Scrivere di sé è una forma di terapia

Dagli anziani delle Rsa (Residenza Sanitaria Assistenziale) alle persone di tutte le età affette da disabilità, dai bambini delle scuole primarie fino ai più adulti torna un metodo di cura antico come il mondo, l’autobiografia.

A rilanciare l’utilizzo di questa “terapia dell’anima” recentemente è stata la Cooperativa di Lanza del Vasto, in provincia di Genova, per la propria Rsa rendendo l’epifania degli ospiti della struttura un evento molto gradito e costellato di memorie rievocate dal mondo dell’infanzia.

Raccontarsi, parlare di sé, sono strumenti di cura emotiva da non sottovalutare perché aiutano a depotenziare le emozioni negative e a esaltare quelle positive per ricollocare al centro del proprio vivere un sano equilibrio esistenziale.

Ogni forma di racconto è potenzialmente utilizzabile, ciascuno può scegliere la propria sulla base delle personali tendenze e peculiarità; avremo allora un racconto che si serve della forma del diario, più intimistica ed emotiva, oppure quella della fiaba nella quale sfidare e battere i “cattivi”, metafore dei momenti più delicati dell’esistenza. Ma anche il disegno, il fumetto, le illustrazioni. Qualsiasi cosa, in sostanza, serva a liberare la propria libera espressione attraverso la narrazione.

Filosofi come Duccio Demetrio e psicologi di una certa rilevanza come Carl Rogers, hanno più volte esaltato i benefici apportati dall’autobiografia, e, in termini più pratici, è l’operatore socio-sanitario Ivano Malcotti, con esperienza diretta sul campo, a spiegare la dinamica di questa “fisioterapia dell’anima”: «Si parte sempre dal diario emozionale, come primo approccio per entrare in relazione con le persone perché tutto è incentrato sulla persona che esterna ricordi e sensazioni che vengono rielaborati in varie forme e tipologie narrative. Da qui nascono i racconti molto commoventi di uomini e donne che rievocano momenti importanti, anche traumatici, della propria vita ma anche quelli più belli, che servono a non abbandonare le proprie passioni, come quella per la musica, che è anch’essa una forma di terapia».

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Milena Pennese