Il 6 febbraio 2016 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la nuova Delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione 20 gennaio 2016, n. 32 recante “Determinazione delle linee guida per l’affidamento di servizi a enti del Terzo settore e alle cooperative sociali“.
Perché questo pronunciamento dell’Autorità? Quali sono le ragioni che hanno spinto l’ANAC dapprima ad avviare un impegnativo percorso di confronto con gli stakeholder e, successivamente, a emanare una direttiva che probabilmente determinerà più di un malcontento? La motivazione è contenuta, con espressioni sostanzialmente analoghe, sia nella Premessa della Determinazione, sia in quella del documento che riassume gli esiti della consultazione che ha avuto luogo dal 6 luglio al 10 settembre 2015 (“analisi di impatto della regolamentazione”).
“I soggetti operanti nel Terzo settore si trovano frequentemente ad operare come erogatori di servizi pubblici in favore della collettività. Spesso, infatti, le amministrazioni pubbliche ricorrono agli enti no profit per l’acquisto o l’affidamento di servizi alla persona. Tale scelta organizzativa ha il vantaggio di promuovere un modello economico socialmente responsabile in grado di conciliare la crescita economica con il raggiungimento di specifici obiettivi sociali, quali, ad esempio, l’incremento occupazionale e l’inclusione ed integrazione sociale. Nonostante il notevole impatto della spesa per i servizi sociali sulla finanza pubblica, si registra da un lato la mancanza di una disciplina organica concernente l’affidamento di contratti pubblici ai soggetti operanti nel terzo settore e, dall’altro, il mancato coordinamento delle disposizioni relative ai servizi sociali con quelle contenute nel d.lgs. 163/2006”.
Poche efficaci righe descrivono lo stato dell’arte: soggetti eticamente rilevanti incrociano fabbisogni crescenti della pubblica amministrazione in un quadro di regole abbastanza fragile. Ma al di là degli aspetti squisitamente normativi sullo sfondo si proietta l’ombra di Mafia Capitale, si ascolta l’eco dei troppi abusi negli affidamenti dei servizi sociali e degli interventi umanitari, si percepisce la preoccupazione per una impropria delegittimazione di ampia parte del privato sociale.
“L’occasione per rimediare a tali carenze potrebbe essere rappresentata dall’approvazione del disegno di legge governativo recante le linee guida per una revisione organica della disciplina riguardante il terzo settore (d.d.l. n.1870 approvato alla Camera dei deputati il 9.4.2015). Nelle more dell’approvazione del predetto disegno di legge e delle Direttive comunitarie in materia di appalti, l’Autorità ritiene opportuno emanare le presenti linee guida con lo scopo di fornire indicazioni operative alle amministrazioni aggiudicatrici e agli operatori del settore, al fine di realizzare i predetti obiettivi nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale in materia di contratti pubblici e prevenzione della corruzione, in particolare dei principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento, libera prestazione dei servizi nonché dei principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e trasparenza”.
In altri termini l’ANAC intende gettare un ponte tra presente e futuro, tenta di fare chiarezza nell’applicazione delle norme in vigore guardando, al contempo, a due scadenze decisive ormai prossime: il recepimento delle nuove direttive comunitarie in materia di appalti e concessioni da attuare entro il prossimo aprile e l’approvazione del disegno di legge sulla riforma del Terzo settore.
In questa prospettiva le Linee guida affrontano tutti i principali temi in agenda: la concorrenza nel settore dei servizi sociali, l’aggregazione della domanda, la programmazione degli interventi, la co-progettazione, le modalità di erogazione dei servizi sociali, e molti altri ancora. Un testo complesso che merita estrema attenzione e conferma, ancora una volta, la rilevanza e la qualità del contributo fornito dall’Autorità.
