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Parco archeologico di Paestum: i fundraisers scrivono al ministro Franceschini

Una lettera aperta al ministro della cultura Dario Franceschini per accendere i riflettori su alcune perplessità emerse in merito al bando relativo all’affidamento dell’incarico di una campagna di fundraising relativamente al Parco Archeologico di Paestum (leggi il testo integrale del bando).

A scriverla sono Francesca Zagni, presidente EUConsult Italia National Chapter EUConsult, e Luciano Zanin, presidente Assif Associazione Italiana Fundraiser.

Di seguito riportiamo il testo integrale della missiva inviata al ministro Franceschini e, per conoscenza, ai sottosegretari Ilaria Borletti Buitoni e Antimo Cesaro.

«Con riferimento a quanto in oggetto, riteniamo doveroso segnalarLe come questo tipo di iniziative siano da contrastare, anzi, da evitare.  

Il bando offre 10.000 euro a chi, autonomamente dal Parco Archeologico di Paestum, dalla sua dirigenza e dal suo sistema di relazioni, sarà in grado di trovare donatori. A questo “procacciatore di fondi” verrà riconosciuta una percentuale sulle entrate nella misura del 7% fino ad un massimo di 70.000 euro. Nei 10.000 euro dovrà essere tutto compreso per dodici mesi: viaggi, lavoro dei consulenti, telefono, ecc. Tuttavia, per dare seguito al nuovo ed innovativo input da Lei dato ai direttori di Istituzioni culturali  affinché si attivino per fare fundraising, è necessario ben altro: fare investimenti strategici consistenti in formazione del personale dirigente ed operativo, ricerca, sensibilizzazione dei potenziali donatori, accompagnamento nella fase di start-up del fundraising, scambio di esperienze e molto altro, come avviene nelle migliori esperienze internazionali, specialmente in Europa. Tutte cose che sono agli antipodi della primitiva logica del “procacciatore di fondi” al centro sia del bando di Paestum e sia dello stesso innovativo approccio del Suo Ministero nel considerare lo sviluppo culturale in un’ottica di lungo periodo e con un impatto sistemico.

Ci preme inoltre segnalare che i fundraiser italiani, da anni, sul modello dei colleghi europei, regolano la loro attività professionale attenendosi a codici etici comportamentali e sarebbe un gravissimo errore ignorare il cammino fatto nel campo specifico.

Un bando così concepito è dannoso in quanto rischia di essere preso come riferimento per le future politiche di raccolta fondi di tutte le Istituzioni culturali. Oggi più che mai c’è bisogno di perseverare nella crescita culturale anche nel fundraising e il ritorno a modelli ormai superati, ne limita il potenziale e ingenera una prassi che, anche dal punto di vista etico, ne compromette i futuri sviluppi. Nello specifico, i donatori si aspettano che il 100% della donazione effettuata venga destinata al progetto o all’iniziativa proposta.

Il patrimonio culturale e artistico italiano, per il suo inestimabile valore al livello mondiale, merita investimenti strategici e duraturi come avviene nel mondo intero per tutte le grandi Istituzioni culturali che internalizzano la funzione di fundraising, dotandola non solo di uno staff adeguato ma anche di una cultura progettuale che si concretizza in una funzione di governance collocata al livello del CDA e della direzione generale. 

Siamo convinti che difficilmente i grandi donatori internazionali potranno comprendere la ragione per la quale in Italia non si investa in tal senso. 

Le chiediamo un incontro per poter approfondire le nostre ragioni, assicurandoLe che il mondo del fundraising è assolutamente disponibile a collaborare con il Ministero per definire le migliori linee di intervento atte a garantire un reale sviluppo della raccolta fondi per le istituzioni culturali».

 

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Redazione