La mafia esiste ed è forte il suo legame con la politica. Ne sono convinti i 3061 studenti che hanno partecipato all’indagine sulla percezione mafiosa condotta per il decimo anno dal Centro Studi Pio La Torre tra i ragazzi che partecipano al Progetto Educativo Antimafia promosso dal Centro. I risultati sono contenuti in un numero speciale della rivista “ASud’Europa” che sarà presentata oggi, venerdì 28 aprile alle ore 11, al Teatro Biondo di Palermo, alla presenza del Capo dello Stato, in occasione della manifestazione per il 35° anniversario dell’uccisione di La Torre e Di Salvo.
L’indagine è stata condotta tra giovani studenti delle 3°, 4° e 5° classi di alcuni Istituti di scuole medie superiori distribuiti a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale.
I giovani hanno risposto a 47 domande sulla mafia e sulla politica e il quadro che ne emerge è davvero desolante. Gli studenti dimostrano, infatti, di avere un elevato grado di sfiducia nei confronti della classe politica è elevata (84.53% nei confronti dei politici nazionali, 79.91% nei confronti di quelli locali) e il 47.27% degli intervistati ritiene che la mafia sia più forte dello Stato, e solo il 29.80% considera possibile sconfiggerla definitivamente.
Verrebbe da pensare che gli studenti del Sud siano più sensibili al tema e lo percepiscano più reale, anche alla luce della lunga scia di sangue provocata dalle mafie negli ultimi decenni. Eppure non è così.
«Non c’è differenza significativa tra i giovani del Centro-Nord e del Sud sulla percezione della corruzione delle classi dirigenti locali», evidenzia Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre. «La mafia è forte perché si infiltra nello Stato che è più forte delle mafie solo per un 13% dei giovani. Ma la stragrande maggioranza dei giovani, oltre il 90%, ripudia la mafia e ritiene che sia più forte il rapporto tra mafia e politica. I giovani non si rivolgeranno a un mafioso o a un politico per un lavoro, assimilando l’uno all’altro».
Se da un lato gli studenti mostrano una grande sfiducia per la politica, e quindi per le amministrazioni a tutti i livelli, dall’altro però sono decisamente rassicuranti i risultati su altre categorie. Sul tema della fiducia svetta quella agli insegnanti (83%), seguono magistrati, forze dell’ordine, giornalisti, sindacalisti e per ultimi (sfiducia sopra l’80%) appunto i politici locali e nazionali. I giovani del Meridione sono meno pessimisti dei loro colleghi del Centro-Nord riguardo all’esito della lotta alla mafia.
«Si vede che una storia più antica di lotta antimafia», commenta Lo Monaco, «ha inciso sulla coscienza civile delle nuove generazioni. Sulla percezione dei giovani certamente incide il ruolo educativo della scuola e dell’antimafia sociale che opera quotidianamente prima e dopo ogni anniversario, ma soprattutto la consapevolezza che occorre cambiare il modello di sviluppo e superare ogni forma di disuguaglianza e ingiustizia sociale che alimentano rabbia, populismi. Se le mafie, dicono i giovani, possono influenzare l’economia delle proprie regioni, vanno colpite nei loro interessi economici, vanno contrastate la corruzione e il clientelismo, l’omertà e sostenere le buone politiche di cittadinanza».
Un ultimo dato interessante è quello che riguarda la domanda “Con chi discuti maggiormente di mafia?”. Il 52.42% dei rispondenti individua nella scuola il luogo maggiormente deputato ad affrontare tematiche legate all’ingerenza della criminalità mafiosa, mentre soltanto il 30.15% dei ragazzi intervistati, sostiene di discutere di questi argomenti in famiglia. Il 25.01% dei rispondenti dichiara di parlarne fuori dalla scuola con amici o conoscenti e il 18.44% con altri studenti. Il rimanente 9.35% dichiara di non parlarne mai con nessuno. Alla luce di tali risultati, appare evidente l’importanza della scuola nell’affrontare simili tematiche e nel sensibilizzare i più giovani al rispetto della legalità.