11 febbraio 1990 – Si tratta di una giornata storica per il Sudafrica e per tutto il mondo: Nelson Mandela è un uomo libero, dopo le persecuzioni del regime razzista dell’apartheid che lo aveva condannato all’ergastolo con l’accusa di sabotaggio e cospirazione contro il partito.
La scarcerazione del leader indiscusso della lotta all’apartheid – ordinata dal presidente sudafricano F.W. de Klerk – segna anche il ritorno alla legalità, dopo una delle più vergognose vicende di discriminazione razziale che la storia ricordi.
La detenzione di Nelson Mandela ha coinciso con la crescita del suo carisma di leader della lotta contro i sistemi totalitari in Sudafrica e nel mondo. Grazie al sistematico rifiuto dei compromessi, alla decisione di non rinunciare alla lotta armata, diventa un prigioniero scomodo e “rumoroso”. Il grido “Nelson Mandela Libero” si diffonde dalle campagne del Sudafrica e si espande al mondo intero. Infatti, pur trascorrendo in carcere gran parte degli anni dell’attivismo antisegregazionista, il leader della lotta per i diritti umani non tace mai e quando lo fa il suo silenzio è persino eloquente. Di fatto mette in atto una resistenza lunga 27 anni, sostenuta da ideali di giustizia e legalità, si impegna nella stesura di scritti politici attraverso cui parla al mondo di libertà e uguaglianza.
Durante il giorno della sua liberazione, una folla festante lo accoglie, la stessa che quattro anni dopo lo vorrà alla guida del Paese.