La diffusione degli incendi ha raggiunto limiti finora inviolati. Dagli organi di informazione apprendiamo notizie degne di un bollettino di guerra (leggi l’articolo).
Legambiente, non più di due giorni fa, ha provato a tracciare un quadro complessivo di quanto accaduto da metà giugno al 12 luglio pubblicando nel suo Dossier Incendi 2017 i dati raccolti dalla Commissione europea nell’ambito del progetto Copernico. I satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea, non a caso chiamati Sentinelle, ci informano che sono andati in fumo 26.024 ettari di superfici boschive, quasi quanto bruciato per dolo o colpa in tutto il 2016.
Questa la tristissima classifica delle regioni più coinvolte: Sicilia 13.052 ettari in quasi tutte le province; Calabria 5.826 ettari; Campania 2.461; Lazio 1.635; Puglia 1.541; Sardegna 496; Abruzzo 328; Marche 264; Toscana 200; Umbria 134; Basilicata 84 ettari.
Già oggi i dati sono cambiati, in peggio naturalmente, considerando quanto sta accadendo in Gallura, nel Metapontino o in provincia di Grosseto. Non fanno eccezione neppure le aree protette nazionali (Majella, Vesuvio, Gargano, Alta Murgia, Pollino Sila, Aspromonte) o altre aree di pregio, dalla Liguria alla Sicilia. Impossibile quantificare il danno ambientale; pesantissimo il costo economico delle sole operazioni di spegnimento.
Non c’è dubbio che la siccità e il clima torrido costituiscono condizioni favorevoli per l’espandersi degli incendi. Ma se anche questa fosse la sola causa, dovremmo riflettere a fondo sugli effetti dei cambiamenti climatici. Ma di certo non è questa la causa prevalente. Come sostiene Legambiente “ogni estate l’Italia brucia. Brucia per colpa della mano criminale dell’uomo, mafiosa e non mafiosa, per perseguire i propri sporchi interessi e manie di facili guadagni. Una scia nera che nell’arco del solo 2016 ha mandato in fumo più di 27mila ettari di boschi e aree verdi, per colpa di 4.635 incendi (tra dolosi e colposi). Preoccupante il trend in crescita degli incendi, quasi raddoppiati rispetto al 2015 (erano stati 2.250)”.
Eppure lo Stato, le Regioni e, in fondo, la stessa opinione pubblica non sembrano preoccuparsi più di tanto. È vero che nel 2015 la Legge 68 ha inserito gli ecoreati nel Codice penale e le pene sono estremamente severe, fino a 15 anni di reclusione per il delitto di disastro ambientale. Ma la prevenzione e la “lotta attiva” agli incendi si mostrano ancora del tutto inadeguate. Il Dossier Incendi 2017 esamina a fondo la questione segnalando dettagliatamente i ritardi a livello nazionale e regionale nell’aggiornamento e nell’attuazione dei Piani Antincendio Boschivi. Per conoscere le proposte operative di contrasto rimandiamo all’estratto del Dossier di seguito riportato.
Le proposte per una macchina efficace contro gli incendi
Ad incidere sul fenomeno degli incendi sono certamente anche le condizioni meteo-climatiche. In periodi di particolare siccità, sempre più frequenti in considerazione dei visibili effetti dei mutamenti climatici. Secondo l’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr la primavera del 2017 ha visto un aumento delle temperature minime di 1,28°C e delle temperature massime di 2,33°C e delle medie di 1,91°C rispetto alla media del trentennio 1971-2000. Al tempo stesso, dal punto di vista delle precipitazioni i dati riportano una deviazione dalla media di -48% per la primavera 2017, la terza più secca rispetto al 1800. Questa condizione climatica porta con sé anche all’innalzamento altimetrico della fascia a rischio incendio boschivo, che sinora in estate colpiva prevalentemente le aree sotto i 1.000 metri di quota, interessando le fasce montane in inverno e nelle regioni settentrionali. Adesso la maggiore siccità rischia di far arrivare gli incendi, in estate e nelle regioni meridionali, ben oltre i 1.300 metri sul livello del mare, con il pericolo concreto che vadano in fumo enormi superfici boschive e boschi vetusti nel sud Italia. Dati che confermano quanto una politica di mitigazione del cambiamento climatico e di adattamento, attraverso adeguate politiche forestali, siano fondamentale anche per la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi.
Il clima non basta però a giustificare l’emergenza di queste settimane. Come raccontano i dati di ecomafia 2017 di Legambiente riportati in questo dossier, la mano degli eco-criminali, dei piromani e delle mafie è purtroppo ancora oggi presente in maniera imponente. Occorre allora rafforzare il sistema dei controlli e degli interventi delle Forze dell’ordine nei confronti dei criminali che appiccano gli incendi. Oggi, oltre il delitto di incendio doloso di cui all’art. art.423 bis del codice penale, si può e si deve applicare la legge sugli ecoreati (la n.68/2015) e in particolare il reato di disastro ambientale secondo quanto previsto dall’art. 452 quater del codice penale, uno dei nuovi delitti introdotti dalla legge, che usa la mano dura contro chi attenta alla salubrità degli ecosistemi, incrementando le pene fino a 15 anni di reclusione più le aggravanti.
Ma il fenomeno si combatte in maniera efficace solo se ciascuno si assume le proprie responsabilità e assolve ai già troppi ritardi accumulati fino ad ora.
