Questa settimana non possiamo non dedicare qualche parola di commento all’approvazione della legge sui minori non accompagnati di cui abbiamo dato notizia lo scorso 30 marzo (leggi l’articolo).
Una legge attesa da tempo e sollecitata dalle grandi organizzazioni umanitarie dedicate all’infanzia – prime fra tutte Save the Children e Unicef – che, se applicata (la prudenza non è mai troppa), consentirĂ ai minorenni migranti che arrivano in Italia senza una famiglia di non essere piĂą respinti, godendo quindi degli stessi diritti dei loro coetanei dell’Ue. E parliamo di un esercito di bambini che solo nel 2016 ha raggiunto le 25.000 unitĂ . Bambini che scappano dall’inferno, quando fanno in tempo. Appena ieri, infatti, abbiamo assistito all’ennesima strage di innocenti dall’altra parte del “Nostro Mare”.
Si tratta, quindi, senza dubbio, di una grande dimostrazione di solidarietà , umanità e responsabilità da parte del nostro Paese, che sul tema peraltro fa da apripista in Europa, che non può che renderci tutti orgogliosi.
«L’Italia può dirsi orgogliosa di essere il primo Paese in Europa a dotarsi di un sistema organico che considera i bambini prima di tutto bambini, a prescindere dal loro status di migranti o rifugiati», ha commentato giustamente Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.
Ma è a partire da questa frase – a nostro avviso sacrosanta, a scanso di equivoci – che ci sentiamo di fare una riflessione ulteriore. I bambini sono bambini, è vero, e devono essere tutelati in quanto tali. Ma forse è proprio per questo che la legge ci mette tutti d’accordo. E’ facile commuoversi davanti a grandi occhioni spauriti ed è naturale sentirci tutti genitori di fronte a piccoli orfani in cerca di un luogo sicuro in cui crescere. Se il migrante ha 17 anni ci intenerisce, ma un anno dopo siamo già pronti a chiudergli in faccia le porte.
E allora questo interesse non rischia di essere solo di facciata? Non siamo davanti a un’attenzione falsata dal sentimentalismo?
Diciamocelo francamente, siamo un popolo di uterini che si lascia prendere dalle emozioni, che mette la maternitĂ e i bambini al primo posto (giustissimo!) ma che nei fatti ha ancora molto da imparare, basta guardare ai Paesi del Nord. Pensiamo agli asili, alle politiche sociali, alla difficile condizione di essere madre e lavoratrice nella nostra nazione.
Continuiamo pure a farci guidare dal cuore – che abbiamo dimostrato in più occasioni di avere grandissimo -, allora, ma non dimentichiamo di usare anche il cervello e di trasformare i buoni sentimenti in azioni concrete che possano migliorare il nostro Paese e renderlo un posto sempre più accogliente per i bambini italiani e per quelli stranieri che per noi saranno sempre i benvenuti. Il rischio, in caso contrario, è di essere ipocriti e contraddittori.
Il direttore
Foto di copertina: Freccia.