Per quanto riguarda il dramma costituito dal terrorismo jihadista c’è chi dice che finora l’Italia è stata brava a prevenire catastrofi e c’è chi invece è del parere che si tratti di fortuna. Probabilmente, la verità sta da ambo le parti con l’aggiunta di un elemento che conduce a una riflessione, ossia su quanto convenga al Califfato Nero compiere stragi in un Paese che in questo momento può essere strategico per i suoi movimenti in tutta Europa.
Certamente però, il fatto che non si siano ancora consumati drammi non può e non deve costituire un motivo per l’immobilismo. Proprio per questa ragione, due giorni fa è stata approvata alla Camera quella che può essere definita la prima strategia italiana di prevenzione della radicalizzazione islamica. Un sistema contro il terrorismo adottato già in altri Paesi europei e in altri mediorientali nella consapevolezza che contrastare un fenomeno così capillare e diffuso solo sulla semplice repressione sia inefficace. Quindi, oltre al lavoro di monitoraggio e di intelligence, o arresti ed espulsioni, si cercherà ora di prevenire tutti quei fenomeni che possono portare alla radicalizzazione islamica di giovani ragazzi che per svariate ragioni potrebbero cadere nella trappola dell’Isis. Integrare è la parola d’ordine, attraverso una serie di iniziative che spronino i ragazzi e le ragazze musulmane cresciuti in Italia a non disinteressarsi di quanto avviene nel nostro Paese ma anzi a partecipare in modo attivo, in maniera tale da sottrarli ai richiami sinistri del Califfato Nero.
Si tratta di una legge che inizialmente era stata proposta dagli onorevoli Manciulli e Dambruoso e in seguito sottoposta a diverse modifiche nel corso dell’iter parlamentare. Una risposta finalmente culturale che possa competere con la propaganda jihadista, coinvolgendo il mondo delle scuole, tutta la società civile, le comunità musulmane, i criteri di accoglienza e un altro tipo di società, nient’affatto marginale ma centrale, come quella di internet.
Risulta piuttosto chiaro come si tratti di un principio per approdare, in seguito, a risultati soddisfacenti ma il disfattismo in questi casi sarebbe più che deleterio, soprattutto in relazione alla consapevolezza che il terrore si combatte con la cultura, con l’integrazione, con il rispetto, al di là del credo religioso.