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Premio Sacharov a Nadia e Lamiya: da schiave sessuali a simboli della libertà di pensiero

Due ragazze forti e coraggiose che dopo aver conosciuto la ferocia umana sono riuscite a rialzare la testa e a diventare ambasciatrici della libertà di pensiero. Poco più che maggiorenni – 21 anni la prima e 18 la seconda – Nadia Murad Basee Taha e Lamiya Aji Bashar hanno vissuto la drammatica esperienza della schiavizzazione sessuale da parte dello Stato Islamico, ma una volta libere, nonostante gli indelebili segni nel corpo e nell’anima, hanno avuto la forza di diventare portavoce delle donne colpite da tali barbarie.

Per queste ragioni le due giovani donne sono state insignite, nei giorni scorsi, del Premio annuale Sacharov per la libertà di pensiero, istituito nel 1988 e promosso dal Parlamento europeo. Il premio viene assegnato a persone che abbiano contribuito in modo eccezionale alla lotta per i diritti umani in tutto il mondo e attira l’attenzione sulla violazione dei diritti umani oltre a sostenere i vincitori e la loro causa.

L’incubo di Nadia e Lamiya, appartenenti alla comunità yazidi in Iraq, è iniziato il 3 agosto del 2014 quando l’IS ha massacrato tutti gli uomini di Kocho, il loro villaggio natale, riducendo donne e bambini in schiavitù. Tutte le giovani donne, tra cui loro due e le loro sorelle sono state rapite, comprate e vendute diverse volte e sfruttate come schiave sessuali. Durante il massacro di Kocho, Nadia ha perso sei dei suoi fratelli e sua madre, che è stata uccisa assieme a ottanta altre donne anziane perché ritenute prive di alcun valore sessuale. Dramma simile quello vissuto da Lamiya, sfruttata come schiava sessuale insieme alle sue sei sorelle, venduta cinque volte tra i militanti e costretta a fabbricare bombe e corpetti per kamikaze a Mosul dopo che i militanti dell’IS avevano trucidato i suoi fratelli e suo padre.

Nel novembre 2014 Nadia è riuscita a fuggire con l’aiuto di una famiglia vicina che l’ha portata di nascosto al di fuori della zona controllata, permettendole di recarsi in un campo profughi nell’Iraq settentrionale e successivamente in Germania. Un anno dopo, nel dicembre 2015, Nadia ha preso la parola dinanzi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel corso della prima sessione in assoluto dedicata alla tratta di esseri umani, pronunciando un forte discorso sulla sua esperienza. Nel settembre 2016, è diventata la prima ambasciatrice di buona volontà dell’ONUDC (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine) per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani, partecipando alla promozione di iniziative di sostegno locali e globali per sensibilizzare sulla tragica situazione delle innumerevoli vittime della tratta di esseri umani. Nell’ottobre 2016 il Consiglio d’Europa le ha conferito il premio per i diritti umani Václav Havel.

Intanto Lamiya ha tentato più volte la fuga, prima di riuscirvi finalmente in aprile con l’aiuto della sua famiglia, che ha pagato dei trafficanti locali. Al momento di attraversare la frontiera curda, tentando di raggiungere il territorio controllato dal governo iracheno e inseguita dai militanti dell’IS, una mina terrestre è esplosa uccidendo due suoi conoscenti e lasciandola sfregiata e quasi cieca, ma viva. Così la giovane è stata trasferita in Germania per ricevere le necessarie cure mediche e ha potuto riabbracciare i suoi fratelli e le sue sorelle sopravvissuti.

Dalla sua guarigione, Lamiya ha iniziato un’attiva campagna per sensibilizzare la popolazione sulla tragica condizione della comunità yazidi e continua ad aiutare le donne e i bambini che sono vittime in particolare della schiavitù e delle atrocità dell’IS.

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Redazione