Di seguito proponiamo all’attenzione dei lettori esclusivamente il capitolo relativo agli affidamenti alle cooperative sociali. Anche in questo caso siamo di fronte a un aspetto estremamente delicato. Come noto la l. 8 novembre 1991, n. 381 consente l’affidamento di appalti pubblici, anche in deroga alla disciplina generale in materia di contratti della pubblica amministrazione, alle cooperative sociali di tipo B che promuovono l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
La questione da dirimere è la seguente: alla luce dell’esperienza maturata, come è possibile salvaguardare il principio sociale e solidaristico del sostegno dell’occupazione di persone in difficoltà evitando discrezionalità e arbitri? Le Linee guida provano a chiarire quali siano le regole ineludibili (limiti soggetti e oggettivi, valore e procedure degli affidamenti, criteri di valutazione e verifiche) per operare in questo contesto, nel rispetto della L. 391/1991 e delle sue recenti modificazioni (art. 1 comma 610 della L. 23.12.2014 n. 190) ma anche dei principi generali di trasparenza e concorrenza.
8. Gli affidamenti alle cooperative sociali
In attuazione dell’art. 45 della Costituzione e allo scopo di promuovere opportunità di occupazione e inclusione sociale tramite un modello di cooperazione, la l. 8 novembre 1991, n. 381 consente l’affidamento di appalti pubblici, anche in deroga alla disciplina generale in materia di contratti della pubblica amministrazione, purché ricorrano le condizioni previste dall’art. 5 del citato testo normativo. Più precisamente quest’ultimo recita: ‹‹gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità Europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell’Iva sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1. Le convenzioni in parola sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza (art. 5, comma 1, come modificato dalla l. 23.12.2014 n. 190)››. Al fine di garantire la corretta applicazione di siffatta deroga, è necessario individuarne precisamente i limiti soggettivi e oggettivi.
Sotto il primo profilo si osserva che la l. 381/1991 individua due distinte tipologie di cooperative:
Entrambe le tipologie in esame sono riconducibile alla categoria generale della «società cooperativa» di cui l’art. 2511 c.c.; conseguentemente le stesse devono essere iscritte nel registro delle imprese per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica e devono osservare le specifiche disposizioni del codice civile per esse dettate (Libro V, Titolo VI, Capo I), nonché, per quanto non previsto dal citato Titolo, le norme sulle società per azioni se compatibili. Le cooperative sociali, inoltre, sono incluse ex lege nell’ambito della categoria più ristretta delle cooperative a mutualità prevalente, questa circostanza consente a tali società di godere di specifici benefici fiscali, previa iscrizione nell’apposito albo ministeriale, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci ex art. 2512 c.c.
Come precisato dal Ministero del Lavoro con circolare n. 153/1996 le cooperative sociali possono svolgere le attività di tipo A e di tipo B (Direzione Generale della Cooperazione Divisione) nel rispetto delle seguenti condizioni:
La necessità di preservare una netta separazione tra le attività di tipo A e di tipo B, anche nell’ambito delle cooperative miste, deriva dal diverso regime giuridico cui sono sottoposte: la deroga contenuta nell’art. 5, si applica solo agli affidamenti disposti a favore delle cooperative di tipo B; di contro le cooperative di tipo A concorrono sul mercato con gli altri operatori economici in caso di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica dei servizi socio-sanitari ed educativi.
Sotto il profilo oggettivo si osserva che «il regime di favore» previsto per gli affidamenti alle cooperative di tipo B è subordinato al ricorrere delle seguenti condizioni:
La locuzione «soggetti svantaggiati» comprende: ‹‹gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste dagli articoli 47, 47- bis, 47-ter e 48 della l. 26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla l. 10 ottobre 1986, n. 663. Si considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, con il Ministro dell’interno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall’articolo 18 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni›› (art. 4 della l. 381/1991).
