In una recente intervista del giornalista e blogger Andrea Di Turi, il professor Carlo Borzaga, presidente di Iris Network e di Euricse, si sofferma sul tema dei beni comuni nel futuro dell’impresa sociale (leggi qui). Nel corso della discussione Di Turi chiede se una maggiore diffusione di pratiche di social procurement potrebbe aiutare il consolidamento e l’affermazione dell’impresa sociale. La risposta del professor Borzaga ci ricorda da un lato quanto sia ancora poco diffuso nel nostro Paese l’utilizzo del “social procurement” e dall’altro come vadano ricercate modalità di collaborazione tra l’impresa for profit e le imprese sociali, in particolare le cooperative sociali, per ampliare gli spazi di mercato.
“Social procurement è un termine ancora poco utilizzato, anche se come attività è più presente di quanto non si creda: per la cooperazione sociale di inserimento lavorativo, ad esempio, una larga fetta del fatturato già proviene da collaborazioni con le imprese, che acquistano prodotti o servizi. Oppure pensiamo ai servizi di welfare aziendale, che spesso vengono richiesti alle cooperative. Questa attività potrebbe certamente essere più sviluppata, però, se vi fossero più imprese sociali che svolgono attività di potenziale interesse per l’imprenditore for profit. Anche perché le imprese italiane hanno sempre avuto un’attenzione molto alta nei confronti della loro comunità, solo che l’hanno dimostrato di solito con modalità tradizionali come ad esempio le donazioni o le sponsorizzazioni: laddove ci fossero imprese sociali che effettivamente sono nelle condizioni di lavorare per l’impresa profit, credo che non ci sarebbero grandi problemi per lo sviluppo del social procurement”.
Vorremmo cogliere spunto dalla riflessione del professor Borzaga per approfondire il tema del “social procurement”, per far chiarezza, in primo luogo, su cosa si possa correttamente intendere con tale espressione. E, come spesso accade, intendiamo farlo a partire dalla lettura di alcuni documenti della Commissione Europea. Nel caso in questione siamo costretti a tornare qualche anno indietro, e precisamente al 2011, per rintracciare il primo testo che in forma sistematica affronti la materia. Si tratta di un documento predisposto dalla Direzione Generale per l’Occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità e dalla Direzione Generale per il Mercato interno e dei servizi dal titolo “Acquisti sociali. Una guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici”.
In questo primo passaggio ci limiteremo a proporre uno stralcio dell’introduzione e del primo capitolo, per fornire una definizione di “acquisti sociali”, in altri termini per iniziare a “delimitare il campo”. Successivamente proveremo ad analizzare quali aspetti organizzativi vadano presi in considerazione per attuare una strategia di acquisti sociali e, soprattutto, come questi processi si colleghino con le nuove direttive comunitarie in materia di appalti e con le relative procedure di recepimento da parte del Parlamento, ormai in avanzata fase di definizione.
Introduzione
Promuovere appalti pubblici socialmente responsabili consente di creare un modello e influire sul mercato. Attraverso gli appalti pubblici socialmente responsabili, le autorità pubbliche possono offrire alle aziende incentivi reali per lo sviluppo di una gestione socialmente responsabile. Effettuando acquisti responsabili, le autorità pubbliche possono promuovere opportunità di occupazione, lavoro dignitoso, inclusione sociale, accessibilità, progettazione per tutti, commercio etico e mirare a una conformità più estesa con gli standard sociali. Per alcuni prodotti, lavori e servizi l’impatto può essere particolarmente significativo in quanto gli acquirenti pubblici esercitano il controllo su un’ampia quota di mercato (ad es. nel settore delle costruzioni, dei servizi aziendali, IT e così via). In generale, le autorità pubbliche sono i principali consumatori in Europa, con una spesa pari a circa il 17 % del prodotto interno lordo dell’UE (una somma equivalente alla metà del prodotto interno lordo della Germania). Possono, pertanto, fare leva sul proprio potere di acquisto per scegliere merci e servizi che hanno un impatto sociale positivo e apportare in tal modo un contributo di primaria importanza allo sviluppo sostenibile. (…)
La presente Guida si propone di (a) sensibilizzare le amministrazioni aggiudicatrici in merito ai vantaggi potenziali degli appalti pubblici socialmente responsabili e di (b) spiegare in termini pratici le opportunità offerte dall’attuale quadro giuridico dell’UE alle autorità pubbliche di tenere conto degli aspetti sociali nei propri appalti pubblici, in un’ottica non legata esclusivamente al prezzo ma anche al miglior rapporto qualità/prezzo.
