Quale relazione intercorre tra le esperienze di innovazione sociale e ruolo e azione dei Comuni? A questo interrogativo cerca di rispondere la ricerca «L’innovazione sociale e i Comuni – Istruzioni per l’uso» realizzata dall’Ufficio studi e ricerche dell’Anci nell’ambito di una convenzione tra Agenzia nazionale per i giovani, Anci e Fondazione Ifel, prendendo in considerazione oltre 1.000 progetti su tutto il territorio nazionale, a partire da quelli finanziati dalla stessa Anci attraverso i due Avvisi sulle politiche giovanili “MeetYoungCities” e “ComuneMenteGiovane”.
I risultati della ricerca sono stati presentati il 24 e 25 giugno a Bari nell’ambito dell’evento «ShakeUpYourCity». “Grazie al coinvolgimento di 40 testimoni privilegiati, oltre 200 tra assessori, esperti ed innovatori, è stato possibile ricostruire un quadro dinamico e complesso nel quale appare evidente come l’innovazione sociale non è più solo un concetto astratto, bensì un insieme di pratiche che iniziano a modificare processi decisionali locali e politiche urbane”.
In altre occasioni abbiamo avuto modo di sostenere che “l’innovazione sociale ci interroga sui bisogni emergenti, sulle infinite diversità con cui quotidianamente ci misuriamo, sulle disabilità e sulle diverse abilità, sulle nuove modalità per dare risposte efficaci alle comunità nelle quali viviamo e operiamo”. In molte occasioni i Comuni sono stati protagonisti di questi processi a partire dalle difficoltà che incontrano a rispondere in prima persona alle nuove necessità della comunità di riferimento. Allo stesso modo i Comuni hanno partecipato direttamente a queste nuove esperienze mettendo a disposizione “spazi pubblici, personale proprio, risorse economiche. Ma soprattutto, i Comuni stanno cercando gli innesti per innovare le politiche settoriali e modificare il proprio approccio attraverso l’ascolto e la diffusione delle soluzioni, fino ad arrivare ad una logica di co-creazione, orientata alla messa a valore delle esperienze”.
Da queste considerazioni prende le mosse la ricerca dell’ANCI. Data la rilevanza della questione abbiamo deciso di dedicare a questa indagine due successive puntate. Nella prima proponiamo la parte introduttiva dell’executive summary, mentre nella seconda – tra una settimana – la parte relativa alle 11 istruzioni per l’uso.
L’INNOVAZIONE SOCIALE E I COMUNI ISTRUZIONI PER L’USO
Executive Summary
Coordinatore della ricerca Paolo Testa, autori Massimo Allulli, Annalisa Gramigna, Valentina Piersanti
COMUNI E INNOVAZIONE SOCIALE
L’indagine, condotta nell’ambito della convenzione tra ANG, ANCI e Fondazione IFEL, ha guardato alle iniziative di innovazione sociale e agli strumenti che ne hanno supportato la nascita, per arrivare a comprendere le diverse vie attraverso le quali i comuni possono avvicinarsi a questo nuovo ecosistema. La ricerca, che ha coinvolto 40 testimoni privilegiati, oltre 200 tra assessori, esperti ed innovatori, e mappato più di 1000 progetti su tutto il territorio nazionale, ci restituisce un quadro dinamico e complesso nel quale però l’innovazione sociale non è più solo concetto astratto e neppure solo pratica di sopravvivenza urbana ma inizia a modificare processi decisionali locali e politiche urbane.
LE ESPERIENZE CHE NASCONO SUI BISOGNI
L’innovazione sociale nasce laddove esistono aree di bisogno che non trovano risposta adeguata nel pubblico e nel privato: questo è l’elemento sul quale convergono sostanzialmente tutte le più accreditate definizioni di social innovation, ed è anche la ragione per cui abbiamo scelto di analizzare le innovazioni sociali in funzione dei bisogni che le hanno generate e, per far questo, non potevamo che partire dai bisogni primari: mangiare, abitare, lavorare, muoversi e partecipare. Ciò che ne emerge è un articolato puzzle del cambiamento fatto di nuove forme organizzative, progetti e soluzioni già attive in diversi comuni italiani, alcune nate dal tessuto associativo, altre sulla spinta dei cittadini, degli innovatori, giovani e meno giovani, o dall’industria; molte altre stimolate da politiche pubbliche o da organizzazioni di produttori e consumatori. Eterogeneità confermata anche dall’analisi dei modelli di sostenibilità di alcune delle organizzazione analizzate che vedono “unite nella social innovation” iniziative che si reggono su lavoro volontario e cittadinanza attiva; progetti sponsorizzati da aziende profit grandi e piccole; organizzazioni sostenute da premi e finanziamenti su progetti da parte delle Fondazioni delle organizzazioni bancarie e poi ci sono le imprese sociali e le start up innovative a fini sociali con i loro business model di nuova generazione. E i comuni? I comuni sostengono in diversi modi questo tipo di interventi: mettono a disposizione spazi pubblici, personale proprio, risorse economiche… Ma soprattutto i comuni stanno cercando gli innesti per innovare le politiche e lo fanno tanto con le politiche verticali, quanto modificando il proprio approccio che passa attraverso l’ascolto, la diffusione delle soluzioni ed arriva ad una logica di co-creazione, orientata alla messa a valore delle esperienze.
