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Pena di morte in Giappone: le organizzazioni denuciano esecuzioni segrete

Gli abolizionisti della pena di morte tornano a far sentire la propria voce nel mondo, soprattutto in Giappone dove avverrebbero – secondo organizzazioni umanitarie di una certa rilevanza come Amnesty International ma anche associazioni nipponiche – esecuzioni segrete. Fatto, questo, che viola gravemente ogni punto del diritto internazionale, con l’aggravante ulteriore secondo cui avvocati e familiari verrebbero informati solo a uccisione compiuta. Al coro delle organizzazioni umanitarie si aggiunge la voce delle Nazioni Unite che denuncia la violazione di un altro diritto importante: alla difesa non verrebbe dato modo di svolgere il proprio lavoro. E dato che al peggio non sembra esserci mai fine, le organizzazioni denunciano anche torture orrende ai danni dei condannati, come il ricorso alla luce accesa 24 ore al giorno, l’obbligo di rimanere fermi sulla sedia e nella stessa posizione per tutta la giornata.

La Japan federation of bar associations – una federazione composta da 37.000 avvocati giapponesi e tanti funzionari legali – nello scorso mese di ottobre ha chiesto l’abolizione della pena di morte, sottolineando la connotazione umanamente inaccettabile della questione e aggiungendo due evidenze: la prima riguarda il fatto che l’esecuzione capitale rischia di uccidere un innocente, la seconda che la stessa non riduca affatto il numero dei crimini.

Ciò che colpisce maggiormente è che dei 35 Stati membri dell’Ocse – l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo – siano solo gli Stati Uniti e il Giappone, come detto, a non aver abolito la pena di morte. In merito agli U.S.A è importante ricordare come insieme alle elezioni presidenziali che hanno visto Donald Trump trionfare, si votasse anche per una serie di referendum tra i quali quello della pena capitale. Quello che è accaduto è grave: nello Stato della California è stata respinta l’abrogazione, in Oklahoma è stata ribadita e, addirittura, in Nebraska reintrodotta.

Amnesty International ha più volte fatto notare come nel corso del 2015 le condanne a morte siano aumentate, lasciando stare le Cina per la quale è impossibile fare stime veritiere.  È bene ricordare i Paesi in cui vige ancora la pena capitale, oltre ai già citati Stati Uniti, Giappone e Cina: Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Malesia, India, Vietnam, Thailandia, Taiwan, Corea del Nord, Indonesia.

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Redazione