A livello nazionale si chiede a Governo e a Ministeri competenti di completare, con l’approvazione dei decreti attuativi necessari, il passaggio di competenze, personale, strumenti e mezzi per quanto riguarda l’antincendio boschivo, in modo da garantire su tutto il territorio squadre operative per gestire l’emergenza e svolgere le attività di prevenzione.
Altrettanto importante è se la Presidenza del Consiglio e il Ministero degli interni condividessero con la Conferenza delle regioni una convenzione quadro che permetta al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco di semplificare la stipula, regione per regione, di specifiche convenzioni al fine di poter svolgere al meglio, per tempo e in piena efficienza i nuovi compiti assegnati, anche attivando personale ausiliario nei periodi critici.
A livello regionale e territoriale. Il documento del Presidente del Consiglio dei Ministri che ha aperto la campagna AIB 2017 auspica inoltre che “[le Regioni] abbiano provveduto ad organizzare i propri sistemi regionali di antincendio boschivi, in termini di risorse umane e di mezzi terrestri e aerei, nell’ottica della maggior efficienza possibile, al fine di garantire adeguati livelli di risposta, specialmente in quei contesti nei quali esisteva un collaudato e consolidato rapporto di collaborazione con i preesistente Corpo Forestale dello Stato” (ad esempio si accenna ad accordi operativi stipulati tra amministrazioni limitrofe, già stipulati da alcune Regioni).
Il ruolo delle Regioni e delle Province autonome è inoltre di fondamentale importanza nell’ottica della previsione e prevenzione degli incendi boschivi al fine dello studio delle particolari condizioni del territorio e della suscettibilità all’innesco e alla propagazione degli incendi in relazione alla natura e alla specificità delle aree boschive. La sovrapposizione di queste informazioni con i dati giornalieri relativi alle condizioni meteo-climatiche è il dato che consente di elaborare quotidiani bollettini di suscettività all’innesco degli incendi.
Ancora oggi però come si è visto si registrano ritardi ingiustificati con conseguenze disastrose e “tempi lunghi” nella definizione e chiusura di tutte le fasi preparatorie per la piena operatività nelle attività di previsione, prevenzione e intervento. Fasi che vedono le Regioni e le Province autonome coinvolgere diverse istituzioni pubbliche, società private e volontariato, mentre sarebbe necessario che tali fasi, note e ricorrenti, terminino annualmente entro il 15 marzo nelle regioni prevalentemente colpite da incendi estivi, ed entro il 15 giugno nelle regioni prevalentemente colpite da incendi invernali.
In relazione alla fase operativa è urgente che le Regioni, a partire da quelle tradizionalmente maggiormente colpite dagli incendi boschivi, prevedano un’adeguata e diffusa presenza nel territorio boschivo delle squadre di avvistamento e di spegnimento a terra degli incendi boschivi, comunicate a tutti gli Enti territorialmente competenti, e metta a sistema e a valore l’enorme contributo del volontariato, che dove è stato messo in condizioni di operare, in sinergia e stretto contatto con il sistema complessivo, ha spesso fatto la differenza.
Inderogabile inoltre, al momento, che le Regioni, d’intesa con il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, potenzino i corsi di formazione per le figure che devono svolgere la funzione di direzione delle operazioni di spegnimento (DOS), anche utilizzando le competenze del personale ex CFS ora presente nel CUTFAA.
Resta, inoltre, di fondamentale importanza il ruolo degli Enti locali nella realizzazione e aggiornamento costante del Catasto delle aree percorse dal fuoco, finalizzato alla predisposizione dei vincoli di uso dei suoli, al fine di impedire speculazioni economiche sulle aree dove si siano verificati incendi, così come previsto dalla legge 353/2000. Purtroppo, a oggi ci risulta che non tutti i Comuni hanno e/o aggiornano tempestivamente il Catasto, soprattutto quelli con una scarsa densità demografica – se non in via di spopolamento – e con strutture tecnico-amministrative e di controllo ridotte al lumicino; inutile aggiungere che proprio in questi Comuni si concentrano superficie amplissime di aree boschive, che di fatto si ritrovano a soffrire di scarsi strumenti di tutela. Per fortuna vengono in soccorso i Carabinieri Forestali che continuano comunque a realizzare la mappatura georiferita delle aree percorse dal fuoco, consentendo, sin dal 2008, a tutte le amministrazioni pubbliche di poter accedere a questa banca dati, che è aggiornata entro il 31 dicembre di ciascun anno. Detto ciò, sarebbe opportuno che l’aggiornamento tempestivo del Catasto diventi davvero una priorità per ogni amministrazione locale e che dinanzi alla sua inadempienza si preveda un intervento sostitutivo e d’imperio della Regione o della Prefettura competente, al fine della regolare applicazione della norma e di consentire a questa di poter svolgere appieno la propria funzione deterrente nei confronti delle speculazioni d’ogni tipo.
Inoltre, il ruolo degli Enti locali appare prioritario nelle attività di prevenzione degli incendi attraverso la cura e tutela del territorio e delle aree boschive, attraverso lo studio e la predisposizione di misure di mitigazione del rischio, così come le attività di controllo e di avvistamento, necessarie per la realizzazione di interventi tempestivi di spegnimento.
Risulta deficitario in molte Regioni, in ausilio alle esigenze di mitigazione del rischio, il quadro costantemente aggiornato del livello di realizzazione delle misure di prevenzione del rischio incendi boschivi, nei terreni pubblici e privati, tramite le azioni previste e sovvenzionate da diverse misure dei Programmi Operativi Regionali.