Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me. Scriveva così Kant nella “Critica della ragion pratica” e chissà cosa avrebbe pensato il filosofo tedesco riguardo il recentissimo studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Integrative Neuroscience che ci aiuta a capire meglio la natura della moralità umana.
La chiave per accedere nell’intricato meccanismo psichico che regola il settore dell’etica sarebbe riconducibile alle cellule nervose, note come neuroni a specchio, in grado di attivarsi quando si compie o si vede compiere un’azione. Secondo lo studio dell’Università della California (Ucla) diretto dal neurologo Marco Iacoboni, la risposta cerebrale di un soggetto che vede una persona provocare dolore consente di conoscere in anticipo quale scelta farà in futuro colui che guarda: se provocare o meno del male a qualcuno.
L’ipotesi di partenza era che le persone con una maggiore reazione naturale sarebbero state quelle meno inclini a provocare dolore agli altri. Misurando attraverso una risonanza magnetica l’attività cerebrale dei volontari sottopostisi all’esperimento è stato evidenziato come coloro che avevano un’attività più marcata nella corteccia frontale inferiore, la zona deputata alla sfera empatica, fossero meno indirizzati a causare dolore negli altri.
Tutto ciò dimostra come il rifiuto di una persona a provocare dolore fisico verso il prossimo sia dovuto non solo al disagio nel compiere di per sé l’azione, ma anche alla preoccupazione per la vittima. Le basi di deontologia etica avrebbero dunque sede nei neuroni a specchio: è vedere il dolore che fa decidere se fare o non fare del male al prossimo.