Sappiamo molto bene quanto siano diffusi gli incendi nel mondo, soprattutto nelle aree più povere del Pianeta dove i servizi di controllo e manutenzione lasciano alquanto a desiderare. Per esempio nelle case di fortuna sudafricane gli incidenti dovuti al fuoco sono all’ordine del giorno; le baracche, soprattutto quelle costruite in lamiera, fanno presto a incendiarsi quando al loro interno viene acceso fuoco vivo allo scopo di cucinare.
Partendo da questa semplice constatazione della realtà, una startup sudafricana messa in piedi da 6 studenti di Città del Capo, grazie al sostegno di finanziamenti governativi e i soldi raccolti attraverso una campagna di crowdfunding, ha creato “Lumakani” (“Fai attenzione”), una piccola scatola che potrebbe rivelarsi un oggetto molto prezioso.
Il congegno, che costa solo 12 euro, si attiva nel momento in cui fiammate improvvise danno origine a un elevato grado di calore. A quel punto, Lumakani invia un segnale di 20 secondi ai residenti e immediatamente dopo allarga il suo raggio d’azione per i prossimi 40 metri dall’abitato. Quest’ultimo aspetto è fondamentale: nelle bidonville il fuoco divampa molto in fretta e coinvolge frequentemente le baracche attigue causando veri e propri disastri. Ma la piccola scatolina fa ancora di più: una volta allarmato l’agglomerato, attraverso il Gps segnala l’incendio alla centrale operativa in modo tale che possano intervenire prontamente i soccorsi.
La preziosità di questo nuovo congegno sta anche nella consapevolezza che un normale sistema anti-incendio non sarebbe adatto alla vita che si svolge nelle bidonville sudafricane in primo luogo perché i costi dell’apparecchiatura e del montaggio sarebbero insostenibili per la popolazione e, in secondo luogo, data l’abitudine di accendere il fuoco vivo quotidianamente, essa scatterebbe di continuo rivelandosi inutile.
Per ora sono stati distribuiti 7.000 apparecchi e si sta lavorando per diffondere questo congegno su larga scala. Una diffusione maggiore aiuterebbe a contenere un problema anche se la soluzione migliore, chiaramente, sarebbe quella di trovare un’abitazione vera a propria ai tanti sudafricani che versano in condizioni di grave povertà.