Torniamo a prendere in esame il primo Rapporto dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile – ASviS su l’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e lo facciamo soffermandoci sull’analisi della situazione del nostro Paese rispetto ai 17 Obiettivi e 169 Target dell’Agenda 2030.
Per questo, non potendo avvalerci del testo integrale per la sua evidente ampiezza, ricorriamo ad una sintesi predisposta dall’Associazione a fini divulgativi. Nonostante questo ci troviamo di fronte a un documento lungo e complesso che, tuttavia, ci restituisce una ricostruzione completa e affidabile della situazione attuale. Un contributo prezioso, quindi, per capire quanta strada abbiamo fatto ma, soprattutto, quanta ce ne rimane da fare.
L’Italia e i singoli SDGs: punti di forza e punti di debolezza
Obiettivo 1: Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo
- Nel 2015 l’incidenza della povertà assoluta è rimasta sostanzialmente stabile in termini di famiglie coinvolte (6,1%), ma è cresciuta se misurata in termini di persone, toccando il 7,6% della popolazione residente, contro il 6,8% nel 2014. Si tratta di circa 4,6 milioni di persone, di cui oltre un milione sono minori. Negli ultimi dieci anni il fenomeno si è aggravato nella popolazione tra i 18 e i 34 anni (9,9% contro il 3,1% del 2005) e in quella tra i 35 e i 64 anni (7,2% dal 2,7% nel 2005).
- Nell’ultimo anno sono peggiorate le condizioni delle famiglie di quattro componenti (l’incidenza della povertà assoluta sale al 9,5% dal 6,7% del 2014), in particolare delle coppie con due figli (dal 5,9% all’8,6%) e delle famiglie con persona di riferimento tra i 45 e i 54 anni (dal 6,0% al 7,5%). Livelli molto elevati di povertà assoluta si osservano per le famiglie con cinque o più componenti (17,2%), soprattutto se coppie con tre o più figli (13,3%).
- Vi è poi una povertà sommersa, la povertà sanitaria, che attesta la difficoltà di accedere alle cure mediche: ben 11 milioni di italiani non dispongono delle risorse necessarie per potersi curare adeguatamente.
Obiettivo 2: Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile
- Benché non si disponga di una stima ufficiale della povertà alimentare, analizzando i nuclei familiari che presentano una spesa alimentare inferiore alla soglia assoluta riferita alla sola componente alimentare, si evidenzia che nel 2013 circa il 6,8% dei nuclei familiari residenti in Italia si trovava in questa condizione. Si tratta di 1,7 milioni di famiglie, quasi 5,5 milioni di persone (il 9,1% dei residenti in Italia), oltre un milione delle quali sono minori.
- Il 26,9% di bambini e ragazzi italiani è in eccesso di peso, fenomeno più diffuso nel Sud e nelle Isole. Evidente è la correlazione positiva tra il contesto familiare e culturale dei bambini e il grado di sana alimentazione: solo il 18% della popolazione, infatti, consuma quotidianamente almeno quattro porzioni di frutta e/o verdura.
- Con riferimento all’agricoltura sostenibile si registrano progressi in termini di uso di risorse rinnovabili, riduzione dell’inquinamento e maggiore attenzione alla tutela del paesaggio. Tuttavia, sotto il profilo della biodiversità l’evoluzione dell’agricoltura verso modelli intensivi e standardizzati ha impoverito la qualità del nostro regime alimentare, esponendo numerose varietà locali al rischio di estinzione.
Obiettivo 3: Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età
- Nonostante importanti strumenti per favorire una maggiore armonia delle politiche regionali (il Programma Nazionale Esiti, l’Osservatorio delle Buone Pratiche AGENAS, il Portale per la trasparenza dei servizi sanitari, ecc.), le disuguaglianze territoriali, alcune carenze nel coordinamento delle politiche e una non ancora sufficiente e omogenea presa in carico delle problematiche sanitarie e assistenziali legate all’invecchiamento della popolazione rappresentano punti di debolezza del nostro sistema sanitario.
- Relativamente ai danni derivanti da incidenti stradali, i decessi in Italia si sono ridotti del 42% nel periodo 2001-2010 e del 16,9% nel 2010-2015, anche se il tasso di mortalità continua ad essere più elevato rispetto alla media europea (56,3% e 52%, rispettivamente).
