Non solo Venezia: alla scoperta del Veneto “minore”

Tutti, bene o male, conosciamo Venezia. L’abbiamo visitata e ne siamo stati “conquistati”. Probabilmente, da turisti, abbiamo visitato i luoghi simbolo della Serenissima, quelli che sono nell’immaginario collettivo: Piazza San Marco, la Basilica, Palazzo Ducale, il Canal Grande, il Ponte di Rialto, il Ponte dei Sospiri; forse le Gallerie dell’Accademia e il Museo Peggy Guggenheim, la Basilica dei Frari e la Scuola Grande di San Rocco.

Con ogni probabilità siamo stati anche a Verona, la romantica città di Giulietta e Romeo con la sua meravigliosa Arena, che ha ospitato tanto battaglie tra gladiatori, quanto ogni tipo di moderni concerti. Abbiamo visitato la Chiesa di San Zeno Maggiore, Piazza delle Erbe, Piazza dei Signori e le Arche scaligere, il Ponte di Pietra, Piazza Bra.

Se siamo stati fortunati il nostro tour veneto avrà fatto una breve tappa anche a Padova per ammirare la Cappella degli Scrovegni di Giotto, la Basilica di Sant’Antonio, la Chiesa degli Eremitani. Chissà forse anche Piazza delle Erbe e Piazza della Frutta, il Palazzo della Ragione e Prato della Valle, il Duomo e il Battistero, Palazzo del Bo e il Gabinetto anatomico.

E così, turisti frettolosi, riteniamo di aver visitato il Veneto. Niente di male, va bene così. Ma dobbiamo essere consapevoli che queste tre città nascondono una quantità infinita di capolavori e potremmo aggirarci per le loro vie intere settimane senza mai annoiarci. E soprattutto dobbiamo sapere che il Veneto riserva mille sorprese per chi voglia dedicarsi alla sua scoperta.

Per questo suggeriamo di trascorrere qualche giorno nel Veneto “minore”. Aggettivo quanto mai inappropriato. Tra Treviso e Vicenza, qualche gioiello fuori dai circuiti più battuti.

Intanto si potrebbe cercare ospitalità in una “barchessa”. Di cosa si tratta? Le barchesse sono edifici rurali a servizio delle grandi ville padronali. In genere strutture porticate con alte arcate a tutto sesto, destinate a cucine, abitazioni dei contadini, stalle, rimesse per arnesi agricoli, magazzini. Oggi, perduta la loro funzione originaria, in qualche caso sono state ristrutturate e adibite a ospitalità extralberghiera. Dimorare qualche giorno in una barchessa vuol dire vivere in un altro tempo, nella riservatezza e in una quiete inusuale, a contatto con la campagna e con la storia.

Poi visitare qualche villa veneta. Non è un’impresa semplice, soprattutto nella stagione invernale. Diverse sono chiuse, qualcuna ha aperture “improbabili”, pochissime sono visitabili in ogni momento. Ma la spettacolo ripaga di ogni sforzo. Ne suggeriamo solo due: Villa Emo a Fanzolo di Vedelago e Villa Barbaro a Masèr, entrambe dichiarate dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità.

Villa Emo è una classica villa palladiana, costruita probabilmente a partire dal 1558, per la famiglia Emo di Venezia. Come in altri progetti di Andrea Palladio l’area padronale si colloca tra due lunghe barchesse colonnate che ospitavano le strutture per le attività agricole. Essenzialità, rigore e funzionalità i tratti distintivi dell’opera architettonica, in piena armonia con il contesto rurale. Gli interni sono decorati con gli affreschi di Giovanni Battista Zelotti che alternano immagini ispirate alle Metamorfosi di Ovidio, soggetti cristiani ed episodi tratti dalla storia romana.

Ancora più affascinante Villa Barbaro, anch’essa costruita da Palladio tra il 1554 e il 1560 per l’umanista Daniele Barbaro e per suo fratello Marcantonio Barbaro, ambasciatore della Repubblica di Venezia. Dalle dimensioni più ridotte, a ridosso delle colline, ha magnifiche proporzioni tra le sue parti e decorazioni di grande eleganza. Stupisce, inoltre, lo splendore delle sei sale affrescate da Paolo Veronese.

Dalle ville palladiane a Castelfranco Veneto il trasferimento è breve. Cittadina di poco più di trentamila abitanti si presenta con la sua imponente cinta muraria di forma quadrata e, ai due estremi, porta di Treviso e Porta di Cittadella. È la città di Giorgio Zorzi, detto il Giorgione, uno dei più importanti pittori del Rinascimento italiano. Da segnalare, tra l’altro, il Castello con la torre quadrangolare, il Duomo e le sue numerose pregevoli pitture, il Teatro Accademico con l’originale facciata in cotto.

