci possa essere una correzione degli elementi che in questo testo non convincono e innescano, al contrario, molti dubbi. Ci aspettavamo una norma che contrastasse in modo deciso l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità, impedendo il riprodursi di istituti e residenze segreganti. Chiedevamo che fosse prevista e programmata una progressiva deistituzionalizzazione delle persone che oggi vivono recluse in queste strutture. Confidavamo in un organico ripensamento delle politiche e dei servizi mirati a consentire alle persone di vivere dignitosamente nelle loro collettività, nei loro territori, obiettivo ambizioso ma ineludibile. Si delinea, invece, al massimo un fragile obiettivo di servizio, che le Regioni potranno o meno assumere, non certo bilanciato dal divieto di finanziamento di qualsiasi struttura segregante presente o futura né garantito come livello essenziale di assistenza. Anche sulla reale operatività ci sarebbe – comunque vada – moltissimo su cui vigilare. Lo stesso strumento del trust è una soluzione per pochi. Nel testo sarebbe stato invece opportuno rafforzare strumenti civilistici già esistenti e alla portata di una platea ben più ampia di beneficiari. E di proposte su tale specifica opportunità ce n’erano, ma sono rimaste lettera morta. E da ultimo un appunto lo merita anche il linguaggio adottato già ad iniziare dal titolo: persone ‘affette’ da disabilità. Tradisce un pregiudizio stigmatizzato dalla stessa Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. La disabilità non è una patologia, ma deriva soprattutto da politiche omissive, da servizi carenti, da una società non a misura di tutti».