Questa settimana abbiamo deciso di conoscere meglio l’operato di Adiconsum, l’associazione che da trent’anni si occupa della tutela dei consumatori e dell’ambiente. Per questo abbiamo incontrato, nella sede romana dell’associazione, il segretario nazionale Renato Calì che ha riassunto la storia, le battaglie vinte e le sfide ancora in corso di Adiconsum.
Di seguito il testo dell’intervista video.
Cos’è Adiconsum, quando nasce e quali sono i numeri attuali dell’associazione?
Adiconsu nasce nel 1987. Siamo un’associazione di consumatori promossa dalla Cisl. Ad oggi abbiamo circa 150 mila associati diretti. Come Adiconsum ci occupiamo in modo generale di assistenza e tutela del consumatore, ma più che altro ci piace ragionare anche su una tutela collettiva. Quindi oltre a intervenire nella fase finale del problema ci piace partecipare per creare tutele ex ante per evitare distorsioni che vanno a discapito del consumatore rispetto a tutto quello che riguarda la vita quotidiana di ognuno di noi. Adiconsum gestisce poi per conto del Ministero dell’Economia il Fondo contro il Sovraindebitamento, siamo unici in Italia su questo tema. Ci è stato affidato da oltre 10 anni, inoltre, dall’Unione Europea il Centro europeo dei consumatori, che è una rete europea, una per ogni Paese, riguardante tutte le questioni transfrontaliere che possono capitare a chiunque: dalla vacanza rovinata, al viaggio, al biglietto aereo, all’albergo, all’autonoleggio, o anche agli acquisiti via internet, anche lì un tema molto delicato perché non sempre la sede legale coincide con la sede da dove viene distribuito il prodotto.
Quali sono le principali battaglie vinte in questi trent’anni da Adiconsum?
Noi siamo riusciti a imporre la concilizione paritetica extragiudiziale delle controversie come buona pratica a livello europeo. Nella logica secondo la quale bisogna partecipare per portare a casa dei risultati nei confronti dei consumatori, ci siamo detti: se un consumatore deve fare una vertenza per 50 euro, dalla bolletta telefonica a quella energetica al prodotto che acquista, costerebbe molto di più rivolgersi, e con i tempi lunghissimi, all’avvocato, quindi inventiamo un modo che possa consentire che le parti si incontrino per trovare una soluzione al problema. Da qui è nata la conciliazione paritetica che è diventata una buona pratica, che si è estesa a tutte le altre associazioni dei consumatori e che oggi è presente in tutti i settori in cui c’è una diretta incidenza nella vita del consumatore.
L’operato di Adiconsum spazia tra le tematiche più disparate. Ma quali sono i settori in cui i consumatori incontrano maggiori criticità?
Sicuramente i settori energetico, telefonico, bancario – e qui in particolare sui temi che riguardano quasi l’anatocismo, quindi parliamo di tassi che raggiungono quasi tassi usurai – e gli acquisti via internet.
Spesso ci si rivolge alle associazioni di consumatori a “danno fatto”. Non tutti sanno, infatti, che Adiconsum offre anche preziosi consigli per prevenire anziché curare. In che modo è possibile usufruire di tale possibilità?
Noi abbiamo creato dei gruppi dedicati, si va dai consigli concreti sul corredo scolastico nel periodo in cui inizia la scuola, all’invito a segnalare tutta una serie di problematiche quando si va in vacanza. O in ricorrenze particolari creiano delle iniziative dedicate. Questo ci permette non solo di avere delle segnalazioni, ma anche di poter aver un quadro semnpre aggiornato sulle problematiche in periodi topici e da qui di costruire delle proposte che servano a migliorare, nei confronti delle aziende e dei settori, quello che ci viene segnalato in una logica sempre di più di maggiore efficienza ed efficacia del servizio verso il cliente finale.
Negli ultimi anni le nuove tecnologie, e in particolare internet, se da un lato hanno portato evidenti vantaggi per la società, dall’altro però hanno ampliato il fronte dei rischi, pensiamo ad esempio alle truffe online. Stando alle segnalazioni da voi raccolte, quanto è diffuso questo fenomeno?
E’ tanto diffuso. Citerei anche il furto d’identità tra le segnalazioni più diffuse che ci arrivano. Paradossalmente chi è più debole da questo punto di vista è colui che si ritiene più istruito. Noi abbiamo per esempio tante segnalazioni di giovani, che “smanettano”, passatemi il termine improprio, con il cellulare e il computer, che pensano di sapere tutto ma che sono quelli che ne sanno di meno e sono quindi i più esposti a truffe e furti d’identità. Ma anche le caterogie deboli tradizionali, penso ai pensionati e ai migrati. Abbiamo tantissime segnalazioni di queste fasce sociali. Su questo stiamo lavorando con le autorità competenti ma anche con l’Unione Europea perché ci siano delle regole molto più rigide e severe. Per dirne una non è pensabile che la sede legale non coincida con la sede da dove viene distribuito il prodotto. Molto spesso ci si ritrova con il muro della sede legale fuori dell’Unione Europea e quindi diventa materialmente impossibile far rivalere un proprio diritto perché avrebbe dei costi altissimi. La sede che appare sul sito internet da dove viene spedito un prodotto deve coincidere con una sede che abbia anche responsabilità legale.
