Il WWF, in collaborazione con i ricercatori dell’Università dell’East Anglia e della James Cook University, ha stilato un report che rivela come molti luoghi del nostro pianeta “potrebbero diventare irriconoscibili agli occhi dei nostri figli”.
Questo a causa di fenomeni meteorologici estremi, siccità, inondazioni e ovviamente incapacità di adattamento degli organismi alle modifiche ambientali.
A seguito dei cambiamenti della biodiversità dei luoghi scatta l’allarme del WWF e viene spiegato che se non agiremo concretamente per contrastare l’aumento della temperatura globale, addirittura la metà delle specie animali e vegetali rischia l’estinzione entro i prossimi 60 anni. Non solo: se gli Stati rispetteranno gli impegni assunti in occasione della Cop 21 a Parigi, le specie che rischiano l’estinzione si riducono al 25%, un dato assolutamente poco confortante.
Per stilare il report, gli esperti hanno esaminato oltre 80.000 specie in 35 regioni della Terra, scelte di proposito per la loro unicità e peculiarità: parliamo di Amazzonia, Madagascar, Australia, ma anche del Mediterraneo.
Sono stati presi in considerazione tre tipi di scenari possibili e differenti, vale a dire un aumento della temperatura di 4,5 gradi, di 3,2 gradi e infine di 2 gradi, che sarebbe l’aumento auspicabile.
Se per esempio la temperatura aumentasse di 4.5° in Africa, le zone coperte da radure e alberi di piccola taglia che ospitano mammiferi erbivori (rinoceronti, zebre e giraffe) subirebbero danni enormi e addirittura l’80% delle specie animali potrebbe estinguersi, il 90% degli anfibi sparirebbe e a rischio sarebbero l’80% circa delle piante.
Se invece la temperatura globale aumentasse di 3.2° (che è l’aumento attualmente più plausibile), l’Amazzonia perderebbe circa il 60% delle specie vegetali, il 50% dei mammiferi e addirittura oltre il 60% degli anfibi.
Ma c’è di peggio, purtroppo: il Mare Mediterraneo è tra le zone più a rischio ed è un importante luogo di riproduzione per tre specie di tartarughe marine, tra cui la famosa caretta caretta. Secondo il WWF «la temperatura della sabbia dove le tartarughe depongono le uova è un fattore che determina il sesso dei nascituri. Temperature elevate possono risultare in nidiate di sole femmine o, sopra un certo valore, in nessun sopravvissuto».
Il WWF avverte però che se riusciremo ad evitare un aumento della temperatura superiore a 2°, circa il 60% delle zone esaminate rimarrà intatto e climaticamente adatto alla sopravvivenza delle specie.
Non ci resta che remare tutti nella stessa direzione, impegnandoci a ridurre le emissioni di anidride carbonica: è necessario farlo insieme alle nazioni che hanno siglato l’Accordo di Parigi.