Matrimoni contratti in tenera età, scarsa possibilità di accedere all’istruzione, mutilazioni genitali effettuate senza le dovute precauzioni igienico-sanitarie, violenze fisiche e verbali da parte del coniuge: le donne egiziane vivono spesso un vero e proprio inferno.
Lo confermano le Nazioni Unite che nell’ultimo rapporto del 2013 hanno fatto sapere come il 99,3% della popolazione femminile egiziana sia stata sottoposta almeno a una forma di molestia sessuale nel corso della vita e l’80% delle donne egiziane tremi quando esce dalla propria abitazione. Dei 125 milioni di donne e ragazze che nel mondo hanno subito mutilazioni genitali femminili, una su quattro vive in Egitto.
Di più: sulle donne il Paese ha costruito un vero e proprio mercato, fatto di scambi, traffici, matrimoni tra spose bambine e uomini maturi. Perché è un Paese povero, perché dove non esiste istruzione attecchisce facilmente il seme della soggiogazione, perché per molti egiziani sposare una bambina è normale e si tratta di un fatto culturale, tanto inconcepibile per noi quanto prassi per loro. E, infine, perché la miseria e la fame delle famiglie hanno un volto così inimmaginabile per noi occidentali che si preferisce affidare la propria bambina o ragazza a un uomo che, almeno, non la faccia morire di fame. Per tutta questa serie di ragioni in Egitto i matrimoni forzati e precoci sono tra i più alti a livello internazionale.
Recentemente COSPE, una onlus nata nel 1983, ha lanciato un progetto – My Life Back – dedicato proprio alla cura e alla prevenzione di un fenomeno così drammatico, convinti che la giustizia sociale passi attraverso l’accesso di tutti a uguali opportunità e diritti. Ha attivato un numero solidale per finanziare i propri interventi di sostegno e aiuto – 45542 – attivo fino al 19 giugno; per ogni SMS o chiamata da rete fissa sarà possibile donare 2 o 5 euro. Attraverso questi finanziamenti i promotori del progetto hanno intenzione di concentrare il loro operato nell’area di Boulak al Dakrour, nel governatorato di Giza, alla periferia del Cairo. Sostanzialmente si tratta di uno dei luoghi in cui è stata rilevata la presenza più pressante dei fenomeni di cui sopra.
COSPE lavora in Egitto dal 1998, in sinergia con due associazioni locali (CEWLA – Centre for EgyptianWomen’s Legal Assistance e AEFL – Association of the EgyptianFemaleLawyers) e fino a questo momento ha operato in modo concreto sul territorio, dimostrando di conoscerlo molto bene. Ha infatti aperto una struttura, il Centro Donne, che ogni anno offre assistenza sanitaria e legale a più di 500 ragazze o bambine vittime di violenza.
Con i fondi lanciati attraverso la nuova campagna COSPE vuol fare qualcosa di molto più ambizioso per le donne egiziane: permettere all’Ospedale pubblico di Boulaq Al Dakrour di dotarsi di tutti quegli strumenti di cui necessitano le vittime e – e questo ci piace in maniera particolare – mettere in moto un virtuoso meccanismo di informazione e sensibilizzazione, cominciando dalle scuole del territorio.