- Un’altra carenza italiana riguarda l’esposizione della popolazione urbana ai particolati (concentrato soprattutto nel Nord) e all’inquinamento da ozono (in particolare al Sud e nelle aree rurali). Sebbene l’Italia abbia ridotto nel tempo tale esposizione, il nostro Paese continua a caratterizzarsi (anche a causa della mancanza di una strategia nazionale) per tassi tra i più alti rispetto a quelli rilevati nei paesi europei e nelle grandi economie industriali dell’Europa occidentale, nonché per l’inadempienza rispetto ai valori limite fissati dalla normativa comunitaria.
Obiettivo 4: Fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti
- Mettendo a confronto gli indicatori in campo educativo dei progressi italiani con la media europea, è evidente come gli ultimi 15 anni siano serviti all’Italia per raggiungere il livello medio degli altri paesi alla fine del secolo scorso, mentre rimane da percorrere la nuova strada fatta, nel frattempo, dai partner europei.
- Nel 2015, la popolazione 25-34enne che ha completato gli studi secondari in Italia corrisponde al 74,4%, mentre la media europea toccava la soglia del 74,3% già nel 2000, crescendo negli anni successivi (83,4% nel 2015). Lo stesso vale per i dati relativi alle uscite precoci dal sistema di istruzione e formazione tra i 18 e i 24 anni: l’Italia è passata dal 25,1% nel 2000 al 14,7% nel 2015; gli altri paesi nello stesso anno hanno toccato la soglia dell’11%.
- Nel 2015, la media europea delle persone tra i 30 e i 34 anni che ha completato gli studi terziari è del 38,7%, valore che l’Italia prevede di raggiungere nel 2030. Nel nostro Paese si è infatti passati dall’11,6% nel 2000 al 25,3% nel 2015. Parimenti, sul fronte della partecipazione ad attività di lifelong learning per persone tra i 24 e i 65 anni, nel 2015 in Italia si registra una quota del 7,3%, mentre gli altri paesi europei si posizionano sul 10,7%.
Obiettivo 5: Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze
- In Italia si è assistito nel corso degli ultimi anni a una riduzione del gender gap. In particolare, è aumentata la presenza delle donne in Parlamento, che ha raggiunto il 30%. Importante è stata anche la quota del 50% di donne tra i ministri dell’attuale Governo al momento della formazione. Viceversa, non è ancora adeguata la presenza femminile nei luoghi decisionali a livello locale, cioè nelle giunte comunali e nei consigli regionali.
- Le giovani laureate tra 30 e 34 anni sono il 29,1% della popolazione femminile, contro un valore del 18,8% per i maschi, ma permane un basso tasso di occupazione femminile: per le donne tra 20 e 64 anni si attesta al 46,1% (rispetto ad una media UE del 60,5%), ponendo l’Italia in fondo alla graduatoria europea. Il fenomeno della bassa partecipazione femminile è concentrato nel Mezzogiorno.
- La violenza contro le donne continua a essere un fenomeno molto diffuso in Italia. Circa un terzo delle donne ha subito violenza nel corso della vita, ma le violenze fisiche, sessuali e psicologiche nei cinque anni precedenti il 2014 sono diminuite rispetto ai cinque anni precedenti il 2006. In particolare, diminuiscono quelle più lievi, mentre sono stabili i femminicidi (quest’anno sono già 76) e gli stupri, ma aumenta la gravità delle violenze subite.
Obiettivo 6: Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie
- L’Italia è pressoché già in linea con i target 6.1 (accesso universale all’acqua potabile) e 6.2 (accesso universale ai servizi igienici). Tuttavia, circa il 10% della popolazione non considera a tutti gli effetti potabile l’acqua del rubinetto: ciò comporta il ricorso all’acquisto dell’acqua in bottiglia, che incide sulla produzione di rifiuti, sui trasporti, su maggiori emissioni e consumo di risorse (target 12.2, 12.5).
- In alcune zone d’Italia, specialmente nel Mezzogiorno e con maggiore intensità in Sicilia, il fenomeno della scarsità d’acqua è presente da decenni. Questo fenomeno ormai storico non solo rappresenta un danno per la qualità della vita e va a detrimento del benessere delle popolazioni locali, ma rappresenta anche un dispendio di risorse economiche sia per le persone sia per le casse pubbliche, poiché la cittadinanza va rifornita in maniera alternativa e più costosa.
