Se da un lato cresce la spesa sanitaria privata, e quindi più sanità per le persone che possono pagarsela, dall’altra diminuisce la spesa sanitaria pubblica, con buona pace di chi non può permetterselo. Andando nello specifico la spesa sanitaria privata ha toccato quota 34,5 miliardi di euro negli ultimi due anni (+3,2% nel 2013-2015), ossia il doppio dell’aumento della spesa complessiva per i consumi delle famiglie nello stesso periodo (pari a +1,7%). Inoltre, sono aumentati i ticket pagati dai cittadini, visto che il 45,4% (+5,6% rispetto al 2013) ha pagato tariffe nel privato uguali o di poco superiori al ticket che avrebbe pagato nel pubblico. A rilevarlo sono i dati della ricerca Censis–Rbm Assicurazione Salute, presentata ieri a Roma al “VI Welfare Day”.
La ricerca evidenzia che per via delle lunghe liste d’attesa che contraddistinguono ormai il nostro servizio sanitario nazionale, infatti, aumenta sempre di più il numero degli italiani che nell’ultimo anno ha fatto ricorso alla sanità privata oppure all’intramoenia, rispettivamente dieci milioni (il 72,6% a causa delle liste) e sette milioni (il 66,4%).
Ancora più allarmante risulta il dato relativo alla sanità “negata”. Soltanto nell’ultimo anno sono stati 11 milioni gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a causa delle difficoltà economiche nell’ultimo anno, non riuscendo più a pagarle di tasca propria. Si tratta di una crescita di due milioni in più rispetto al 2012. A essere colpiti maggiormente sono soprattutto gli anziani (2,4 milioni) e i giovani nati dopo il 2000 (2,2 milioni).
Per quanto concerne la qualità del servizio sanitario pubblico, per il 45,1% dei cittadini quest’ultima nella propria regione è peggiorata negli ultimi due anni (+2,4% rispetto al 2015), mentre è rimasta inalterata per il 41,4% e soltanto per il 13,5% è migliorata. Il 52% degli italiani considera inadeguato il servizio sanitario della propria regione, una percentuale che sale al 68,9% nel Mezzogiorno e al 56,1% al Centro, mentre è pari al 41,3% al Nord-Ovest e al 32,8% al Nord-Est.
Inoltre, sono 5,4 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno ricevuto prescrizioni di farmaci, visite o accertamenti diagnostici che si sono rivelati completamente superflui. Ciò nonostante il 64% si dichiara contrario al decreto appropriatezza: per il 50,7% dei cittadini soltanto il medico può decidere se la prestazione è davvero necessaria e il 13,3% ritiene che le leggi siano motivate solo dalla logica dei tagli. I favorevoli sono il 36%, di cui il 21,9% ha dichiarato che in questa maniera è possibile definire quando una prestazione è veramente indispensabile e il 14,1% perché lasciando al singolo medico ci sono troppe differenze.
Secondo la ricerca, in questo panorama si fa strada sempre di più la sanità integrativa. Sono più di 26 milioni, infatti, i cittadini che si dichiarano favorevoli a sottoscrivere una polizza sanitaria oppure ad aderire a un fondo sanitario integrativo.