La 24^ edizione del Premio del Volontariato Internazionale Focsiv 2017 (qui il sito) per quest’anno ha visto sul podio tre donne operative in due continenti, l’Europa e l’Africa.
Parliamo di Anna Dedola, project manager COPE Iringa – Tanzania, di Khadija Tihra, volontaria in Servizio Civile per Lvia Italia in Piemonte e infine di Alganesc Fessaha, presidente di Gandhi Charity che si è aggiudicata il premio Giovane Volontario Europeo.
Sono tre donne provenienti da vissuti e percorsi culturali completamente diversi fra loro ma con un comune denominatore che le avvicina come poche altre caratteristiche riescono a fare: la dedizione ai bisogni dei più deboli, degli inascoltati, la convinzione che solo costruendo dialogo sia possibile portare speranza, cultura e diritti fra i popoli dove la pace è lontana.
Gianfranco Cattai, presidente Focsiv, ha dichiarato: «La vittoria di tre donne al Premio del Volontariato Internazionale sottolinea, ai miei occhi e a tanti di noi che da anni sono impegnati nel volontariato in Italia ed all’estero, come questo, nella maggioranza dei casi, sia un impegno, quando vissuto soprattutto in prima persona, al femminile. Tre età della vita, Terre di origine lontane tra loro, culture diverse, ma un unico comun denominatore come scelta personale di un’intera esistenza: garantire e tutelare il diritto alla dignità di esseri umani per tutti. È questo il valore profondo del volontariato che si adopera per l’altro, che si impegna nella crescita dei Paesi di origine, che crede nei diritti umani, applicandoli ogni giorno in ciò che realizza. Sono i volontari le risorse preziose per la crescita culturale e sociale dei propri paesi, ma, soprattutto, sono portatori di un patrimonio di esperienze, valori e competenze capaci di generare un processo propositivo di inclusione ed integrazione nelle proprie comunità per il bene comune».
Anna Dedola ha scelto di donare il suo tempo e le sue risorse ad Iringa, una delle regioni più povere della Tanzania che ogni giorno è costretta a fare i conti con il dilagare del virus HIV. Qui la volontaria si è dedicata in maniera particolare ai bambini orfani del Centro Sisi Ni Kesho, battendosi per garantire loro la migliore vita possibile in attesa del sospirato ricongiungimento con le famiglie d’origine o lavorando per avviare le pratiche di adozione.
Khadija Tirha ha invece svolto il suo lavoro nella convinzione che solo attraverso integrazione e inclusione sociale sia possibile creare connessioni tra persone e ha tradotto questo concetto in azioni concrete proprio nel nostro Paese, puntando in modo particolare sulla necessità di una convivenza pacifica tra persone con credo e culture differenti.
Alganesc Fessaha ha posto al centro delle sue azioni il sostegno nei confronti dei profughi e dei rifugiati, sottraendone centinaia a una morte sicura. Ma non solo: ha voluto che quanta più gente possibile conoscesse da vicino il dramma rappresentato da folle terrorizzate in fuga dalle proprie Terre d’origine per cercare luoghi lontani dall’eco delle bombe. Un invito molto chiaro a identificarci con situazioni che in questo momento non stiamo vivendo in maniera diretta ma, trattandosi di pura e umana follia, nessuno può garantire che nel prossimo futuro non saremo noi stessi le vittime di tanti muri, barriere spinate, indifferenza e politiche dissennate.
Giusto ricordare che oltre alla vittoria delle tre donne del Premio del Volontariato Internazionale, sono state conferite anche menzioni speciali al sindaco di Catania, Enzo Bianco, per la solidarietà mostrata dai catanesi nei confronti della moltitudine di migranti giunti in città. Così come non va dimenticato l’impegno di John Mpaliza, “camminatore” di pace che ha cercato di richiamare l’attenzione sulla precaria situazione che vede protagonista la sua Terra d’origine, la Repubblica Democratica del Congo. E infine, Alessandro Nottegar, fondatore della Comunità Regina Pacis a Verona.