Il 20 marzo è stata una giornata elettorale per ben 6 Paesi africani: si è votato in Congo, Niger, Zanzibar e Benin dove si sono svolte le presidenziali. A Capo Verde ci sono state le elezioni parlamentari e in Senegal i cittadini sono stati chiamati alle urne per un referendum. In molti casi si sono verificati rallentamenti, dispute e dibattiti per cui i risultati non sono ancora certi.
In Congo, per esempio, il presidente Denis Sassou Nguesso, con una militanza politica alle spalle lunghissima, ha previsto misure restrittive molto discutibili: chiusura delle telecomunicazioni per evitare presunte “pubblicazioni illegali” dei risultati, proibizione di utilizzare veicoli a motore e in generale tutto ciò che – stando a lui – potrebbe interferire sulle votazioni. Pertanto, di cosa dicano le urne in Congo non si sa nulla.
Il Niger vede favorito il presidente Mahamadou Issoufou, mentre il suo rivale politico, Hama Amadou che era dato per svantaggiato, si trova al momento in un ospedale francese. Tuttavia anche qui la situazione appare confusa anche se il presidente reggente gode di maggiori possibilità di vittoria.
Nello Zanzibar, arcipelago autonomo della Tanzania, si sono sfidati il presidente uscente, Ali Mohamed Shein e Seif Sharif Hamad del Fronte Civico Unito. Già da ottobre, però, il Paese è diviso da forti attriti interni cui hanno dato seguito numerosi scontri, ragion per cui Hamad aveva invitato la popolazione a boicottare le elezioni; azione, questa, che ha favorito la rielezione di Ali Moohamed Shein con il 91,4 % dei voti.
Il Benin era impegnato sul fronte del secondo turno delle presidenziali. L’ex banchiere Lionel Zinsou è stato sconfitto da Patrice Talon, imprenditore del cotone.
Per quanto riguarda Capo Verde, abbiamo assistito allo scontro – che dura da 40 anni – tra il Partito Africano per l’Indipendenza e il Movimento per la Democrazia. Risultati non ancora pervenuti ma i primi sondaggi danno per favorito il secondo con premier Jorge Carlos Fonseca.
Altra storia in Senegal: i cittadini sono stati chiamati a esprimersi attraverso referendum popolare che aveva come oggetto la restrizione a due mandati dell’incarico di presidente della Repubblica. Operazione, questa, che ha visto scarsa adesione dal momento che in ogni caso i risultati non impedirebbero comunque all’attuale presidente Macky Sall di ricandidarsi per il terzo mandato dal momento che la legge entrerebbe in vigore alle prossime presidenziali.
Tutte le votazioni sono state eseguite senza alcun supporto informatico in quanto molti Paesi vi si sono opposti preferendo il vecchio metodo della votazione manuale. Prassi, questa, che alimenta la confusione e il ritardo dei dati dagli scrutini.