8.1 Limiti soggettivi degli affidamenti a cooperative sociali
Secondo l’art. 5, l. 381/1991 le cooperative sociali di tipo B possono beneficiare del regime preferenziale di affidamento purché abbiano almeno il trenta per cento dei lavoratori (soci o non) costituito da persone svantaggiate ai sensi dell’art. 4 della medesima legge (art. 5, comma 1).
In considerazione delle finalità sociali, che giustificano la deroga di cui all’art. 5 in esame, si ritiene che la percentuale di lavoratori svantaggiati debba essere riferita sia al numero complessivo dei lavoratori della cooperativa sia a quello che esegue le singole prestazioni dedotte in convenzione. Una diversa interpretazione, infatti, rischierebbe di consentire solo in minima parte di raggiungere l’obiettivo dell’inclusione sociale dei soggetti svantaggiati a fronte di una rilevante compressione della concorrenza e, pertanto, non risulterebbe conforme ai principi di adeguatezza e proporzionalità dell’azione amministrativa.
L’affidamento avviene mediante la stipulazione di apposita convezione, la quale costituisce la fonte delle obbligazioni delle parti. Presupposto per procedere a tale stipula è l’iscrizione della cooperativa all’albo regionale di cui all’art. 9, comma 1, l. 381/1991, che viene effettuata sulla base di un insieme di elementi concernenti la capacità professionale ed economico finanziaria della cooperativa. Si ritiene che l’iscrizione in parola costituisca specifico requisito soggettivo richiesto dal legislatore per beneficiare della deroga in esame, conseguentemente, la stessa deve perdurare per tutta la durata dell’affidamento e la cancellazione dall’albo deve essere prevista come causa di risoluzione della convenzione.
Secondo la giurisprudenza amministrativa l’iscrizione in parola non limita di per sé la capacità operativa della cooperativa al solo ambito territoriale corrispondente alla Regione nel cui albo essa è stata iscritta, poiché una simile limitazione sarebbe contraria alla stessa logica della normativa, finalizzata a disciplinare un fenomeno di rilievo nazionale. Non può nemmeno essere richiesto di dimostrare l’equipollenza delle abilitazioni di cui già in possesso con quelle della Regione interessata, perché ciò equivarrebbe a una nuova autorizzazione mascherata.
Va, infine, ricordato sul punto che, laddove l’albo non sia stato istituito, le cooperative sociali devono, comunque, attestare il possesso dei requisiti previsti dagli articoli 1 e 4 della l. 381/1991.
Occorre, inoltre, considerare che, secondo la previsione dell’art. 8, le disposizioni della legge in esame si applicano anche ai consorzi costituiti come società cooperative aventi base sociale formata in misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali.
8.2 Limiti oggettivi degli affidamenti a cooperative sociali
La deroga di cui all’art. 5, l. 381/1991, è finalizzata a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate ed è prevista solo per gli affidamenti aventi ad oggetto la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari, di importo inferiore alle soglie comunitarie. Conseguentemente, benché lo spettro delle attività che possono essere svolte dalle cooperative sociali di tipo B sia più ampio, l’oggetto della convenzione non può essere costituito dall’esecuzione di lavori pubblici, né dalla gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica. L’utilizzo dello strumento convenzionale è, infatti, ammesso per la sola fornitura di beni e servizi strumentali, cioè svolti in favore della pubblica amministrazione e riferibili ad esigenze strumentali della stessa, dovendo escludersi l’interpretazione estensiva della norma poiché la stessa costituisce deroga al principio di concorrenza. Ne consegue che non è possibile fare rientrare nel suo campo di applicazione contratti diversi da quelli specificamente indicati dal legislatore.
Ciò che occorre sottolineare è che l’oggetto della convenzione non si esaurisce nella mera fornitura di beni e servizi strumentali, ma è qualificato dal perseguimento di una peculiare finalità di carattere sociale, consistente nel reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati: proprio in ragione di tale finalità, è prevista, limitatamente alle procedure di affidamento, la deroga alle regole ordinarie dettate dal Codice dei Contratti per gli appalti sotto soglia. Occorre, pertanto, che il profilo del reinserimento lavorativo, unitamente al successivo monitoraggio dello stesso in termini quantitativi e qualitativi, sia considerato nell’ambito della convenzione e, a monte, della determina a contrarre adottata dalla stazione appaltante ex art. 11, comma 2, del Codice dei Contratti.
