Sono centinaia i giovani, e meno giovani, italiani discriminati per il loro orientamento sessuale. Si va dal “classico” insulto a forme di violenza decisamente peggiori, che in qualche caso hanno determinato anche la morte delle vittime. E a rendere più drammatico questo scenario c’è il fatto che spesso questi abusi avvengono proprio tra le mura domestiche dove l’ignoranza e la chiusura mentale rischiano di rovinare per sempre la serenità di un essere umano.
E’ in ragione di ciò che è nata in questi giorni a Roma la prima casa protetta in Italia per le persone omosessuali, bisex e trans vittime di violenza anche familiare e discriminazioni. Si chiama Refuge Lgbt ed è un progetto di Croce Rossa di Roma e Gay Center, sostenuto dalla Regione Lazio, dalla Città metropolitana di Roma e dalla Chiesa Valdese (che con i fondi dell’8 per mille ha sovvenzionato la struttura). La struttura, che si avvale della collaborazione di Gay.it come media partner, ha aperto i battenti il 13 luglio alla presenza del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, del portavoce del Gay Center Fabrizio Marrazzo e del dirigente della Croce Rossa Flavio Ronzi.
Ed è proprio quest’ultimo a evidenzia come l’idea di aprire questo rifugio per le persone vittime di discriminazioni sessuali sia arrivata dopo i numerosi casi di suicidi di giovanissimi omosessuali vittime di violenze verbali e fisiche che non hanno retto il peso della loro “diversità”.
Il Refuge, basato sul modello attivo in Francia, dove sono già 40 le strutture attive per un totale di circa 2000 ospiti l’anno, può accogliere a un indirizzo riservato 8 persone (12 in casi di emergenza) in difficoltà che hanno chiesto aiuto alla Gay Help Line (800-713713) o alla Croce Rossa.
I primi ospiti dovrebbero arrivare dopo l’estate e saranno supportati, sotto il punto di vista psicologico, legale, scolastico o professionale, da volontari e operatori che si alterneranno nella struttura per garantire un servizio h24. Nel rifugio si può rimanere o pochi giorni – se si riesce a ricollocare il giovane presso familiari – o un tempo tra i 6 e i 12 mesi: in questo caso viene trovato all’ospite un lavoro per ottenere un reddito.
«Questa casa per noi è un rifugio», ha detto Ronzi, «perché su Roma c’è una forte vulnerabilità, persone che si ritrovano in strada a causa delle violenze domestiche, o, come è successo, si tolgono la vita».
«Qui diamo ai giovani una possibilità di vita», ha aggiunto Marrazzo. «Io ho vissuto una situazione simile, a 18 anni non sono più potuto tornare a casa. Io ce l’ho fatta ma miei coetanei no, e ora non sono qui. Anche se sei maggiorenne, a 18 anni puoi finire a vivere sotto i ponti. Qui si può aiutare tanta gente».