Adiconsum non si occupa solo di difesa del consumatore ma anche di tutela dell’ambiente. Quanto è importante la formazione e l’informazione per rendere i cittadini più consapevoli?
Oltre che di formazione e informazione parlerei di educazione. Perché sull’informazione se non sono educato su un tema rischio di ripetere a pappagallo ciò che leggo in giro, per cui bisogna puntare molto sull’educazione. Noi siamo impegnati a fare educazione nelle scuole nei nostri settori e nelle nostre aree tradizionali. Perché siamo convinti che è solo partendo dalle scuole che si crea un’educazione e un rispetto dell’ambiente, che però non è insegnare che la vita di un albero è più importante della vita di una persona. Perché l’ambiente ha a che fare con tutto l’ambiente in cui viviamo quotidianamente. Per cui noi siamo fortemente impegnati a fare educazione soprattutto nelle scuole secondo nostri metodi sperimentati nel tempo e secondo modalità e standard codificati.
A proposito di responsabilità e sostenibilità ambientale: uno degli ultimi progetti di Adiconsum è la White List delle imprese. Di cosa si tratta?
Si parte da un concetto un po’ più ampio. Ci siamo resi conto che le sole politiche sanzionatorie non bastano perché il consumatore dopo un po’ dimentica perché è nato quel problema o perché è stata sanzionata quell’azienda. Siamo convinti che in un periodo in cui tutto appare catastrofico bisogna crare un clima di fiducia all’interno di questo Paese, bisogna cominciare a ragionare in termini di positività e quindi premiare quelle aziende – soprattutto le piccole e le medie che sono l’ossatura del nostro sistema produttivo e che hanno poco rilievo, poco spazio e che sono poco riconosciute – che si impegnano tanto sui temi della sostenibilità, e aiutarle a essere conosciute al vasto mondo del consumatore. Abbiamo creato una serie di criteri sui tre ambiti della sostenibilità, non solo su quella ambientale che ci sembra soltanto un po’ modaiola utlimamente, ma che dal punto di vista economico e sociale. Sulla base di questi ambiti abbiamo elaborato una serie di domande alle quali le aziende danno delle risposte. Queste risposte in modo automatico vengono già classificate con un punteggio e sulla base di questo vengono date delle faccine che stanno a indicare quanto quell’azienda sia più o meno sostenibile rispetto alle cose che afferma. (per saperne di più leggi l’approfondimento di Valerio Cavallucci)
Quali sono le nuove sfide che Adiconsum dovrà affrontare nell’anno appena iniziato?
Beh tra le nuove sfide ci mettiamo quella di impegnarsi ancora di più – perché la White list è solo uno degli strumenti per affermare politiche sulla sostenibilità – e di approfondire ancora di più un’educazione ai temi della sostenibilità che non sia solo ambientale, ma anche economica e sociale. E poi c’è un’idea che stiamo cominciando a maturare. Siccome la sostenibilità costa in termini di investimenti, ma anche al consumatore perché un prodotto sostenibile costa di più soprattutto se si ragiona in termini di tracciabilità, trasparenza e certificazione dell’intera filiera, (mettendo al centro il processo e non il prodotto finito e quindi un’inversione culturale sul marketing), quindi bisogna cominciare a ragionare su forme di incentivazione per premiare le aziende che investono veramente in sostenibilità, ma anche quel cliente finale che acquista il prodotto sostenibile. Già oggi in Italia nonostante la crisi – e le ricerche ce lo dimostrano – un terzo degli acquisti viene fatto su prodotti dove c’è una tracciabilità etica del prodotto. Bisogna quindi incentivare questo tipo di educazione alla tracciabilità etica nell’acquisto del prodotto.
Infine, ci sono tanti fattori che contribuiscono alla felicità pubblica. Qual è, secondo lei, il più importante?
Riscoprire il senso di comunità. Riscoprire il bene comune. Perché ognuno di noi, per quel poco o tanto che fa, è importante nel costruire un percorso insieme ad altri di bene comune. Ciò significa soprattutto eliminare i compartimenti stagni, perché tutti ci troviamo d’accordo sulle cose ma ognuno è geloso del proprio orticello. Quindi creare patti, alleanze, creare un sistema che, nel perseguire il bene comune, riesca a costruire un percorso di partecipazione e sussidiarietà dal basso. Anche per evitare che la politica, a volte molto invasiva, legiferi su alcune questioni sulle quali a volte ne capisce poco e sulle quali non sente il bisogno di interpellare la società civile che è il vero motore di questo Paese e che dà anche eticità alla stessa politica.