Qual è il grado di fiducia provato dalle realtà del Terzo settore nei confronti degli istituti bancari? E’ questa la domanda al centro dell’ultima indagine svolta dall’Osservatorio nazionale sulla finanza e il Terzo settore istituito da Ubi Banca nel 2012 e che si avvale del contributo scientifico di AICCON – Associazione Italiana per la promozione della Cultura e della Cooperazione e del Non profit. L’osservatorio, che rappresenta uno strumento per l’elaborazione e la diffusione di dati relativi al fabbisogno finanziario del non profit in Italia, nel corso di questi 5 anni ha affrontato vari aspetti legati al complesso mondo del Terzo settore. Nella prima edizione, infatti, si è indagato sui fabbisogni finanziari della cooperazione sociale; nella seconda e terza edizione, oltre a presentare i dati più aggiornati sulla cooperazione sociale, il perimetro dell’analisi è stato esteso al mondo dell’associazionismo e delle fondazioni non bancarie; la quarta edizione ha ampliato il raggio di azione dell’Osservatorio alle imprese sociali Srl. Infine l’attuale edizione, presentata nei giorni scorsi, si concentra sui fabbisogni finanziari e le prospettive evolutive dell’imprenditorialità sociale italiana. In particolare, l’indagine è volta a esplorare le previsioni di entrate per il 2016, i rapporti con le banche e le prospettive future delle cooperative sociali e, per la prima volta, delle imprese sociali di “seconda generazione” (ossia promosse dalla cooperazione sociale) caratterizzate da un alto livello di imprenditorialità e innovazione, definite ibridi organizzativi.
Schematicamente i principali risultati emersi dalla quinta edizione dell'”Indagine sui fabbisogni finanziari dell’imprenditorialità sociale in Italia” sono così riassunti da Ubi Banca.
Cooperative sociali:
Ibridi Organizzativi:
Per approfondire maggiormente l’analisi dell’Osservatorio di Ubi Banca, riportiamo di seguito le conclusioni tratte dal documento integrale consultabile cliccando qui.
La V edizione dell’Osservatorio UBI Banca su «Finanza e Terzo settore» restituisce una fotografia della cooperazione sociale italiana che prevede, da un lato, una maggiore stabilità per il 2016 nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (con particolare riferimento alla cooperazione di tipo A operante nei settori socio-sanitari ed educativi) e, dall’altro, un aumento delle previsioni di crescita dei rapporti con il mercato (specialmente per ciò che riguarda la cooperazione di inserimento lavorativo attiva nel settore ambientale). Nel rapporto con gli istituti di credito, i dati dell’Osservatorio fanno registrare una diminuzione del numero medio di banche con cui le cooperative sociali intrattengono rapporti; ciò è particolarmente vero per le cooperative di tipo B, mentre le realtà più strutturate (consorzi) e longeve sono quelle con maggiori rapporti pluribancari. Cresce sempre più la percezione della cooperazione sociale, soprattutto tra i consorzi, dell’attenzione da parte degli istituti di credito alla personalizzazione dei metodi di valutazione creditizia nei propri confronti: per tale ragione, oltre la metà dei rispondenti si dichiara soddisfatto dei servizi bancari fruiti attraverso le proprie banche di riferimento. Ciononostante calano le percentuali di utilizzo degli strumenti messi a disposizione dalle banche (ad eccezione dell’anticipo crediti/contributi della P.A.), soprattutto per la gestione della liquidità/patrimoniale, l’anticipo del 5X1000, le Ri.Ba. e le fidejussioni per anticipo contributi, ma anche le richieste di finanziamenti finalizzati ad investimenti, il cui utilizzo rimane comunque più consistente da parte dei consorzi. La domanda più elevata di finanziamenti per investimenti da parte dei consorzi è positivamente correlata all’evidenza emergente in termini di concessione dei finanziamenti che è maggiore nei confronti delle realtà più strutturate (tra cui i consorzi). La principale motivazione per chi non ha ottenuto la totalità dell’importo del finanziamento richiesto è legata alle elevate cifre richieste; la percentuale relativa a tale motivazione è comunque in calo rispetto all’edizione precedente dell’Osservatorio e lascia spazio al tema dell’insufficienza del cash flow, soprattutto per le realtà con tra gli 11 e i 20 anni di attività alle spalle. Rilevante è poi il dato relativo all’impiego dei finanziamenti ottenuti, che evidenzia come gli importi siano principalmente serviti per far fronte a necessità legati alla gestione corrente (e quindi una prospettiva temporale di breve periodo) piuttosto che a ragioni legate allo sviluppo imprenditoriale attraverso l’impiego per investimenti. Tra chi ha impiegato in tal modo gli importi accordati dagli istituti di credito, risultano prevalenti le cooperative di tipo A, operanti in ambito educativo e socio-sanitario, contrariamente a quanto era stato fatto rilevare nella precedente edizione dell’Osservatorio. In prospettiva, la cooperazione sociale analizzata nella V ed. dell’Osservatorio prevede un aumento per il 2016 degli investimenti da effettuare, tuttavia senza far ricorso in via principale agli istituti creditizi (in calo infatti anche le previsioni di indebitamento con le banche) quanto piuttosto ad autofinanziamento – in particolar modo i consorzi.