- Per ciò che concerne la gestione degli scarichi inquinanti e la depurazione delle acque (target 6.3), la percentuale di abitanti equivalenti civili serviti e sottoposti a trattamento almeno secondario supera nel 2012 il 45% del potenziale degli impianti.
- Secondo l’indagine svolta dall’Agenzia Europea per l’Ambiente nel 2012, l’Italia presenta una percentuale di circa il 50% dei fiumi in uno stato ecologico “buono” o “alto” e meno del 20% in stato ecologico “cattivo” o “povero”. Le pressioni da fonti inquinanti si attestano comunque al 50%. Lo scarso livello qualitativo delle risorse idriche disponibili si traduce in costi molto elevati dei trattamenti necessari per la potabilizzazione, che nel 2012 hanno riguardato il 30,6% dell’acqua prelevata.
Obiettivo 7: Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni
- Nel 2015 il consumo finale di energia in Italia è stato pari a 123 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), con un aumento del 3% rispetto al 2014, il che ha interrotto il trend positivo dell’ultimo decennio, anche in termini di intensità energetica del PIL, nazionale e pro capite.
- Negli ultimi decenni in Italia si è verificata una progressiva sostituzione dei prodotti petroliferi con il gas naturale: se negli anni ’70 il primo soddisfaceva circa il 75% del consumo interno lordo, nel 2015 i due combustibili arrivano quasi ad equivalersi (35% e 32% rispettivamente). A questa dinamica di lungo periodo negli ultimi dieci anni si è aggiunta la crescita delle fonti rinnovabili, il cui contributo è passato dal 6-8% nei primi anni Duemila al 19-20% di oggi.
- Cionostante, senza una sostanziale espansione delle fonti rinnovabili a un ritmo almeno triplo rispetto a quello degli ultimi anni, il che equivale a crescere a tassi non molto lontani da quelli registrati tra il 2005 e il 2013, né l’obiettivo della Strategia Energetica Nazionale al 2020, né quello medio europeo al 2030 verrebbero centrati.
- Per quanto riguarda l’efficienza energetica, i target europei prevedono per il 2020 una riduzione dei consumi energetici del 20% rispetto allo scenario di riferimento elaborato nel 2007, valore da elevare, dopo l’Accordo di Parigi, al 27-30% nel 2030. L’Italia ha fissato nel 2014 i propri target al 2020, ma tali valori sono già oggi ampiamente superati e sono del tutto insufficienti per conseguire il raddoppio dell’efficienza richiesto dal target 7.3.
Obiettivo 8: Incentivare una crescita economica, duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti
- Rispetto ai target 8.1 e 8.2, che fanno riferimento alla crescita del PIL pro-capite e della produttività del lavoro, l’Italia mostra delle debolezze strutturali che si sono amplificate nel corso della crisi. Negli ultimi 20 anni si è di fatto registrata una stagnazione dell’attività economica: il PIL pro-capite italiano è cresciuto in media dello 0,2% annuo (rispetto all’1% della media UE12), mentre la produttività del lavoro è cresciuta solo dello 0,3% annuo. In tale contesto di debolezza, i divari regionali si sono ulteriormente allargati.
- La “mancata crescita” ha accentuato non solo i divari territoriali, ma anche i rischi di povertà per le fasce più deboli della popolazione. Donne, giovani e disabili hanno mediamente occupazioni più precarie e atipiche, peggiori contratti e con retribuzioni più basse (alle donne è riconosciuto mediamente il 77% del salario maschile). Sebbene il target 8.6 indichi come obiettivo la riduzione del numero dei giovani che non studia, non è in formazione e non lavora, in Italia si registrano livelli altissimi di NEET (oltre due milioni nel 2015).
- Anche la fascia di lavoratori 60-64 anni risulta essere a rischio, ma per ragioni completamente diverse da quelle dei giovani e delle donne. Ad esempio, nel 2015 si è avuta una riduzione del numero di infortuni sul lavoro (632.665 unità nel 2015, oltre 658mila nel 2014), ma un aumento significativo delle morti sul lavoro (+16,1%) e, anche se in misura ridotta, delle malattie professionali (+2,6%).
Obiettivo 9: Costruire una infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione e una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile
- Ricerca e innovazione sono i due pilastri attraverso i quali realizzare la transizione a modelli produttivi più avanzati e in linea con il paradigma dello sviluppo sostenibile. L’Italia è ottava nella classifica internazionale delle pubblicazioni scientifiche, ma la spesa per ricerca e sviluppo è molto bassa, pari all’1,31% sul PIL, ben al disotto dell’obiettivo della strategia Europa 2020 (3%).
