La settimana scorsa abbiamo parlato del Rapporto Cotec 2016 “Italia, CheFuturo! Gli italiani e la cultura dell’innovazione” soffermandoci sulle riflessioni del presidente del Censis, Giuseppe De Rita.
Oggi vorremmo provare a illustrare, in sintesi, i risultati dell’indagine che ha interessato un campione statistico di oltre 3.000 unità.
Qual è il “sentiment” collettivo nei confronti dell’innovazione? Qual è la “propensione del corpo sociale, nei suoi diversi segmenti, ad aderire agli schemi nuovi che vanno affermandosi nei diversi campi di azione” (De Rita)?
Abbiamo provato a rispondere a questi interrogativi utilizzando l’anteprima della ricerca che restituisce, in estrema sintesi, le opinioni degli italiani sui temi proposti dal questionario somministrato. Per esigenze “tecniche” ci siamo concessi alcune libertà nella rielaborazione di dati e risposte, per cui ci scusiamo in anticipo per eventuali errori o imprecisioni.
Innovatori si nasce o si diventa?
Chi sono gli innovatori? E’ possibile individuarne i tratti caratterizzanti? Gli italiani hanno opinioni nette e circostanziate: sotto il profilo individuale sottolineano soprattutto le doti caratteriali (la creatività, la curiosità, l’intuito, la disponibilità a rischiare, l’intelligenza superiore alla media, addirittura “l’attitudine alla disubbidienza”). Al contrario, le doti “acquisite”, sviluppate con l’impegno e il lavoro (l’istruzione universitaria, l’esperienza, finanche le conoscenze informatiche), passano in secondo piano, segnalate soprattutto da chi dispone di bassi livelli di istruzione. L’attitudine ad innovare viene dunque vista più come una dote innata che un’attitudine acquisita nel tempo con l’esperienza o per mezzo di altre forme di apprendimento. “Innovatori si nasce”, sembrerebbe, anche se poi servono i contesti favorevoli per poter applicare concretamente le doti degli innovatori in potenza.
Cosa significa innovazione?
Per il 49,1 degli intervistati l’introduzione di qualcosa (bene, servizio, processo, ecc.) che cambia decisamente le abitudini della gente.
Quali sono le caratteristiche dell’innovatore?
Creatività 38,4% – Intuito 31,0% – Grande curiosità 30,1%.
Quali sono i veri protagonisti dell’innovazione in Italia?
Per il 38,6% le piccole aziende attente ad innovare i loro processi produttivi (ad es. le startup innovative).
Chi sono i protagonisti dell’innovazione?
E chi sono invece i soggetti collettivi “protagonisti dell’innovazione” in Italia? Le opinioni convergono decisamente sulle piccole e medie imprese capaci di sperimentare e di adattare la propria attività al contesto in evoluzione (38,6%). Debole è il ruolo di stimolo che viene riconosciuto ai soggetti di governo (12,8%) ed agli investitori (14,5%). Significativo che una quota non secondaria di intervistati ritenga che in Italia l’innovazione si alimenti in modo casuale, senza il ricorso a precise intenzionalità o capacità progettuali (11,6%). Le cose cambiano raccogliendo le opinioni su quello che avviene nel mondo: importanti vengono ritenute le università e i centri di eccellenza (49,4%), un ruolo rilevante è assegnato anche alle grandi aziende (49,5%), ai venture capitalist che scommettono sulle nuove imprese (32,5%), e infine ai governi che creano condizioni favorevoli all’innovazione (36,2%).
Qual è il Paese all’avanguardia nella capacità di innovare?
Per l’80,0% degli intervistati gli Stati Uniti.
Nel confronto con altri 200 Paesi dove si colloca l’Italia?
Per il 30,7% degli intervistati tra i primi 10 paesi del mondo.
Solo benefici o anche nuovi problemi?
I giudizi sull’innovazione sono però contrastanti. Gli italiani che pensano che le innovazioni degli ultimi 20 anni abbiano apportato esclusivamente benefici sono pochi (14,2%). La gran parte delle opinioni (soprattutto quelle dei ceti medio-alti) si orientano su “molti benefici con qualche piccolo problema” (57,9%). I più critici (molto presenti tra i ceti sociali più bassi) ritengono che abbia apportato “alcuni benefici e alcuni problemi” (20,3%), o addirittura “più problemi che benefici” (7,3%). Naturalmente nei singoli ambiti di applicazione si rilevano importanti differenziazioni che testimoniano di una notevole attitudine, nel corpo sociale, a valutare caso per caso. Valga per tutti l’esempio delle scoperte nel campo dell’ingegneria genetica, valutate positivamente nelle loro concrete applicazioni in campo medico dall’87,2% degli italiani, ma negativamente quando riferite all’agricoltura e alla controversa questione degli OGM (40,3% di pareri positivi).