La seconda parte della V edizione dell’Osservatorio ha analizzato le evidenze relative agli ibridi organizzativi, mostrando come tale gruppo eterogeneo di soggetti (per forma giuridica e ambiti di attività) presenti al suo interno delle chiare e specifiche tendenze e peculiarità che li differenziano dalle cooperative sociali. Gli ibridi organizzativi evidenziano previsioni di crescita per il 2016 delle entrate, sia dal rapporto con la Pubblica Amministrazione che da vendita di beni e servizi sul mercato, più ottimistiche rispetto a quelle delle cooperative sociali. Da un lato, infatti, oltre 2 su 5 ibridi prevedono una crescita delle entrate provenienti dal rapporto con la Pubblica Amministrazione (soprattutto tra le realtà attive nel settore della «Rigenerazione urbana» e nei «Servizi socio-sanitari»), dall’altro, ben 9 su 10 realtà – escluse quelle operanti nel settore delle «Energie rinnovabili» – che prevedono una crescita delle entrate derivanti dalla vendita di beni e servizi sul mercato. Rispetto agli istituti di credito, gli ibridi organizzativi intrattengono una pluralità di relazioni bancarie dalle quali non ritengono di ottenere una significativa personalizzazione, scenario opposto rispetto a quanto rilevato per le cooperative sociali. Le realtà che più percepiscono la personalizzazione delle modalità di valutazione del merito creditizio sono quelle operanti nel settore della «Rigenerazione urbana»: le stesse sono tra i soggetti che maggiormente si ritengono soddisfatti dell’attuale offerta di servizi da parte degli istituti di credito. Oltre 7 soggetti su 10 sono interessati allo sviluppo di nuovi servizi bancari, dato che conferma il più basso livello di soddisfazione degli ibridi organizzativi rispetto all’attuale offerta di servizi da parte delle banche con cui sono in rapporto. Molto elevate (soprattutto nel confronto con i dati della cooperazione sociale) le percentuali relative alle richieste di finanziamento di cui quelli per investimenti sono state avanzate soprattutto dalle realtà operanti nei settori dell’«Abitare sociale» e «Sanità/Servizi socio-sanitari» e in fase di espansione. Altrettanto elevata (9 su 10) la percentuale di ibridi organizzativi cui è stato accordato la totalità dell’ammontare richiesto. Tali finanziamenti sono stati impiegati principalmente per investimenti a medio-lungo termine, soprattutto da parte di realtà in espansione, che riguardano innovazioni di prodotto/servizio quasi 7 volte su 10. La propensione all’investimento da parte degli ibridi organizzativi viene confermata anche per il 2016: 9 su 10, infatti, dichiarano che intendono investire da qui a fine anno e per farlo la metà farà ricorso al canale bancario (soprattutto realtà dei settori «Energie rinnovabili» e «Agricoltura/verde»). I principali ambiti di investimento saranno le risorse umane (in particolare per le realtà operanti nell’ambito dell’«Agricoltura/verde»), l’aumento del numero di beneficiari (soprattutto per i soggetti dell’«Abitare sociale» e della «Rigenerazione urbana», per definizione «vocati» alla dimensione comunitaria delle proprie attività) e della gamma di servizi offerti (principalmente per gli ibridi organizzativi attivi nel settore «Sanità/Servizi socio-sanitari», dove la diversificazione dell’offerta è oggi quanto mai fondamentale per far fronte ad una domanda in continuo aumento e sempre più complessa). Per il triennio futuro, 4 su 10 degli ibridi organizzativi oggetto di analisi ritengono che l’indebitamento con le banche tenderà a diminuire: ciò è vero in particolar modo per i soggetti operanti nel settore «Rigenerazione urbana», realtà che più di tutte in termini di importo hanno investito inizialmente nella propria attività (sopra il milione di euro). Dall’altra parte 3 realtà su 10 ritengono che invece i livelli di indebitamento con le banche aumenteranno da qui al 2018, soprattutto i soggetti dell’«Agricoltura/verde», che sono peraltro gli stessi a prevedere un forte ricorso al canale bancario nel 2016 per sostenere i propri investimenti e il cui capitale sociale è composto solo in misura minoritaria da risorse provenienti da fonti non profit. Quest’ultima fonte di capitale caratterizza, invece, la maggior parte dei soggetti attivi nei campi dell’«Abitare sociale» e della «Rigenerazione urbana».