La peculiarità dell’oggetto dell’affidamento determina la necessità di contemperare la finalità del reinserimento lavorativo con il principio generale in materia di appalti pubblici della ragionevole durata dell’affidamento. Le amministrazioni, pertanto, devono definire adeguatamente la durata delle convenzioni avuto riguardo all’oggetto delle stesse, affinché, nel perseguire gli obiettivi stabiliti nel progetto di reinserimento, non sia di fatto preclusa ad altre cooperative la possibilità di promuovere i propri progetti di inserimento.
8.3 Il tetto al valore degli affidamenti a cooperative sociali
Il ricorso al modulo convenzionale è ammissibile soltanto per la fornitura di beni e servizi il cui importo stimato al netto di Iva sia inferiore alle soglie comunitarie. Il valore di tali affidamenti deve essere calcolato in conformità alla disposizione dell’art. 29 del Codice, includendo, quindi, il valore di eventuali rinnovi, che devono essere espressamente previsti già al momento in cui viene indetta la procedura di scelta del contraente.
Come già indicato dall’Autorità e in linea con quanto previsto dal Codice dei Contratti all’art. 29, comma 4, nessun progetto (…) di acquisto volto ad ottenere un certo quantitativo di forniture o di servizi può essere frazionato al fine di escluderlo dall’osservanza delle norme che troverebbero applicazione se il frazionamento non vi fosse stato. In altri termini, non rientrano nel perimetro della deroga gli affidamenti diretti effettuati da una stazione appaltante ad un medesimo soggetto per gli stessi servizi (o sostanzialmente equivalenti), di durata limitata, ma ripetuti nel tempo, che singolarmente non raggiungono le soglie di fatturato comunitarie, mentre le superano se considerati nel loro complesso.
La possibilità di far rientrare nell’ambito della deroga affidamenti di servizi analoghi a più cooperative sociali va valutata caso per caso. Infatti, sarebbe astrattamente possibile realizzare un’unica gara che, anche laddove fosse suddivisa in lotti, supererebbe le soglie per l’esenzione. La scelta di ricorrere a più procedure distinte deve essere adeguatamente motivata dalla stazione appaltante, al fine della massima valorizzazione dell’obiettivo del reinserimento lavorativo.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte e tenuto conto del dettato normativo, per gli affidamenti di importo superiore alle soglie comunitarie, pur sussistendo l’interesse pubblico ad agevolare il reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, le stazioni appaltanti non possono prevedere «affidamenti preferenziali» per le cooperative di tipo B, ma devono osservare le disposizioni del Codice dei Contratti. In particolare queste ultime consentono di soddisfare eventuali esigenze sociali o mediante gli affidamenti a laboratori protetti ai sensi dell’art. 52 del Codice (trattati nel paragrafo 9) o mediante l’inserimento nei bandi di criteri di selezione premianti concernenti l’impiego di lavoratori svantaggiati ovvero mediante la previsione di specifiche clausole di esecuzione. Lo stesso art. 5, comma 4, l. 381/1991 prevede, infatti, per la fornitura di beni o servizi diversi da quelli socio sanitari ed educativi, di valore pari o superiore alle soglie comunitarie, la possibilità di inserire nei bandi di gara e nei capitolati d’oneri, fra le condizioni di esecuzione, quella di eseguire il contratto con impiego di persone svantaggiate e quella di adottare specifici programmi di recupero e di reinserimento lavorativo. Tale previsione è conforme sia al dettato della direttiva 18/2004/CE sia a quello del Codice dei Contratti, secondo cui le stazioni appaltanti possono esigere condizioni particolari per l’esecuzione del contratto (che ad esempio attengono ad esigenze sociali o ambientali), purché le stesse siano compatibili con il diritto comunitario e, tra l’altro, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e siano precisate nel bando di gara, nella lettera di invito o nel capitolato d’oneri (art. 69 d.lgs. 163/2006).
