Siccità, mancanza di acqua pulita, carestia e colera con una media di 300 nuovi contagi al giorno. Questa, in estrema sintesi, la situazione in Somalia dove dall’inizio dell’anno sono stati registrati 450 decessi molti dei quali avvenuti a Sud, dove il gruppo terrorista al-Shabab rende impossibile l’accesso agli operatori umanitari. Le autorità somale, di fatto, non hanno ancora dichiarato lo stato di carestia ma i dati più attendibili ci dicono che 6 milioni di persone, l’esatta metà della popolazione totale, ha un disperato bisogno di assistenza, mentre sono ben 185.000 i bambini che versano in un grave stato di malnutrizione e sono in forte pericolo di vita.
In Sud Sudan, ricordiamo, dal 2013 è in corso una guerra civile che impedisce alle organizzazioni umanitarie di aiutare la popolazione. Pertanto, in quel pezzo d’Africa ci sono 5 milioni di persone che si alimentano in maniera del tutto casuale, mentre 100.000 persone vivono uno stato di vera e propria carestia.
Non va meglio nello Yemen: anche qui le parti in guerra chiudono la porta all’assistenza internazionale. Con una certa periodicità viene bombardato il porto principale del Paese che è anche il punto di accesso del 90% del cibo che proviene dall’estero.
Il Nord della Nigeria è nel frattempo alle prese con la presenza di Boko Haram che brucia indiscriminatamente centinaia di abitazioni infiammando di terrore il popolo. È stato mobilitato l’esercito, e di conseguenza si contano migliaia di sfollati che non sanno dove rifugiarsi. Le attività di agricoltura e allevamento hanno subito un drastico calo, ragion per cui anche qui il rischio di una carestia è altissimo. Impossibile anche nel Nord della Nigeria portare aiuti umanitari, la situazione è drammatica.
Quattro Paesi in ginocchio, di cui 3 con una guerra civile in corso e uno, la Somalia, in cui la carestia sta decimando la popolazione. L’Onu ha chiesto 4,4 miliardi di dollari entro la fine di aprile per fronteggiare questa drammatica emergenza ma fino a questo momento ne ha avuti solo 984 milioni, troppo pochi. È lo stesso portavoce dell’UNHCR, Adrian Edwards, a spiegare come «un disastro prevenibile stia diventando rapidamente inevitabile». È assolutamente vitale reperire la cifra chiesta dall’Onu per evitare una catastrofe immane ma siamo ancora lontani da questo obiettivo, mentre ogni minuto che passa tutto si complica perché la fame aumenta, le guerre inaspriscono e le organizzazioni umanitarie non vengono messe nelle condizioni adeguate per svolgere la loro missione.