Con più di 7 milioni di voti favorevoli (il 61,6% ha votato sì) e un’adesione del 79,5% (12,7 milioni di persone) gli australiani si sono espressi a favore dei matrimoni gay mediante un referendum postale che si è protratto per circa due mesi.
Il Primo ministro Malcom Turnbull ha preso atto della volontà popolare e rassicurato i propri connazionali, dichiarando che quanto deciso dalla maggioranza sarà rispettato. Specifichiamo che quello sui matrimoni gay era un referendum non vincolante e proprio per questa ragione le parole di Malcom Turnbull sono state accolte con estremo sollievo.
Il risultato ora dovrà essere recepito dal Parlamento e seguire il suo iter legislativo. Si è comprensibilmente speranzosi che entro Natale si arriverà all’attuazione della legge.
La comunità Lgbt australiana ha vinto una battaglia dall’esito non scontato ed è comprensibilmente felice del risultato ottenuto, peraltro con una percentuale che non ammette repliche né fraintendimenti di sorta.
Affidare a un referendum la richiesta di un diritto che normalmente spetterebbe ai legislatori garantire, è una pratica quantomeno opinabile dal momento che la garanzia dei diritti civili delle minoranze dovrebbe essere favorita a prescindere dal sentimento popolare, nella sua ampia accezione del termine.
Tuttavia è opportuno ricordare che in Australia avere rapporti sessuali di tipo omosessuale è legale solo dal 1994 e che nel 2004 il matrimonio tra persone dello stesso sesso era proibito. Proprio durante il 2004, l’allora Primo ministro in carica – il conservatore John Howard – applicò delle modifiche all’Australian marriage act del 1961, reo di contenere una definizione troppo generica di matrimonio. Il risultato fu che venne specificato che quest’ultimo fosse testualmente «l’unione di un uomo e una donna con l’esclusione di tutti gli altri».
Tenendo conto di questi discutibilissimi precedenti, oggi l’Australia può essere fiera della prova fornita che mostra un alto grado di rispetto, rottura con schemi obsoleti del passato, segno di indiscutibile civiltà, giustizia sociale.
Comprensibile dunque l’entusiasmo da parte della comunità Lgbt insulare che in questo modo vede legittimarsi tutti i diritti fino a ieri appannaggio solo della popolazione eterosessuale, incluse le nozze gay.
Malcom Turnbull ha così commentato i risultati del referendum: «I cittadini australiani hanno votato sì alla giustizia, sì all’impegno, sì all’amore. E ora spetta a noi portare avanti questa causa».