Buone notizie sul fronte sanità. In Italia infatti cresce la qualità delle cure ospedaliere con dei piccoli miglioramenti anche nel Meridione, per quanto certe disparità permangano tra regioni vicine e per quanto si resti comunque lontani rispetto agli standard internazionali. Questo quanto viene fuori dai risultati dell’edizione 2016 del Programma nazionale esiti dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che tra le altre cose si occupa anche di valutare il funzionamento degli ospedali italiani.
Sette le aree cliniche sottoposte a valutazione: cardiocircolatoria, nervosa, respiratoria, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare. In tutte si evidenziano dei miglioramenti e se nel 2015 le strutture che hanno raggiunto livelli qualitativi molto alte sono state nel complesso il 14,7% del totale, quelle risultate insufficienti in almeno la metà degli aspetti presi in esame costituiscono il 10%.
Sotto due aspetti, in modo particolare, sono emersi dei miglioramenti – per quanto lontani dalla media internazionale – e riguardano le fratture del femore ad esempio. Fatta eccezione per la Campania, il Molise e la Calabria ogni regione dispone almeno degli standard minimi previsti in quest’area clinica. Le eccellenze di chirurgia femorale sono 3: l’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, il Santa Maria della Scala di Imola e la Fondazione Poliambulanza di Brescia. Tutte queste hanno una media altissima di operazioni effettuate entro due giorni dalla rottura del femore pari al 90%.
Vorremmo poter segnalare dei progressi anche per quanto riguarda i cesarei ma non è così; più che altro coesiste all’interno del nostro Paese una realtà molto diversificata che varia da regione a regione, con il Sud che resta indietro rispetto al Nord. L’Organizzazione mondiale della sanità, ricordiamo, non giudica adeguata una percentuale che superi il 15% del totale dei casi e in Italia se è vero che di anno in anno la media continua per fortuna a scendere – dal 29% del 2010 al 25% del 2015 – si registrano valori medi che in Campania toccano il massimo e cioè il 50% con il seguito delle altre regioni meridionali che non brillano. Gli ospedali che meno ricorrono al cesareo – il 7% – sono invece l’Ospedale di Carate Brianza, l’Ospedale di Lecco e quello del Ponte a Varese.
Bene per quanto riguarda la riduzione dei decessi a 30 giorni dal ricovero per infarto acuto del miocardio. La media delle morti continua infatti a diminuire, dal 10,4% al 9% del 2015. Le eccellenze in quest’area sono il San Raffaele di Milano, le Cliniche Gavezzeni di Bergamo, il Santa Chiara di Trento in cui la percentuale dei decessi a 30 giorni dall’impianto di un bypass aortocoronarico è sotto lo 0,50%.
In linea generale, per quanto riguarda i parti, viene fuori con chiarezza che quanti più sono gli interventi effettuati da un ospedale nel corso di un anno, tanto migliori appaiono gli esiti. Ne deriva che risulta preferibile scegliere un grande ospedale rispetto a piccole strutture per ragioni che vanno dai macchinari presenti all’esperienza del personale che vi lavora.