8.4 Le procedure di affidamento delle convenzioni
Gli affidamenti ex art. 5, l. 381/1991, generano di fatto una contrazione della concorrenza, conseguentemente le stazioni appaltanti devono individuare nell’ambito della programmazione le esigenze di approvvigionamento di beni e servizi e di reinserimento dei soggetti svantaggiati, che giustificano tali affidamenti ed indicare chiaramente, nella determina a contrarre, gli obiettivi sociali che l’ente si propone di perseguire grazie alla deroga nella scelta del fornitore di beni o servizi.
Ciò, anche in considerazione del fatto che lo stesso legislatore pone come facoltativo il ricorso agli affidamenti in esame, ben potendo, quindi, l’ente pubblico o la società di capitali a partecipazione pubblica soddisfare l’interesse sociale al reinserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati attraverso altri strumenti, tra cui anche un «ordinario» affidamento di un appalto pubblico secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che tenga conto di criteri sociali. Ne consegue allora che la scelta di avvalersi del modulo convenzionale costituisce frutto di una valutazione discrezionale, che, come tale, deve essere adeguatamente motivata in relazione alle ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano. In particolare il criterio dell’adeguatezza, che sorregge ed orienta l’azione della pubblica amministrazione, richiede che vengano esplicitate le finalità di ordine sociale che si intende raggiungere ed impone che, in fase di esecuzione della convenzione, siano previsti appositi controlli onde verificare il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Nella sua originaria formulazione l’art. 5 l. 381/1991, pur ammettendo l’affidamento delle convenzioni in parola in deroga alla disciplina dettata dal Codice dei Contratti, non esplicitava in cosa consisteva la predetta deroga, con la conseguenza che molte amministrazioni hanno effettuato affidamenti diretti giustificandoli proprio in base al dettato del citato art. 5. Tale prassi è stata più volte censurata dall’Autorità, che ha chiarito che «non può ammettersi che l’utilizzo dello strumento convenzionale si traduca in una deroga completa al generale obbligo di confronto concorrenziale, giacché l’utilizzo di risorse pubbliche impone il rispetto dei principi generali della trasparenza e della par condicio» (determinazione n. 3/2012). L’orientamento dell’Autorità è stato confermato dal legislatore, che ha inserito un nuovo periodo nell’art. 5, comma 1, l. 381/1991 – ad opera dell’art. 1, comma 610, della l. 23 dicembre 2014 n. 190 – in virtù del quale oggi la norma impone espressamente il preventivo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza. In assenza di previsioni alternative circa la procedura di affidamento da utilizzare, si ritiene che la materia debba essere disciplinata secondo i canoni previsti dal Codice dei Contratti, avendo a riferimento la natura degli affidamenti. In particolare, le stazioni appaltanti devono utilizzare le procedure previste dagli artt. 124, comma 6, e 125, comma 11, d. lgs. 163/2006, con i relativi obblighi di informazione e pubblicazione, per gli affidamenti di forniture e servizi sotto soglia comunitaria di cui all’Allegato IIA (che ricomprendono la generalità dei servizi strumentali) o la procedura di cui all’art. 27, per gli affidamenti di cui all’Allegato IIB, riservando in entrambi i casi la partecipazione alle sole cooperative sociali di tipo B.