- Il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti individua nel “Sistema Mare” il target prioritario, perché l’Italia ha perso competitività nei servizi e nelle infrastrutture soprattutto nei porti. Infatti, l’Italia risulta al 49º posto nella classifica mondiale (al 26º per qualità ed efficienza) delle infrastrutture portuali, superata da tutti i Paesi UE dell’area mediterranea.
- Nella digitalizzazione, che guida e spinge l’innovazione e di conseguenza la crescita economica, l’occupazione e il benessere della popolazione, l’Italia presenta un gap infrastrutturale e di servizio rispetto ad altri paesi. A oggi, ad esempio, il 70% delle scuole è connessa in rete in modalità cablata o wireless, ma generalmente con una connessione inadatta alla didattica digitale. Rilevante sarà, in coerenza con l’Agenda 2030, la “Strategia Italiana per la banda ultralarga”, con la quale s’intende coprire entro il 2020 l’85% della popolazione con infrastrutture in grado di veicolare servizi a velocità pari e superiori a 100Mbps.
Obiettivo 10: Ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le Nazioni
- Nei paesi OCSE il 10% più ricco della popolazione ha un reddito medio disponibile pari a 9,5 volte quello del 10% più povero, mentre in Italia il rapporto – in forte crescita con la crisi – è pari a 11. Nel paesi non-OCSE le disparità di reddito e di ricchezza sono più ampie e si associano a forti disuguaglianze nell’accesso a servizi fondamentali di qualità e al controllo delle imprese.
- In Italia l’origine familiare continua a “pesare” sulla trasmissione della disuguaglianza da una generazione all’altra. I figli di genitori con titoli di studio più elevati hanno probabilità assai minori di abbandonare la scuola o di trovarsi nella condizione di non lavorare e non studiare: i figli di genitori con al massimo la scuola dell’obbligo hanno, nel 2013, un tasso di abbandono scolastico del 27,3% che si riduce al 2,7% per i figli di genitori con almeno la laurea.
- Permangono nel Paese forti disparità a livello territoriale e per fasce di età: nel 2014 il maggiore rischio di povertà rispetto ad altri paesi europei (cioè la percentuale di persone con un reddito disponibile equivalente inferiore o pari al 60% del reddito disponibile equivalente mediano) è pari al 19,4% (e in Sicilia al 40,1%), contro il 16,7% della Germania. Tale valore è spiegato interamente dalle condizioni delle fasce più giovani della popolazione: per i ragazzi italiani con meno di 18 anni il rischio di povertà è al 25% contro il 15% in Germania.
Obiettivo 11: Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili
- L’Italia mostra una condizione abitativa peggiore della media dell’UE, soprattutto nelle aree a maggior grado di urbanizzazione, con un numero minore di stanze per abitante (Italia 1,3%; UE 1,5%), una quota maggiore di popolazione in situazione di disagio abitativo (Italia 10,4%; UE 5%) e in condizioni di sovraffollamento abitativo (Italia 18,3%; UE 32,9%), una percentuale maggiore della popolazione totale per la quale la casa in affitto costa di più della media (Italia 32,4%; UE 27,3%).
- L’Unione europea si è data l’obiettivo di azzerare il consumo netto di suolo entro il 2050. Un recente studio mostra che per raggiungere tale risultato il consumo medio di suolo deve essere ridotto a 1,6 mq/ab. l’anno da qui al 2020. Per l’Italia questo significherebbe una riduzione del 20% rispetto al periodo 2013-2015, pur in presenza di una previsione di ripresa della crescita economica.
- Il tasso di mortalità per frane e alluvioni in Italia (morti e dispersi in un anno ogni 100.000 persone) negli anni 1966–2015 è stato dello 0,07%, mentre negli anni 2011–2015 si è attestato allo 0,05%. Gli evacuati e i senza tetto per le stesse cause negli ultimi cinque anni sono stati 28.188. Nel 2015 la popolazione esposta ad elevato rischio sismico era il 36% di quella totale, in aree corrispondenti a circa il 44% della superficie nazionale. Per la prevenzione del rischio sismico tra il 2010 e il 2016 sono stati stanziati circa 137 milioni di euro l’anno.
