Contiamo tutti fino a 7. Entro l’arco di questi secondi una bambina nel modo con meno di 15 anni si sposa, e non per sua volontà. In occasione di ieri, che è stata la Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze, Save the Children ha diffuso il suo rapporto “Every Last Girl: Free to live, free to learn, free from harm”. Ma non solo: nel nostro Pianeta – emerge dal rapporto – più di un milione e mezzo di ragazze partoriscono prima di 15 anni e sono ben 70.000 le giovani donne in età compresa tra i 15 e i 19 anni che muoiono ogni anno per le conseguenze determinate dalla gravidanza e dal parto.
La situazione più drammatica riguarda il Niger che è il posto peggiore in cui nascere femmine, mentre le più fortunate sono le bambine dei Paesi scandinavi. L’Italia, solo per la cronaca, ha poco da lamentarsi perché in questa particolare classifica di Save the Children è situata al 10° posto, precedendo Spagna e Germania. Varcando i confini europei cominciano i problemi più importanti e il report dell’Organizzazione internazionale stende la sua classifica basandosi su 5 parametri precisi: matrimoni precoci, numero di bambini per madri adolescenti, mortalità materna, completamento della scuola secondaria di primo grado e numero di donne in Parlamento.
Se il Niger è il posto peggiore in cui essere donna, non va meglio per altri Paesi africani come il Ciad, la Repubblica Centrafricana, Mali e la Somalia che detengono una percentuale altissima di spose bambine. Aspetto, questo, che innesca un processo a catena orientato verso il basso. Se infatti le ragazze si sposano prematuramente, va da sé che non hanno la possibilità di accedere all’istruzione, all’educazione e a misure generiche e specifiche di sicurezza.
È inteso che le spose bambine non contraggono matrimonio con coetanei ma con uomini molto più adulti di esse, con gravi ripercussioni – tra le altre cose – sul livello della loro salute. La comunità internazionale ha provato a reagire, riconoscendo la pratica dei matrimoni precoci un problema di enorme rilievo e inserendo dunque l’obiettivo di ridurre questo odioso abuso nell’agenda 2030. Bisogna però prendere atto che non esistono bacchette magiche e se il numero di spose bambine nel mondo crescerà ai ritmi attuali nel 2030 ci ritroveremo di fronte a una situazione assurda, stando ai calcoli di Save the Children: 950 milioni di donne sposate giovanissime e 1,2 miliardi nel 2050.
Se, dicevamo, il Niger è il posto peggiore in cui nascere femmine, a detenere il primato con il numero di baby spose più alto – coerentemente con la demografia – è l’India: il 47% delle ragazze (oltre 24,5 milioni) risulta sposata prima dei 18 anni. Di male in peggio in Afhganistan, Yemen e Somalia dove stiamo parlando di bambine date in sposa prima di aver compiuto 10 anni. Va da sé che dove la povertà è maggiore il fenomeno è più diffuso.
Ovvio che le guerre e le crisi umanitarie fomentino la situazione, perché alcune famiglie suppongono che il matrimonio delle proprie bambine sia l’unica alternativa a un futuro di privazioni economiche, violenze e stupri. Sugli ultimi due aspetti c’è molto di opinabile. Infatti dice Helle Thorning-Schmidt, direttore generale di Save the Children International: «Le bambine e le ragazze che si sposano troppo presto sono spesso costrette ad abbandonare la scuola e sono le prime a rischiare di subire violenze domestiche, abusi e stupri. Rischiano inoltre di incorrere in gravidanze precoci, con conseguenze molto gravi sulla loro salute e su quella dei loro bambini, e risultano particolarmente esposte al rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili come l’Hiv»
Tornando al rapporto, Save the Children riassume che 16 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni partoriscono un figlio, mentre un milione e mezzo di ragazze diventano madri prima dei 15 anni. Aggiunge inoltre che le complicazioni generate dalla gravidanza e dal parto rappresentano – dopo i suicidi – la seconda causa di morte per le ragazze tra i 15 e i 19 anni, con il decesso di circa 70.000 adolescenti femmine ogni anno. I bambini nati da queste madri hanno il 50% di possibilità in più di morire nei giorni immediatamente dopo il parto, rispetto ai figli di donne tra i 20 e i 35 anni di età. Inoltre, in troppi Paesi del mondo le ragazze non rivestono alcun peso nelle decisioni pubbliche e private: il 23% dei seggi parlamentari è sì occupato da donne ma, di fatto presiedono le Camere di Parlamenti solo nel 18% dei casi.
Save the Children, instancabile nella realizzazione e promozione dei suoi programmi, chiede maggiore impegno da parte dei governi e ha fissato tre punti indispensabili attraverso cui è fondamentale passare: una finanza equa che permetta alle ragazze e alle bambine di accedere ai servizi di base; l’eliminazione di discriminazioni economiche e sociali; meccanismi di trasparenza che garantiscano che la voce delle ragazze sia ascoltata e considerata decisiva nei processi decisionali pubblici e privati.