2 dicembre 2017 – Era il 1949 quando l’Onu istituiva la Giornata mondiale per l’abolizione della schiavitù attraverso la convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione. Le Nazioni Unite volevano in questo modo tutelare quanti fossero costretti a lavorare ogni giorno a ritmi disumani, con salari inadeguati e in condizioni igienico-sanitarie precarie, denunciare il business criminale figlio della compravendita degli esseri umani, schierarsi contro lo sfruttamento della prostituzione.
Benché la Carta dei diritti dell’uomo, all’articolo 5, vieti espressamente la tratta degli esseri umani, la realtà, oggi, è che la schiavitù esiste ancora, ragion per cui è prioritario combatterla. Nel mondo sono oltre 30.000 i cosiddetti “schiavi moderni” tra cui bambini venduti per pochi spiccioli, soprattutto in Africa, e destinati a loschi giri d’affari, tra prostituzione, lavoro minorile e svariate forme di criminalità. Senza andare troppo lontano, in Italia esiste il fenomeno del caporalato le cui vittime sono esseri umani costretti a lavorare in condizioni prive di qualsivoglia dignità.
I matrimoni forzati sono anch’essi una forma di schiavitù che continua ad essere tollerata in molti Paesi del mondo, esattamente come la schiavitù domestica. Parliamo di un fenomeno che oggi ha assunto svariate forme adattandosi ai bisogni dell’epoca in cui viviamo, un fenomeno storico che ha cambiato forma attraverso il tempo ma non la sostanza.