Obiettivo 12: Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo
- Il nostro Paese ha migliorato la propria performance nel corso degli anni, registrando, insieme al Giappone, il tasso più elevato di “disaccoppiamento” (decoupling) assoluto del Consumo Materiale Interno dalla crescita del PIL tra il 2000 e il 2008, cioè prima dell’avvio della crisi economica. Il tasso di riduzione del 30% registrato dall’Italia è stato relativamente elevato, anche se la crescita del PIL italiano è risultata inferiore alla media OCSE.
- Per la produzione dei rifiuti urbani vi è stato un andamento altalenante e un forte calo in coincidenza con la diminuzione dei consumi delle famiglie, ma non si registra un disallineamento tra dinamica del PIL e produzione di rifiuti. L’obiettivo di un tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani del 65% è ancora molto distante dall’essere raggiunto a livello nazionale, anche se vi sono alcune limitate aree di eccellenza nel Paese con tassi di riciclaggio superiori.
- I rifiuti speciali prodotti, pari a oltre quattro volte quelli urbani, sono dovuti soprattutto al settore delle costruzioni e demolizioni, mentre riguardo ai soli rifiuti speciali pericolosi è il settore manifatturiero a contribuire in modo più consistente.
- L’Italia si è recentemente allineata alle politiche dei Paesi UE più avanzati in tema di limitazione degli sprechi, adottando un provvedimento (legge 221/2015) che si pone l’obiettivo di intervenire in tutte le fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti, promuovendo il recupero delle eccedenze (prodotti alimentari e non alimentari), la riduzione della produzione dei rifiuti, l’estensione del ciclo di vita dei prodotti.
Obiettivo 13: Adottare misure urgenti per combattere i cambiamenti climatici e le sue conseguenze
- Per la mitigazione di cui al target 13.2 occorre che l’Italia innalzi la propria ambizione, messa in dubbio dal cattivo risultato del 2015 e riprenda con rinnovata visione la strada della decarbonizzazione. Dovranno essere accelerati gli atti derivanti della Strategia “Europa 2030” e occorre definire rapidamente gli obiettivi, in particolare per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e per il risparmio energetico.
- La Roadmap climatica dei 2°C per l’Italia prevede al 2020 emissioni pari a 380 MtCO2eq (milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente), con un calo del 30% rispetto al 1990). Le emissioni scendono a circa 320 MtCO2eq nel 2030 (- 38%), come indicato per il nostro Paese dal nuovo Pacchetto EU, e a meno di 150 MtCO2eq nel 2050 (oltre -70% rispetto al 1990). Nella seconda metà del secolo, le emissioni calano progressivamente fino a 25 MtCO2eq nel 2100. In termini procapite, si passa dalle circa 9 tCO2eq del 1990 a poco meno di 7 del 2015, per arrivare a 5 t nel 2030 e a 2,2 t nel 2050 (allineamento alla media EU e mondiale), scendendo progressivamente negli anni successivi.
- La Roadmap climatica tarata sull’obiettivo degli 1,5°C, invece, prevede al 2020 emissioni pari a 320 MtCO2eq, anticipando di un decennio il -38% sul 1990 della 2°C; nel 2030 le emissioni dovrebbero scendere a 200 MtCO2eq (oltre il 60% in meno rispetto al 1990), arrivando a 35 MtCO2eq al 2050 (oltre -90%), fino alle emissioni zero entro il 2070. In termini pro-capite si dovrà scendere a quasi 3 tCO2eq nel 2030 arrivando ben al di sotto di una tonnellata nel 2050 e, ovviamente, a zero entro il 2070.
Obiettivo 14: Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile
- In attuazione della Direttiva europea 2008/56/CE, l’Italia ha avviato nel 2012 il processo di elaborazione della Strategia per l’Ambiente Marino. L’attuazione pratica è già, nei principi, allineata al conseguimento dei diversi target del Goal 14 relativi alla riduzione dell’inquinamento marino.
- Per il monitoraggio dello stato di qualità dell’ambiente marino è stata istituita una banca dati online, ma a oggi non è ancora presente un rapporto di monitoraggio utile all’accertamento in sintesi dello stato di fatto. Ad esempio, nell’ultimo annuario ISPRA sui dati ambientali 2014-2015 risulta che tutti gli stock ittici valutati sono in condizione di sovrasfruttamento. La percentuale degli stock ittici sovrasfruttati è in crescita tendenziale dal 2007 ed era pari al 95% nel 2013.
