Poco prima di Natale un gruppo di 162 richiedenti asilo definiti “vulnerabili” è stato evacuato dalla Libia ed è arrivato in Italia. Per la prima volta, dunque, si apre un corridoio umanitario per i richiedenti asilo internati nei campi libici: l’Unhcr li ha radunati a Tripoli e da lì sono stati imbarcati su due aerei dell’Aereonautica militare italiana e fatti atterrare a Pratica di Mare, vicino Roma.
Queste 162 persone fanno parte di quei 1300 di cui avevamo parlato qui; sono di vari Paesi come Somalia, Eritrea, Yemen ed Etiopia e vengono definite “vulnerabili” perché sono perlopiù madri sole, minori non accompagnati o persone disabili. Infatti, secondo l’Unhcr tutti hanno bisogno di cure sanitarie e supporto psicologico: pertanto, al loro arrivo, sono stati sottoposti a controlli medici, hanno ricevuto abiti invernali e un pasto caldo. In un momento successivo sono stati smistati e trasferiti in diverse strutture di accoglienza del nostro Paese come Biella, in Piemonte, e altri tra Milano, Genova, Arezzo, Avellino e altre città ancora.
Ma come è stato possibile individuare queste prime 162 persone? Grazie anche alle pressioni del governo italiano (forse carico di sensi di colpa per l’accordo fatto con la Libia per bloccare le partenze via mare), negli ultimi mesi l’Unhcr e l’OIM (l’Agenzia ONU che si occupa di immigrazione) sono riusciti ad entrare in alcuni centri libici, spesso gestiti da guardie armate e in cui i diritti umani vengono sistematicamente violati, come già aveva denunciato Amnesty International che aveva accusato tutti i Paesi europei, e in particolare l’Italia, di essere inermi.
Naturalmente è stato possibile fare molto poco per migliorare le condizioni delle migliaia di persone che vi sono rinchiuse, anche se da mesi ormai l’Unhcr sta discutendo con le autorità libiche per costruire e gestire un centro per migranti a Tripoli, ma tutto rimane molto vago.
Purtroppo non sappiamo nemmeno se, dopo i primi 162 richiedenti asilo, il corridoio umanitario rimarrà aperto e se altri Paesi europei saranno disponibili all’accoglienza.