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Mario Belli (Softlab): “I nostri sistemi informatici al servizio del Terzo settore”

Quanto conta, per le realtà di Terzo settore, saper cogliere le sfide offerte dal mondo digitale per il proprio sviluppo? Qual è lo stato di salute delle piattaforme di crowdfunding in Italia e quali i suggerimenti offerti da chi da anni lavora nel settore informatico?

Per approfondire questi e altri temi legati al mondo 2.0 abbiamo intervistato il direttore di Softlab Mario Belli.

Di seguito il testo dell’intervista video.

Softlab da oltre 30 anni si occupa di sistemi informatici ma è da dieci anni che è anche al servizio del Terzo settore, in che modo?

Softlab nasce nel 1985 come società di informatica. Oggi è una realtà importante a livello nazionale perché conta più di 500 dipendenti, ha circa 110 clienti attivi e un fatturato importante, quindi è una delle grandi realtà nazionali per quanto riguarda l’informatica. Nel 2006 acquisendo un ramo d’azienda ha istituito una direzione completamente dedicata al Terzo settore. La caratteristica fondamentale di questa direzione è il fatto, innanzitutto, che è abbastanza autonoma dal resto dell’azienda in termini di strategie, anche di prodotti, servizi, soluzioni, ed è tutta quanta orientata e dedicata soltanto al Terzo settore. Prevalentemente a tutti i servizi che riguardano il marketing, la raccolta fondi e ultimamente ci stiamo orientando molto sulla parte dei prodotti digitali che sono un elemento essenziale per il mondo del Terzo settore in questo momento, soprattutto in un contesto come quello del volontariato dove è evidente che l’aiuto digitale soprattutto nell’assistenza alle persone, piuttosto che nei beni culturali e nella sanità, è un elemento importante che ne caratterizza in qualche modo anche la capacità di far fronte ai problemi. Nasce nel 2006 e quindi quest’anno facciamo 10 anni di attività, rappresentiamo una realtà abbastanza importante nel mondo del Terzo settore perché abbiamo un’offerta completa, una carta dei servizi che va dalla raccolta fondi al software, al telemarketing, abbiamo un contact center che è orientato sia a fare raccolta fondi verso il pubblico, sia ad acquisire e gestire i donatori per conto delle grandi organizzazioni. L’altra caratteristica fondamentale di Softlab Terzo settore è che è costituita da persone che provengono dal Terzo settore e che quindi hanno quella specificità e quelle caratteristiche che le rendono sensibili a quelli che sono i temi che ci troviamo ogni giorno a dover interpretare.

Secondo la vostra esperienza, le realtà del Terzo settore riescono a cogliere l’importanza delle nuove tecnologiche per il loro sviluppo?

Questo è un bel tema. Con il Terzo settore, lavorandoci da 10 anni, abbiamo notato due cose. La prima è una certa difficoltà, quasi connaturata, a fare investimenti nell’ambito dei sistemi informativi e del digitale. Questo per un ovvio motivo, per come anche è composto il mondo delle organizzazioni e delle associazioni, che chiaramente devono essere più profit del profit, nel senso che più risparmiano sulla parte di investimenti, di costi, tanto più rimane per la causa. E questo è un dato che abbiamo riscontrato anche facendo diverse ricerche anche negli anni passati con Assif e altri soggetti.  Ma questo rimane un ostacolo importante perché non consente processi di razionalizzazione oppure di razionalizzare i costi stessi, e quindi di ottimizzare le risorse che vengono impiegate. Se c’è invece un’attenzione verso il mondo del digitale, devo dire che però molto è ancora sulla carta. Ma credo che questo sia dovuto a una mancanza di capacità di formare un’offerta abbastanza leggibile da parte delle organizzazioni e delle associazioni. Nel senso che, venendo da una società di informatica, molto spesso i temi, per una loro complessità tecnologica e per una loro declinazione sull’uso quotidiano, non sono facilmente trasmettibili.

Lo sviluppo delle piattaforme di crowdfunding dimostra che forse oggi per i cittadini è più semplice donare con un click che con i classici strumenti per la donazione?

Diciamo che il tema del crowdfunding è un po’ più complesso. Innanzitutto in Italia è arrivato tardi e non con piattaforme di grande risonanza come quelle internazionali quali Eppela, Kickstarter ecc. Quindi in qualche modo, in questo momento, è un settore che stenta a crescere. Credo un po’ perché non è ancora penetrata una certa cultura della donazione fatta attraverso il crwodfunding. Dall’altra perché le piattaforme che ci sono contengono dentro di tutto e ci si confonde un po’. Noi stiamo lavorando in questo ambiente per fare una piattaforma donation based crowdfunding, provando a orientarla sulle singole organizzazioni. Faccio un esempio, per le organizzazioni che hanno una disseminazione territoriale, una piattaforma di crowdfunding interessante, visto che l’importo donato è sempre minimo, potrebbe essere che la donazione venga fatta all’interno delle singole organizzazioni nelle diverse sedi territoriali, in modo che anche sul territorio si veda l’effetto della donazione, che il cittadino non sia portato a donare in termini astratti verso una grande organizzazione, ma possa vedere se il progetto venga realizzato, ad esempio il gabbiotto di bird watching. E le stesse associazioni possano interagire e portare i cittadini a vedere davvero quello che è stato realizzato. In questo momento le piattaforme di crowdfungind mi sembrano un po’ distanti da questo obiettivo.

Qual è, secondo lei, il fattore più importante per il raggiungimento della felicità pubblica?

Posso raccontare un piccolo episodio che è legato a una ricerca fatta con il WWF qualche anno fa sul tema del volontariato. Tutti ci aspettavamo che il volontariato avesse come collante la mission, e quindi i grandi temi dell’ambiente, della natura. Scoprimmo poi che, al di fuori di queste dichiarazioni, assolutamente importanti, che però erano in un contesto ambientalista, il vero tema del volontariato che in quegli anni cresceva ed era un elemento importante ed erano più di 3000 volontari, in realtà era quello relazionale. Il volontariato nasceva perché le persone si incontravano, perché trovano la loro sede in cui scambiarsi delle opinioni, in cui collaborare, e in cui poi trasformarsi in persone agenti sul territorio con uno scopo comune. Credo quindi che il volontariato è sicuramente uno dei temi che rappresenta la felicità pubblica, oltre che un grande risparmio per la pubblica amministrazione perché arriva là dove la pubblica amministrazione non può più arrivare. Quindi direi che la relazione sociale, che oggi tra l’altro è favorita da tutti gli strumenti che abbiamo perché fa parte del nostro vivere quotidiano attraverso i social media, sia uno degli elementi più importanti.

Published by
Antonella Luccitti