“Noi italiani sembriamo delle carogne ma in realtà siamo buoni e lo dimostrano i numeri del volontariato”. Non ha usato mezzi termini Philippe Daverio, critico d’arte e scrittore, per riassumere con parole decisamente efficaci il cuore grande degli abitanti del Belpaese.
Attesissimo ospite della seconda giornata del Festival nazionale del Volontariato di Lucca, Daverio ha affrontato il tema dell’identità, delle comunità e del patrimonio culturale in maniera lucida e a tratti irriverente, perfettamente in linea con il suo stile.
Accolto con entusiasmo in una splendida e gremita sala del Palazzo Ducale, il critico ha aperto il suo intervento focalizzando dapprima l’attenzione sulla città toscana che in questi giorni ospita l’evento, per poi cogliere l’occasione di stigmatizzare le attuali norme urbanistiche che, a detta di Daverio “hanno assassinato il linguaggio architettonico italiano. Il nostro compito”, ha aggiunto, “è far ripartire l’immaginazione nel rispetto non della bellezza, che è un fattore troppo soggettivo, ma dell’armonia, rifacendoci a Pitagora”.
Il critico ha poi evidenziato come purtroppo in Italia non si tenga conto del concetto di “legacy”, caro invece agli americani, grazie al quale i cittadini sono consapevoli di aver ereditato dai propri antenati tutto il proprio patrimonio culturale e allo stesso tempo sono desiderosi di lasciarlo anche ai propri eredi.
Spazio poi al tema al centro della kermesse culturale, ossia quello del volontariato. “Il nostro Pil in Italia”, ha evidenziato Daverio, “avrebbe il 5% in più se considerassimo il volontariato. Se c’è una cosa certa, infatti, è che l’italiano partecipa. Può peccare magari di pigrizia, che non è un peccato, ma mai di accidia. In questo”, ha concluso il relatore, “bisogna ammettere che l’italiano è intollerabile per molte cose, ma assolutamente riscattabile, proprio perché partecipa. Anche se non sembra, infatti, noi siamo davvero buoni”.