Nella redazione della Guida, la Commissione si è ampiamente consultata con le autorità pubbliche degli Stati membri e numerose altre parti interessate. La Guida si rivolge principalmente alle autorità pubbliche, con l’auspicio, tuttavia, che sia di ispirazione anche per gli acquirenti del settore privato (…).
Appalti pubblici socialmente responsabili: una definizione
- Gli appalti pubblici socialmente responsabili indicano le operazioni di appalto che tengono conto di uno o più dei seguenti aspetti sociali: opportunità di occupazione, lavoro dignitoso, conformità con i diritti sociali e lavorativi, inclusione sociale (inclusione delle persone con disabilità), pari opportunità, accessibilità, progettazione per tutti, considerazione dei criteri di sostenibilità tra cui gli aspetti legati al commercio etico e una più ampia conformità di natura volontaristica con la responsabilità sociale di impresa (RSI), nel rispetto dei principi sanciti dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e dalle direttive sugli appalti. Gli appalti pubblici socialmente responsabili possono costituire un potente strumento sia per la promozione dello sviluppo sostenibile sia per il raggiungimento degli obiettivi sociali dell’UE (e degli Stati membri). Gli appalti pubblici socialmente responsabili trattano un’ampia gamma di aspetti sociali, che possono essere presi in considerazione dalle amministrazioni aggiudicatrici nella fase appropriata della procedura di appalto. Gli aspetti sociali possono essere combinati con gli aspetti ambientali in un approccio integrato verso la sostenibilità negli appalti pubblici.
- Per sostenere le proprie politiche sociali, le amministrazioni aggiudicatrici possono integrare gli aspetti sociali negli appalti pubblici in numerosi modi. Un elenco non esaustivo di esempi di aspetti sociali potenzialmente rilevanti per gli appalti pubblici, subordinato al rispetto delle direttive sugli appalti pubblici e ai principi fondamentali del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), viene indicato di seguito. Molti aspetti sociali, tuttavia, possono, a seconda della loro natura, essere inclusi solo in determinate fasi della procedura di appalto. Inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici devono decidere caso per caso quali siano gli aspetti sociali pertinenti per i propri appalti, in base all’oggetto dell’appalto e ai propri obiettivi.
Ai fini degli appalti potrebbero essere rilevanti i seguenti aspetti sociali:
- Promozione delle «opportunità di occupazione», ad esempio:
- promozione dell’occupazione giovanile;
- promozione dell’equilibrio di genere (ad es. equilibrio tra lavoro/vita privata, lotta alla segregazione settoriale e occupazionale e così via);
- promozione delle opportunità di occupazione per i disoccupati di lunga durata e i lavoratori anziani;
- politiche a favore della diversità e opportunità di occupazione per le persone appartenenti a gruppi svantaggiati (ad es. lavoratori migranti, minoranze etniche, minoranze religiose, persone con un basso livello di istruzione e così via);
- promozione delle opportunità di occupazione per le persone con disabilità, anche attraverso gli ambienti inclusivi e accessibili.