Procedendo verso Vicenza si incontra Cittadella, città di origini romane o longobarde che tuttavia definisce la sua struttura urbana nel XIII secolo. Colpisce soprattutto la straordinaria cinta muraria, di forma ellittica, lunga circa un chilometro e mezzo. È alta 12 metri, punteggiata da torri e torresini, ha 4 porte denominate sulla base del loro orientamento (Porta Treviso, Porta Padova, Porta Vicenza e Porta Bassano).

Deviazione in direzione nord per Bassano del Grappa. Città ricchissima di storia e testimonianze. Solo tre segnalazioni. In primo luogo il Tempio ossario o Tempio votivo dei caduti. Si tratta di una chiesa monumentale originariamente concepita come nuovo duomo della città e, successivamente, sulla base di un accordo tra le autorità ecclesiastiche e il Ministero della Difesa, utilizzata come sacrario militare (1934). Vi sono raccolte le spoglie di circa 6000 soldati morti nella prima guerra mondiale. Nessun particolare pregio architettonico, nessuna opera d’arte conservata ma la grandiosità degli spazi e la memoria di un massacro di cui celebriamo i primi cent’anni non possono lasciare indifferenti. La seconda segnalazione riguarda la struttura urbana della città e, in particolare, il tratto di centro storico che collega Piazza Garibaldi con Piazza della Libertà e Piazza Monte Vecchio. Ciascuno potrà soffermarsi ad ammirare torri, palazzi e chiese che si affacciano su questo asse urbano, ma ciò che più colpisce è l’unitarietà e, al contempo, la ricchezza e la varietà di questo brano urbano che degrada verso il Fiume Brenta.  Il Ponte Vecchio rappresenta la terza imperdibile tappa. Realizzato per la prima volta nel XII secolo è stato più volte distrutto da piene e guerre e quasi sempre ricostruito in legno. La struttura attuale ricalca il progetto di Andra Palladio del 1569. Splendido il panorama sulle due sponde del Brenta e sull’edificazione storica che vi si affaccia.

Da Bassano è agevole raggiungere ad ovest Marostica e ad est Asolo.

Marostica è un antico borgo fortificato che dalla pianura si attesta sulla prima collina. Caratteristica la sua cinta muraria ai cui estremi si collocano il Castello superiore e il Castello inferiore. Su quest’ultimo si apre Piazza Castello, sul cui selciato è disegnata la famosissima scacchiera: ogni due anni (anni pari), nel secondo fine settimana di settembre, si gioca una partita a scacchi con personaggi viventi. In posizione intermedia tra i Castelli le chiese del Carmine e di Sant’Antonio Abate.

Asolo è cittadina di antichissime origini che si presenta con una struttura urbana medievale dominata da un’imponente Rocca. Numerose le testimonianze di pregio: Piazza Brugnoli, Piazza Maggiore, il Duomo, il Castello della Regina, la Casa Longobarda. Né si può dimenticare che tra 800 e 900 Asolo ha richiamato numerosi intellettuali e artisti che vi hanno soggiornato e ne hanno scritto, da Carducci a Eugene Benson, da Henry James a Ernst Hemingway, da Gabriele d’Annunzio a Eleonora Duse. La Duse ha tanto amato Asolo da voler essere sepolta nel suo piccolo cimitero.

Ultima tappa a Possagno, luogo di nascita e di sepoltura del grande scultore Antonio Canova (1757-1822), per ammirare Museo e Gipsoteca a lui dedicati.

Due parole sul cibo. Non è necessario sforzarsi alla ricerca di ristoranti accreditati. Ci si può affidare al passaparola e mangiare piatti di ottima qualità. Che ne dite di polpettine di zucca e radicchio, polpettine di melanzane, ravioli al radicchio e ricotta, garganelli al pesto di pomodori secchi e ricotta, tortelli ai funghi in salsa di noci, zuppa di trippa, polenta e baccalà, brasato, arrosto con salsiccia e radicchio, polenta formaggio e funghi?

Questo è solo un piccolo esempio di quanto il Veneto possa offrire ai visitatori che abbandonano i grandi circuiti turistici e si avventurano alla scoperta di un territorio ricco di straordinarie sorprese.

 

Published by
Valerio Roberto Cavallucci