“Guerriera” è l’aggettivo che l’attrice Lucrezia Lante della Rovere ha utilizzato per descrivere la tenacia della madre Marina Ripa di Meana, deceduta il 4 gennaio 2018. La donna ha combattuto per 16 lunghi anni contro il cancro che alla fine è riuscito a spezzare la sua vita all’età di 76 anni.
Marina Ripa di Meana è divenuta nota al pubblico grazie al suo carattere determinato e, spesso, inadeguato per una donna ospite nei più famosi salotti televisivi. Tutti ricordano la torta tirata in faccia a Maurizio Costanzo nel programma “Grand’Italia”, dove ricopriva il ruolo di valletta, un ruolo che forse le stava così stretto da dover cercare un modo per spiccare, per far parlare di lei. Noti sono anche i suoi litigi con Vittorio Sgarbi, con Fabrizio Corona durante il reality “La Fattoria” e la sua rivolta ambientalista negli anni ’90, quando si affacciò da una finestra del Palazzo Farnese, sede dell’ambasciata francese, ed espose lo striscione “Chirac salvaci dal nucleare”.
Fu all’inizio degli anni 2000 che Marina Ripa di Meana scoprì di essere malata, ma nonostante ciò decise di portare avanti il suo lavoro, comparendo spesso in tv, scrivendo libri ed esordendo anche come attrice teatrale. Barbara Palombelli, amica della donna e conduttrice del programma tv “Forum”, l’ha ricordata descrivendola come un esempio da seguire, come una donna che, benché ogni giorno dovesse fare i conti con una forza negativa che la stava mangiando, ha avuto sempre il coraggio di esporsi, di parlare del nemico più grande del suo corpo.
A differenza di quest’ultimo la sua mente è rimasta sempre lucida e cosciente come ha ammesso anche nel suo ultimo video, all’interno del quale ha parlato della svolta che la Legge sul biotestamento, da poco approvata in Parlamento, ha comportato. Grazie alla sua amica Maria Antonietta Farina Coscioni, infatti, ha avuto la possibilità di rivolgersi per l’ultima volta al pubblico italiano, confortandolo, se così si può dire, a proposito di quelle che sono le sorti dei malati terminali. Ripa di Meana ha affermato di aver pensato al suicidio assistito in Svizzera, ignara del fatto che potesse scegliere la via delle cure palliative in Italia, come invece le ha ricordato l’amica.
Qui di seguito vi sono le parole della radical chic, una donna che non si è mai arresa e che anche nelle sue ultime ore di vita ha voluto portare buone notizie a chi, come lei, stesse pensando di traferirsi e subire ulteriori sofferenze prima della morte. L’allegria e l’ironia, d’altronde, sono sempre state caratteristiche costanti del suo complesso carattere, che l’hanno accompagnata fino alla fine dei suoi giorni.
“Dopo Natale le mie condizioni di salute sono precipitate. Il respiro, la parola, il mangiare, alzarmi: tutto, ormai, mi è difficile, mi procura dolore insopportabile: il tumore ormai si è impossessato del mio corpo. Ma non della mia mente, della mia coscienza. Ho chiamato Maria Antonietta Farina Coscioni, persona di cui mi fido e stimo per la sua storia personale, per comunicarle che il momento della fine è davvero giunto. Le ho chiesto di parlarle, lei è venuta. Le ho manifestato l’idea del suicidio assistito in Svizzera. Lei mi ha detto che potevo percorrere la via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda. Io che ho viaggiato con la mente e con il corpo per tutta la mia vita, non sapevo, non conoscevo questa via. Ora so che non devo andare in Svizzera. Vorrei dirlo a quanti pensano che per liberarsi per sempre dal male si sia costretti ad andare in Svizzera, come io credevo di dover fare. È con Maria Antonietta Farina Coscioni che voglio lanciare questo messaggio, questo mio ultimo tratto: per dire che anche a casa propria, o in un ospedale, con un tumore, una persona deve sapere che può scegliere di tornare alla terra senza ulteriori e inutili sofferenze. Ciao Marina”.