“Settembre è il mese del ripensamento, sugli anni e sulle età, dopo l’estate porta il dono usato della perplessità, ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità”.
Così canta Guccini ed è esattamente così che vedo settembre, un mese in cui tutto ricomincia, in cui si fanno bilanci, ma soprattutto progetti per la parte finale dell’anno. Una sorta di secondo Capodanno, quindi, almeno per noi adulti, dal momento che per i più giovani può essere considerato forse il primo, il più importante.
Almeno fino a qualche anno fa per me lo era. Il primo giorno di scuola, le aspettative, l’ansia di iniziare un nuovo anno scolastico, la gioia di rivedere i compagni, l’odore dei libri e dei quaderni nuovi che iniziavo a sfogliare con eccitazione già dalla fine di agosto. Ho sempre amato andare a scuola – pur non essendo una secchiona e apprezzando molto anche le vacanze estive, sia chiaro! – e ancora oggi il suono della prima campanella per i miei nipoti, per i figli dei miei amici, per i miei cugini e in generale per tutto l’esercito degli “zaino in spalla” mi emoziona e mi fa sperare in un futuro migliore.
Dopo la scuola è arrivata l’università, e anche il quel caso settembre era un mese di cambiamenti. Un mese di valigie, di ripresa e a volte di traslochi per me, una studentessa fuori sede che da un lato salutava con nostalgia gli affetti marsicani, e dall’altro respirava con soddisfazione il profumo della libertà.
E ormai ci siamo, è di nuovo settembre! Fra qualche giorno le scuole riapriranno i battenti, gli studenti torneranno sui libri, gli universitari affolleranno gli atenei e migliaia e migliaia di cervelli si metteranno in moto per costruire il loro futuro.
Ma qual è la situazione che troveranno gli studenti di tutte le età tornando in aula?
L’anno scolastico e accademico 2017/2018 si apre con una serie di novità e cambiamenti, non sempre positivi, alcuni dei quali stanno facendo discutere già da tempo.
A cominciare dai vaccini obbligatori, di cui abbiamo parlato già molte volte, e che in queste settimane stanno mettendo in crisi molti genitori. Tra zaini, libri e compiti delle vacanze da terminare per i bambini più ritardatari, infatti, madri e padri sono alle prese con la presentazione dei documenti necessari per attestare le vaccinazioni dei propri bambini o, peggio, per prenotare i richiami da fare necessari al rientro sui banchi di scuola. Una formalità che, a mio avviso però, è più che giustificata dal momento che, come non ho mai nascosto, sono assolutamente favorevole ai vaccini.
Non mi trova altrettanto d’accordo, invece, la novità introdotta dalla Buona Scuola che prevede l’eliminazione della bocciatura, almeno alle scuole elementari, se non in gravissimi casi. Non che la scuola debba punire o necessariamente penalizzare chi non riesce a raggiungere determinati livelli di istruzione, ci mancherebbe. Ognuno ha i suoi tempi e, soprattutto parlando di bambini così piccoli, è evidentemente che ciò che conta è la formazione a tutto tondo e non il mero apprendimento delle singole lezioncine. Ma credo anche che la scuola abbia il principale scopo di responsabilizzare gli studenti, di farli crescere con l’idea che chi si impegna, si applica, viene premiato e chi non lo fa non può andare avanti con la stessa semplicità. Quanto alla motivazione, ossia che non bocciando si limiterebbero gli abbandoni scolastici, ecco non sono d’accordo neanche su questo. E’ integrando, coinvolgendo studenti e famiglie, incoraggiando, stimolando, e non promuovendo, che si evita che un bambino abbandoni la scuola.
Novità anche per gli studenti universitari, con atenei più infuocati che mai. Da un lato c’è la protesta dei docenti contro il blocco degli scatti salariali, che finora ha visto alcuni esami slittare e che preoccupa in particolare gli studenti alle prese con borse di studio e tesi di laurea in vista. Dall’altro c’è la protesta di chi all’università vorrebbe iscriversi ma non può a causa del numero chiuso che ogni anno torna a far discutere, soprattutto per le facoltà umanistiche, dal momento che per alcuni facoltà come medicina ad esempio, il blocco all’ingresso è prassi consolidata da decenni.
Parlando di scuola, infine, non possiamo non sottolineare la difficoltà di quei piccoli comuni, spesso isolani, che devono fare i conti con lo spopolamento e con il rischio che le scuole chiudano i battenti per sempre per mancanza di bambini. A tal proposito mi piace ricordare l’appello del sindaco di Ventotene che chiede l’invio di immigrati per evitare che le scuole possano chiudere, costringendo la manciata di alunni presenti a fare la spola con la terra ferma. Un bel messaggio, in tempi di tensioni come quelli attuali, per ribadire ancora una volta quello che noi ripetiamo da sempre, che gli immigrati possono e devono essere una risorsa e non un problema.
E anche questo dovrebbe essere insegnato sui banchi di scuola.
Il direttore
Vignetta di copertina: Freccia.