Negli ultimi 20 anni in Italia le innovazioni quali effetti hanno determinato?
Per il 57,9% degli intervistati molti benefici sia pure con qualche piccolo problema.
Quali sono le innovazioni che hanno portato più benefici che problemi?
Per l’87,2% degli intervistati l’innovazione in campo medico-farmaceutico.
Avete fiducia nella capacità dell’uomo di gestire l’innovazione?
Per il 53,1 la ricerca scientifica e le nuove scoperte, se avranno un loro mercato, troveranno il modo di affermarsi a prescindere da considerazioni di ordine etico o morale.
Per il 45,2% l’uomo riuscirà a dotarsi degli strumenti necessari per scegliere quali scoperte scientifiche trasformare in innovazioni reali e quali invece bloccare perché ritenute pericoloso o dannose.
L’innovazione riduce i divari o li amplifica?
Una quota maggioritaria di italiani (57,1%) ritiene che nel nostro Paese le innovazioni abbiano contribuito ad ampliare i divari sociali. Questo è certamente vero in tutte quelle circostanze nelle quali il godimento dei benefici apportati è fortemente condizionato dalla possibilità/capacità di accesso alle informazioni. Guardando alle tecnologie digitali, non è un mistero che il digital divide alimenti di fatto due mercati dei beni e dei servizi, uno tradizionale, con costi di accesso più elevati, ed uno innovativo con costi più contenuti ed opportunità maggiori. Un ragionamento analogo vale per il rapporto tra i processi innovativi e le opportunità di lavoro. Anche in questo caso una quota importante di italiani si mostra molto critica ritenendo che l’automazione sostituirà dosi addizionali di lavoro umano (39,8).
Le innovazioni riducono o amplificano i divari tra i ceti sociali?
Per il 41,4 tendenzialmente li riduce perché abbassa le soglie di accesso ad alcuni beni e servizi che prima erano alla portata di pochi.
Per il 57,1 tendenzialmente li amplifica, non tutti riescono a beneficiarne in egual misura.
Le innovazioni riducono o amplificano le opportunità di lavoro?
Per il 39,8 degli intervistati (opinione maggioritaria) le riducono, perché rendono sempre meno indispensabile l’attività dell’uomo che viene sostituita da processi di automazione spinta.
Quali sono le principali preoccupazioni personali e familiari per il futuro?
Per il 46,2% il lavoro, sempre più precario oppure legato alla necessità di emigrare all’estero.
Chi ha avuto vantaggi reali dall’innovazione?
D’altra parte, una pratica dell’innovazione che si traduca in maggiori opportunità collettive, in poteri meno accentrati, in una riduzione dei divari, è difficile da prendere in considerazione se si guarda a quanto avvenuto in passato. Le opinioni al riguardo sono nette: i lavoratori che hanno tratto vantaggi dalle innovazioni degli ultimi 20 anni sono individuati soprattutto tra gli imprenditori (che hanno visto aumentare i profitti) (38,5%) e tra i manager (che hanno ottenuto ingaggi migliori) (23,6%).
Chi ha avuto i maggiori vantaggi dall’innovazione negli ultimi 20 anni?
Per il 38,5% (opinione maggioritaria) gli imprenditori, che grazie alle innovazioni hanno aumentato i loro margini di profitto.
Cosa tra le tecnologie rende una vita migliore?
Per il 68,8% degli intervistati la possibilità di comunicare in tempo reale con amici, parenti, clienti, fornitori ecc.
Nella valutazione di nuovi prodotti di chi ci si fida di più?
Per il 50,9% delle valutazioni degli esperti appartenenti alla comunità scientifica.
Quali sono i beni e servi non usati per status sociale o età ma desiderati?
Per il 56,6% l’auto elettrica o ibrida e per il 33% i sistemi di domotica.
Tra le novità, a cosa si dimostra più curiosità o interesse?
Per il 59,9% a nuove soluzioni in campo energetico, mentre per il 55,6% notizie riguardanti nuove scoperte.
Tutti uniti sull’Agenda
Tutti gli obiettivi contenuti nell’Agenda Digitale Italiana trovano larga condivisione tra gli italiani che, nel 90% circa dei casi li ritengono “fondamentali” oppure “abbastanza importanti”. E’ chiaro che su questo tema si gioca gran parte della credibilità dell’azione di governo in relazione al supporto all’innovazione. Un supporto che, fino a questo momento, viene giudicato dai cittadini italiani largamente insufficiente e inferiore a quello garantito negli altri Paesi europei.
Nell’ambito dell’Agenda Digitale Italiana, quali sono i servizi eletti come fondamentali?
Per il 49,1% l’identità digitale del cittadino.