- Le aree costiere e marine protette coprono il 19,1% del totale, soddisfacendo il target minimo del 10% da raggiungere entro il 2020. Tuttavia, in questo dato viene considerato anche il santuario marino Pelagos per i mammiferi marini, istituito nel 1991 (che interessa aree marine delle regioni Liguria, Toscana e Sardegna per un totale, per la parte italiana, di circa 25.573 km2 e che si estende anche dal 1999 ad aree marine della Francia e del Principato di Monaco), la cui efficacia ai fini di tutela è ancora molto incerta.
Obiettivo 15: Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno e fermare la perdita di diversità biologica
- In attuazione degli impegni internazionali sottoscritti, l’Italia si è dotata di una Strategia Nazionale per la Biodiversità (SNB) che copre il periodo 2011-2020 ed è coerente con gli obiettivi previsti a livello internazionale, da conseguire nel decennio secondo un’articolazione che si ritrova, anche se non completamente, nei target del Goal 15.
- Di particolare rilievo è il target 15.3 (“Entro il 2030, combattere la desertificazione, ripristinare i terreni degradati e il suolo, compresi i terreni colpiti da desertificazione, siccità e inondazioni, e sforzarsi di realizzare un mondo senza degrado del terreno”), fondamentale per il conseguimento dell’intero Goal 15.
- Tuttavia, come evidenziato dal Ministero dell’ambiente nel secondo Rapporto sulla SNB, con l’attuale trend di sviluppo la Strategia non raggiungerà gli obiettivi programmati al 2020 e di conseguenza i diversi target del Goal 15.
Obiettivo 16: Promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficaci, responsabili e inclusivi a tutti i livelli
- Il raggiungimento del Goal 16 è fortemente condizionato dalle dinamiche degli altri obiettivi e dalla specificità del contesto istituzionale. Le dimensioni prese in considerazione hanno a che fare, in primo luogo, con la tutela delle persone dalla violenza (in particolare di quelle appartenenti alle categorie sociali più deboli – target 16.1 e 16.2) e con l’accesso alla giustizia per tutti (16.3), temi rilevanti per il caso italiano (si pensi ai femminicidi o alle violenze sui minori, in particolare presso alcune comunità).
- Il goal 16.6 riguarda l’efficacia e l’efficienza dell’azione delle istituzioni ai diversi livelli (sovranazionale, nazionale, regionale e cittadino) e appare centrale per l’Italia, dove sono presenti problemi di scarsa uniformità territoriale nella qualità dei servizi ai cittadini, di efficacia dell’azione della pubblica amministrazione, di tempi di risposta, di costo delle prestazioni, di assunzione di responsabilità e di trasparenza.
- Il peso della corruzione sullo sviluppo economico, l’attrazione degli investimenti esteri e la realizzazione delle necessarie infrastrutture, soprattutto al Sud, resta molto alto. A fronte di questa evidenza suscita imbarazzo la tuttora scarsa reperibilità e disponibilità di dati su un tema altamente rilevante per la sicurezza e la tenuta del Sistema-Paese, pur prendendo atto della difficoltà di monitorare un fenomeno per sua stessa natura “occulto”.
Obiettivo 17: Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile
- Rispetto al Goal 17, uno dei dati più significativi per l’Italia riguarda l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), ovvero la quota del bilancio statale destinata a progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo. Anche se recentemente si è arrestato il forte calo dell’APS, gli impegni concordati a livello internazionale (destinare alla cooperazione lo 0,7% del PIL) sono molto lontani dall’essere raggiunti.
- Secondo i dati OCSE, nel 2015 l’Italia ha destinato solo lo 0,21% del PIL (3,84 miliardi di dollari) alla cooperazione internazionale. Il Governo ha recentemente rivisto il calendario di esborso dell’APS, fissando il raggiungimento dell’obiettivo 0,7% nel 2030, cosicché nel triennio 2017-2019 si dovrebbe salire dallo 0,25% allo 0,28%, mentre nel 2020 l’Italia dovrebbe raggiungere lo 0,30% del PIL.
- Al di là dell’APS, un fenomeno particolare italiano è l’impegno dell’economia associativa nel campo della cooperazione. Ad esempio, le cooperative italiane aderenti all’Alleanza delle Cooperative Italiane (circa il 95% del totale) tra il 2010 e il 2014 hanno implementato oltre 100 progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo in diversi settori per un valore complessivo di circa 60 milioni di euro.