La quantità di materie prime estratte dalla nostra Terra è triplicata nel giro di 40 anni, passando da 22 miliardi di tonnellate nel 1970 a 70 miliardi di tonnellate nel 2010. A lanciare l’allarme è il rapporto “Global material flows and resource productivity” dell’International Resource Panel (IRP), un gruppo di 34 scienziati di fama mondiale di 30 diversi Paesi istituito nel 2007 dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). Secondo lo studio se i consumi continueranno ad aumentare il prelevamento di risorse naturali triplicherà entro il 2050 intensificando i cambiamenti climatici, l’inquinamento, l’erosione del suolo e dei bacini d’acqua.
Dal rapporto si legge che tale accelerazione si è iniziata ad avere dal duemila quando lo sviluppo industriale e urbano delle economie emergenti come Cina, India e Paesi del sud est asiatico ha richiesto una quantità smisurata di ferro, acciaio, cemento, energia e materiali per le costruzioni.
Andando nello specifico i Paesi più ricchi consumano risorse in media 10 volte più dei Paesi più poveri e il doppio della media mondiale e a tale ritmo nel 2050 ci vorranno 180 miliardi di tonnellate di materiale quotidianamente per rispondere alla domanda dei 9 miliardi di abitanti che popoleranno il nostro Pianeta.
Come ha spiegato la co-presidente dell’IRP, Alicia Bárcena Ibarra: «Il ritmo allarmante al quale i materiali vengono estratti ha già ora un grave impatto sulla salute umana e sulla qualità della vita dei popoli. Questo dimostra che i modi di produzione e di consumo attuali non sono sostenibili».
Per fronteggiare tale catastrofica prospettiva il gruppo di scienziati suggerisce varie misure tra cui quella di disaccoppiare l’utilizzo avanzante delle materie prime dalla crescita economica; investire in ricerca e sviluppo, adottare una migliore politica pubblica e finanziamenti mirati.