Comprare prodotti di qualità a chilometro zero, rispettando l’ambiente e incentivando l’economia locale e l’agricoltura sostenibile. Il tutto divertendosi e facendo nuove amicizie.
Questo e molto altro è “L’alveare che dice sì“, un’originale iniziativa nata 4 anni fa in Francia e che da qualche mese è approdata anche nel Belpaese. Per conoscere meglio il progetto abbiamo intervistato Paola Tamma, coordinatrice per l’area Centro Sud e Isole.
Riportiamo di seguito il testo dell’intervista-video.
Che cos’è l’alveare che dice sì?
L’alveare che dice sì è una piattaforma che vuole attuare la rivoluzione alimentare. In che modo? Rendendo accessibile a tutti la filiera corta. Quindi un privato, un’associazione, un gruppo di amici può aprire un alveare che non significa altro che contattare una serie di produttori locali, far parlare di sé e quindi acquisire una comunità disposta ad acquistare prodotti a chilometro zero. E poi la spesa si fa online sulla nostra piattaforma e la vieni a ritirare comodamente durante una specie di mercato effimero in cui incontri i produttori e quindi ti rieduchi anche a un’alimentazione sana, che sostiene l’economia locale e l’agricoltura sostenibile.
Quando è nato questo progetto?
E’ nato in Francia 4 anni fa e lo stiamo portando avanti in Italia da ottobre 2015.
Attualmente quante sono le persone in Italia che hanno già aderito a questa iniziativa?
Abbiamo più di 2000 membri iscritti alla piattaforma, una quarantina di alveari in tutto il territorio, da Trento a Napoli, o aperti o in costruzione, e circa 300 produttori che si stanno ingaggiando nel progetto.
Cosa deve fare una persona per partecipare?
Una persona può iscriversi alla piattaforma. Non c’è nessun costo di entrata né per l’utente finale, quindi l’acquirente, né per il produttore né per il gestore, che non è altro che la figura chiave che tiene un po’ le fila dell’assemblea o dell’alveare locale. Si iscrive online, semplicemente compila un breve questionario e si iscrive a un alveare. Può poi proporre i suoi prodotti, oppure proporre di aprire un alveare oppure semplicemente farci la spesa.
Qual è il beneficio che ne trae?
La persona in sé che fa la spesa avrà una selezione di prodotti di una qualità altissima che vengono da un raggio medio di 43 chilometri. Quindi c’è un beneficio sia per lui che per l’ambiente perché ovviamente si riducono i trasporti, gli imballaggi. Tutto ciò che viene speso sull’alveare rimane sul territorio quindi è un moltiplicatore di economia locale. Inoltre ritrova il piacere di fare la spesa, quindi offrendo veramente un’alternativa alla classica distribuzione, all’andare al supermercato dopo il lavoro, che non si ha voglia. Invece in realtà vai a trovare una comunità di persone che la pensano come te, che hanno a cuore le stesse cause e che si ritrovano una volta a settimana per fare la spesa sociale.
Quindi voi attualmente siete alla ricerca di nuove persone che vogliano aderire a questa iniziativa?
Esatto. Il nostro appello oggi e nei prossimi mesi è “aprite un alveare”. Chiunque può farlo, è molto semplice. C’è ovviamente dietro una piattaforma con 4 anni di esperienza e un team organizzativo di cui faccio parte, pronto ad accompagnarvi in ogni passo. E’ un’iniziativa molto utile per il territorio, per l’ambiente e per voi stessi perché acquistate innumerevoli capacità. E potete anche guadagnare l’8% del fatturato del vostro alveare, che riteniamo sia un rimborso spese per il tempo che ci investite.
Qual è, infine, secondo lei, il fattore più importante per il raggiungimento della felicità pubblica?
Come l’alveare che dice sì vede la felicità pubblica? Per noi sarebbe offrire una vera alternativa alla grande distribuzione, riapprocciarsi al cibo in maniera critica ma gioiosa. Quindi farlo in un modo che giovi a tutti, da chi lo produce a chi lo consuma, per l’ambiente, e di farlo in una maniera socievole che diventi anche divertente.