Già il titolo è un invito alla lettura: “Se sembra impossibile allora si può fare”. È l’ultimo libro firmato Beatrice Vio – Bebe, più semplicemente – edito da Rizzoli (2017).
Saranno orami veramente in pochi a non conoscere l’irresistibile schermitrice, atleta paralimpica vincitrice della medaglia d’oro e di bronzo a Rio, campionessa mondiale di fioretto nella sua categoria, ma soprattutto giovanissima – è nata nel 1997 – combattente nata, colpita a soli 11 anni da una meningite fulminante da meningococco C che l’ha privata di gambe e braccia.
È lei stessa a dirlo nel suo libro: «Quello che mi domandano tutti è come abbia potuto una tenera e indifesa ragazzina di undici anni senza braccia e senza gambe ricominciare a vivere e raggiungere certi obiettivi». Il punto è che lei, tenera e indifesa, non lo è mai stata.
Certo che ha sofferto, tante volte e a più riprese, ma questo non le ha impedito di realizzare il suo sogno – quando aveva soli 5 anni dichiarava che sarebbe andata alle Olimpiadi – affrontando con il sorriso ostacoli e paure, con il suo motto: non si gioca per partecipare, ma per vincere. Nello sport come nella vita, che è «una figata», troppo bella, troppo stimolante per arrendersi di fronte anche alle difficoltà che alla prima sembrano insormontabili ma successivamente appaiono alla nostra portata, soprattutto se non perdiamo mai di vista quali sono i nostri obiettivi, se impariamo l’arte del coraggio che non è altro che chiedere aiuto quando ne abbiamo più bisogno, se crediamo nelle nostre «squadre».
Per Bebe Vio sono le tre “S”: scherma, scuola e scout. L’autrice di “Se sembra impossibile allora si può fare” ci invita a cercare le nostre, di squadre, perché «da soli non siamo nessuno» e a confidare in esse nei momenti peggiori, perché proprio allora risulteranno salvifiche, di conseguenza potremo in futuro essere abbastanza forti da aiutare a nostra volta gli altri.
Non a caso nel suo libro la campionessa parla con passione della onlus fondata con l’aiuto dei propri genitori – anch’essi combattenti perché “buon sangue non mente” -, art4sport, pensata per permettere ai bambini amputati di praticare sport e farne una terapia. Bebe Vio non ha peli sulla lingua, per lei le persone con disabilità si dividono fra «rancorosi» e «solari»: i primi sono arrabbiati con il mondo per quanto successo, i secondi hanno scelto di vivere la propria condizione come un’opportunità. Per questo ammette di non comprendere «i lamentosi», categoria nella quale include anche i normodotati perché, di fondo, ciascuno ha le proprie disabilità. Che siano passeggere o prolungate nel tempo, come difficoltà e stati d’animo, ciascuno ha le proprie che in effetti ci impediscono di vivere liberamente. Via le etichette, secondo Bebe Vio la cosa più sbagliata da fare è domandarsi «perché è successo proprio a me?». Al di là del fatto che non esiste una risposta a questa domanda, la vita è troppo preziosa, l’unica che abbiamo, per consumarla nella rinuncia e nell’autocommiserazione.
Anche la paura ha i suoi aspetti positivi e il ragionamento di Bebe non fa una piega: quando questa emozione ci invade, spesso è fondamentalmente perché stiamo lottando per qualcosa che amiamo. Subito dopo la paura ad attenderci c’è la meta tanto agognata, il sogno che si realizza, la consapevolezza che “Se sembra impossibile allora si può fare”.
Bebe Vio crede nel potere terapeutico dell’ironia, non è la prima a dirlo ma è senz’altro una delle poche a farlo davvero. Anche quando le situazioni sono drammatiche, sdrammatizzare le trame nere con una battuta, una risata, una trovata divertente aiuta a depotenziare frustrazioni, sentimenti negativi che ci paralizzano nell’accezione più ampia del termine.
Ed è una ragazza divertente, solare, dall’energia esplosiva, amante dei selfie (divertentissimo l’aneddoto legato a come riuscì ad immortalarsi insieme a Barack Obama) e delle infinite opportunità che la vita offre. Ha scritto “Se sembra impossibile allora si può fare” perché è una persona altruista, sensibile, che sa e riesce ad aiutare gli altri. Attraverso uno stile semplice, chiaro e senza tanti fronzoli, la condivisione delle sue esperienze con noi tutti è un inno alla vita, a non arrendersi mai, a considerare gli ostacoli come una sfida da vincere, gli incidenti di percorso come un’opportunità per ribadire che se sembra impossibile allora si può fare.
Ci teniamo, infine, e coerentemente con tutto il lavoro profuso da parte della redazione a sostegno dell’importanza dei vaccini, a riportare quanto scritto da Bebe Vio in proposito. Pertanto vi regaliamo una parte di testo estratta dal suo libro.
«Vaccinate i vostri figli, se ne avete. Lo dico e continuerò a dirlo, ma mi piace anche metterci la faccia per portare avanti questa campagna di sensibilizzazione all’uso del vaccino contro la meningite. E proprio per metterci la faccia, a gennaio 2017 tutta la squadra Vio-Grandis si è presentata all’ospedale di Monselice, in provincia di Padova, e ha fatto il vaccino tetravalente. Ovviamente è scattato il selfie! Non c’è un modo migliore per far arrivare lontano il messaggio, no? Il vaccino è una cosa piccola e semplice, ma può salvare la vita a voi e alle persone che amate. Io sono uscita viva dalla malattia e sono felice della mia vita, ma so quanto è stato doloroso per me e per la mia famiglia. Sarebbe bastato un vaccino per risparmiarci tanto dolore».