LE POLITICHE E RISORSE PUBBLICHE
L’Unione Europea è il livello istituzionale che per primo e con maggiore continuità ha prodotto iniziative e politiche per favorire l’innovazione sociale. L’ingresso della Social Innovation nell’agenda politico-istituzionale italiana è avvenuto nel passato periodo di programmazione, con un lieve ritardo rispetto alle riflessioni Europee, ma con uno slancio iniziale che ha portato tra il 2012 e il 2013 ad una serie di provvedimenti che bene sembravano accogliere le strategie europee, da un lato, e le evoluzioni in atto nella società civile, dall’altro. A dare gambe alla social innovation Made in Italy nella fase iniziale sono state iniziative del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Agenzia per della Coesione Territoriale. La ricerca di una politica nazionale capace di supportare e alimentare le innovazioni sociali è stata dunque interpretata privilegiando la dimensione economica che a questa sottende e andando a cercare, in startupper e terzo settore, un potenziale rilancio delle economie locali. Con la nuova stagione delle politiche nazionali, la traiettoria sembra cambiare: il tema dell’innovazione sociale e i suoi protagonisti rientrano in una cornice più ampia, che include anche le politiche del lavoro, le politiche sociali e le politiche urbane e che riporta al centro del nuovo schema d’azione gli enti con le proprie specifiche competenze istituzionali. La riflessione sulle politiche pubbliche chiude con il racconto di quanto è accaduto e sta accadendo nelle città di Milano e Torino e di quanto si sia fatto nella Regione Puglia partendo dalle politiche giovanili. Si tratta di tre importanti esempi che evidenziano come un ente pubblico, attraverso le proprie politiche, possa agire il paradigma dell’innovazione sociale (anche a sua insaputa, com’è accaduto in Puglia) e supportare gli attori che la sperimentano. Queste tre esperienze non sono presentate nel rapporto in una logica di replicabilità; la loro analisi consente di osservare le dinamiche di un ecosistema locale di fronte a processi di innovazione sociale. Dalla lettura di questi casi appare evidente il peso delle specificità di ogni sistema: nella presenza o assenza di determinati attori, nella storia delle relazioni istituzionali, nei modi in cui si sono sviluppate le relazioni con i cittadini.
SOGGETTI INTERMEDI E FINANZA SOCIALE
Tra i driver che stanno spingendo l’innovazione sociale un ruolo di primo piano è rivestito dai soggetti intermedi e dalla finanza sociale. Dall’analisi effettuata nei focus territoriali appare chiaro che la loro presenza tra gli attori dell’ecosistema locale può fare la differenza in termini di velocità, modalità e occasioni, del cambiamento. Ma chi sono? Si tratta di soggetti che sono, di fatto, nuovi “corpi intermedi” e “soggetti aggregatori”. Sono organizzazioni che hanno funzioni ibride all’interno dell’ecosistema dell’innovazione sociale, contribuiscono all’ecosistema, lo determinano nelle sue caratteristiche specifiche, si relazionano -tra loro, con le amministrazioni, con altre organizzazioni- generando vari effetti: nuovo lavoro, innovazioni tecnologiche, soluzioni di servizio innovative, ecc. La finanza sociale secondo il quadro presentato, seppur non esaustivo, introduce strumenti e meccanismi di finanziamento che supportano, con diversi livelli di diffusione, le organizzazioni e i progetti dell’innovazione sociale.
ISTRUZIONI PER L’USO
Il rapporto di ricerca si chiude con alcune raccomandazioni avanzate ai comuni dagli esperti, innovatori, coworker, dirigenti, startupper, accademici, politici, ecc, coinvolti nell’indagine.