- Promozione del «lavoro dignitoso»:
questo concetto universalmente sancito si basa sulla convinzione che le persone abbiano diritto a un’occupazione produttiva in condizioni di libertà, parità, sicurezza e dignità umana. L’agenda per il lavoro dignitoso è costituita da quattro elementi ugualmente importanti e interdipendenti: il diritto a un lavoro produttivo e liberamente scelto, principi e diritti fondamentali al lavoro, occupazione con retribuzione dignitosa, protezione sociale e dialogo sociale. La parità di genere e la non discriminazione sono considerate questioni di interesse traversale nell’agenda per il lavoro dignitoso. Nel contesto degli appalti pubblici socialmente responsabili possono svolgere un ruolo importante numerose questioni quali:
- conformità con le norme fondamentali di lavoro;
- retribuzione dignitosa;
- salute e sicurezza sul luogo di lavoro;
- dialogo sociale;
- accesso alla formazione;
- parità di genere e non discriminazione;
- accesso alla protezione sociale di base.
- Promozione dell’osservanza dei «diritti sociali e lavorativi» quali:
- osservanza delle normative e dei contratti collettivi nazionali conformi con il diritto dell’UE;
- osservanza del principio della parità di trattamento tra uomini e donne, tra cui il principio della parità di retribuzione per il lavoro di uguale valore e la promozione della parità di genere;
- osservanza delle normative in materia di salute e di sicurezza sul luogo di lavoro;
- lotta alla discriminazione basata su altri criteri (età, disabilità, razza, religione o convinzioni personali, orientamento sessuale e così via) e creazione di pari opportunità.
- Supporto dell’«inclusione sociale» e promozione delle organizzazioni dell’economia sociale quali:
- parità di accesso alle opportunità di appalto da parte di imprese i cui proprietari o dipendenti appartengono a gruppi etnici o minoritari, ad esempio cooperative, imprese sociali e organizzazioni non profit;
- promozione dell’occupazione assistita per persone con disabilità, incluse quelle presenti nel mercato del lavoro aperto.
- Promozione dell’«accessibilità e progettazione per tutti» quali:
- disposizioni imperative nelle specifiche tecniche per garantire alle persone con disabilità di accedere, ad esempio, a servizi pubblici, edifici pubblici, trasporti pubblici, informazioni pubbliche e beni e servizi TIC tra cui le applicazioni basate sul Web. L’aspetto centrale riguarda l’acquisto di beni e servizi accessibili a tutti.
- Considerazione degli aspetti legati al «commercio etico» quali:
- la possibilità, in determinate condizioni, di tenere conto delle questioni relative al commercio etico nelle specifiche delle gare e nelle condizioni degli appalti.
- Sforzo teso a ottenere un impegno più esteso di natura volontaristica verso la «responsabilità sociale di impresa» (RSI), ovvero far sì che le aziende superino volontariamente i vincoli normativi nel perseguimento degli obiettivi ambientali e sociali nelle proprie attività quotidiane, ad esempio:
- collaborazione con gli imprenditori per aumentare l’impegno verso il valore della RSI.
- Protezione dall’inosservanza dei diritti umani e promozione del rispetto degli stessi.
- Promozione delle «piccole e medie imprese» nella misura in cui possano essere collegate alle considerazioni esposte sopra:
- disposizioni che offrono alle PMI un accesso più esteso agli appalti pubblici attraverso la riduzione del costo e/o dell’impegno necessari per partecipare agli appalti pubblici socialmente responsabili. Tale obiettivo può essere conseguito, ad esempio, facendo in modo, laddove sia possibile, che l’importanza dell’appalto non sia in sé un ostacolo alla partecipazione da parte delle PMI, concedendo tempo sufficiente per preparare le offerte, garantendo pagamenti puntuali, definendo requisiti di idoneità ed economici proporzionati e così via;
- pari opportunità attraverso una maggiore visibilità delle opportunità di subappalto.
Lo stato di questi obiettivi di politica sociale varia notevolmente sia nel diritto dell’UE che nei vari Stati membri. Per alcuni settori, ad esempio, sono previste disposizioni imperative riguardo all’accessibilità che in alcuni Stati membri, ma non in altri, superano le prescrizioni del diritto dell’UE.