8.5 Il criterio di valutazione
L’unico criterio di selezione delle offerte che appare compatibile con l’oggetto degli affidamenti a cooperative sociali di tipo B è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in quanto la stazione appaltante deve poter valutare l’effettivo perseguimento dell’obiettivo di reinserimento dei lavoratori, giustificandosi per tale fine la compressione della concorrenza. Si ritiene, infatti, che il programma di recupero e reinserimento lavorativo delle persone svantaggiate debba essere oggetto di specifica valutazione nell’ambito del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, quale parte integrante del progetto tecnico. Tale programma, inoltre, deve essere coerente e compatibile con la durata dell’affidamento previsto dalla stazione appaltante, per evitare rinnovi o proroghe non giustificati. Al fine di agevolare le stazioni appaltanti nella corretta individuazione dei criteri di valutazione dell’offerta, si rinvia alla determinazione n. 7/2011, con cui l’Autorità ha già chiarito che il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa può consentire di attribuire rilievo ad elementi oggettivi, legati alla realizzazione di particolari obiettivi, di valenza non economica, purché siano collegati all’oggetto dell’appalto e consentano di effettuare una valutazione degli offerenti sulla base dei relativi criteri economici e qualitativi.
Le indicazioni allora fornite dall’Autorità risultano conformi anche al dettato delle nuove direttive comunitarie in materia di contratti pubblici, infatti, il considerando 98 della direttiva 24/2014/UE precisa che «resta possibile valutare il rapporto qualità/prezzo sulla base di fattori diversi dal solo prezzo o dalla sola remunerazione. A seconda del servizio o del prodotto interessato, tali fattori potrebbero comprendere, per esempio, (…) aspetti ambientali o sociali».
Si ricorda, infine, che è necessario effettuare la riparametrazione delle offerte tecniche e di quelle economiche al fine del corretto utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
8.6 Verifiche in corso di esecuzione
Oltre alle considerazioni presenti nel paragrafo 13 relativo ai controlli per gli affidamenti di servizi sociali, si osserva che in fase di esecuzione le stazioni appaltanti devono constatare la permanenza dei requisiti e dei presupposti che hanno consentito l’affidamento in deroga al Codice dei Contratti. Le stazioni appaltanti devono, quindi, verificare oltre alla corretta esecuzione della convenzione secondo gli standard indicati nell’offerta (condizione comune a tutti gli affidamenti di lavori, servizi e forniture), anche il permanere delle condizioni di partecipazione, tra cui l’iscrizione all’albo regionale ex art. 9, comma 1, l. 381/1991. Quest’ultima in particolare è ex lege condizione per la partecipazione alla gara e per la successiva stipula della convenzione, conseguentemente, il venir meno della stessa è causa di risoluzione della convenzione.
Analogamente si deve procedere alla risoluzione del contratto qualora la stazione appaltante accerti che non siano rispettati gli obblighi relativi alla realizzazione dell’inserimento lavorativo, previsti nella convenzione. Al riguardo deve rivelarsi che, a differenza di quanto avviene per le violazioni contrattuali relative alla qualità del servizio, che può condurre all’applicazione di penali, laddove previste, il mancato rispetto degli obblighi di reinserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati, fa venir meno la causa dell’affidamento in deroga e, quindi, impone la cessazione del rapporto.
Va, però, osservato che il vincolo della presenza di almeno il trenta per cento di lavoratori svantaggiati deve essere riferito come obiettivo del contratto: ciò non significa necessariamente che la cooperativa sociale debba garantire una presenza puntuale del predetto numero minimo di lavoratori svantaggiati. A seconda della condizione di svantaggio in cui versa il lavoratore potrebbero, infatti, essere necessari periodi di assenza dal lavoro, ad esempio, per attività di sostegno diverse. È allora necessario indicare in sede di offerta eventuali esigenze dei lavoratori svantaggiati, al fine di agevolare le verifiche da parte della stazione appaltante.
Infine, si sottolinea l’opportunità che le stazioni appaltanti nelle convenzioni che regolano i rapporti con le cooperative sociali inseriscano clausole che prevedano espressamente la risoluzione della stessa per violazioni delle condizioni sopra descritte.