“La presente legge (…) promuove e sostiene lo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti, garantisce l’equilibrio demografico del Paese favorendo la residenza in tali comuni, nonché ne tutela e ne valorizza il patrimonio naturale, rurale, storicoculturale e architettonico. La presente legge favorisce l’adozione di misure in favore dei cittadini residenti nei predetti comuni e delle attività produttive ivi insediate, con particolare riferimento al sistema dei servizi essenziali, in modo da contrastarne lo spopolamento e da incentivare l’afflusso turistico. L’insediamento nei citati comuni è considerato una risorsa a presidio del territorio, soprattutto per le attività di contrasto al dissesto idrogeologico e per le attività di piccola e diffusa manutenzione e tutela dei beni comuni.
Queste le finalità della legge “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali, nonché disposizioni per la riqualificazione ed il recupero dei centri storici”, presentata da Ermete Realacci e altri e approvata, in prima lettura, dalla Camera dei Deputati il 30 settembre scorso.
È utile soffermarsi su questo provvedimento non solo perché l’Italia è fatta da piccoli comuni, ma anche perché queste realtà rappresentano la struttura portante di ogni politica di rilancio delle aree interne e di sviluppo locale. Il valore delle piccole comunità locali è inestimabile e in esse vive molta più modernità di quanto si possa supporre.
Le potenzialità insite nelle risorse economiche, culturali e naturali di cui queste realtà sono ricche potranno dispiegarsi solo a due condizioni:
- una rinnovata attenzione delle istituzioni e il riconoscimento del valore autenticamente nazionale dei piccoli comuni e dei territori montani e rurali;
- un’autentica mobilitazione delle risorse endogene a queste comunità locali nella costruzione di partnership efficaci per realizzare sviluppo partecipato.
Su questi temi prezioso è il contributo di Enrico Borghi sia nella sua qualità di componente della VIII Commissione Ambiente, Territorio, Lavori Pubblici, sia quale Presidente dell’UNCEM – Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani e, da ultimo, quale Consigliere Speciale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’attuazione della Strategia Nazionale delle Aree Interne (SNAI).
Proponiamo, di seguito, il testo integrale del suo intervento alla Camera in occasione dell’approvazione, in prima lettura, del citato disegno di legge.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi è una giornata importante per questo Parlamento e per le istituzioni repubblicane. Oggi, dopo tre anni di lavoro, portiamo in Aula un provvedimento che va anche al di là degli aspetti specifici con i quali abbiamo voluto coordinare una serie di iniziative, che sono nate da una proposta a prima firma del presidente Realacci e che ha visto, successivamente, portare il loro contributo anche gruppi dell’opposizione.
Dicevo che va al di là perché, innanzitutto, occorre cogliere un dato: il dato è che finalmente, dopo tanti anni, in quest’Aula, nelle istituzioni repubblicane, nel dibattito nel Paese si tiene conto della peculiarità, della specificità, della caratteristica su cui il nostro Paese è costruito.
Infatti, signor Presidente, noi viviamo in un Paese strano, un Paese nel quale milioni e milioni di italiani vivono in aree rurali, in zone interne, in aree montane, ma nel dibattito istituzionale, nella dialettica sui media, nelle prese di posizione collettive sembra quasi che viga una sorta di monolite, una sorta di unica concezione urbana metropolitana che espelle dalla discussione e, conseguentemente, anche dalle decisioni le caratteristiche proprie sulla base delle quali l’Italia è costruita. E così capita, purtroppo, di doversi imbattere nella realtà, quella vera, non quella virtuale, quando la realtà si impone con la propria forza.
È di qualche giorno fa il drammatico evento del terremoto, un drammatico evento che ha costretto i decisori a rendersi conto che l’Italia non è solo l’Italia dei talk show, dei dibattiti finti, delle polemiche inventate, ma è l’Italia di milioni e milioni di italiani che hanno scelto di vivere in comunità che sono fra loro caratterizzate da una peculiarità: quella di essere piccole, quella di essere distinte, quella di essere lontane dai luoghi delle decisioni, spesso lontane anche dai luoghi dell’erogazione di servizi di cittadinanza.
E, quindi, questo provvedimento, per la prima volta, dopo tanti anni in cui anche la legislazione del nostro Paese è andata nell’indirizzo di una logica massificante – e questo è, probabilmente, uno dei limiti per i quali non si sono raggiunti quegli obiettivi alla base dei quali la produzione legislativa in questi anni si prefigurava l’esigenza di ammodernamento e di efficienza del servizio –, torna a configurare una caratteristica di peculiarità, di specificità. Infatti, se dovessimo dirla con uno slogan, con un tweet – come va oggi molto di moda – per spiegare il perché noi ci accingiamo a dover dibattere e legiferare in questa direzione, potremmo dire che occorre una risposta diversificata perché mentre le città sono fondate sulla quantità, le aree interne, le zone rurali, i piccoli paesi sono fondati sulla qualità.
Non possono, quindi, organizzarsi, non possono avere le stesse regole, non possono essere uniformati dentro una dimensione esclusivamente quantitativa.
Se immaginassimo l’Italia esclusivamente sotto questo profilo, non solo non ne coglieremmo la sua intima natura identitaria, ma, al contrario, non riusciremmo neppure a configurare quei diritti di cittadinanza di quelle comunità, che, per poter avere quello stesso tipo di opportunità garantite in altre parti del territorio nazionale, hanno bisogno di essere riconosciute per la loro peculiarità.
Questo provvedimento è una risposta che va in quella direzione: non è un provvedimento corporativo, signor Presidente, onorevoli colleghi. Non è un provvedimento che interviene sulle misure organizzative dei piccoli comuni: è un provvedimento che si rivolge alle comunità di uomini, di donne, in carne ed ossa, che vivono nei territori che hanno questo tipo di caratteristiche.
E ci sarà pure anche un motivo per il quale, in quasi il 65 per cento del nostro territorio nazionale, le comunità hanno deciso di organizzarsi sotto forma di piccole municipalità: perché è evidente che la loro caratteristica geografica, la loro caratteristica storica, la loro caratteristica culturale ha fatto sì che il modello di organizzazione della democrazia in quelle realtà fosse tale da essere costituito nella dimensione del piccolo comune.
Ma, come ha ricordato in precedenza il collega Misiani, non di questo tratta il provvedimento. Tratta, invece, da un lato, della peculiarità di questo tipo di comunità e, dall’altro, di alcune caratteristiche che queste comunità hanno e che possono diventare un punto di riferimento per l’intero territorio nazionale. Sì, perché noi parliamo in questo provvedimento del fatto che il ripopolamento, la salvaguardia, la garanzia della presenza di comunità umane all’interno dei piccoli comuni sia un interesse nazionale.
Non stiamo, quindi, configurando una norma in funzione di un bisogno particolare: stiamo dando una risposta di carattere collettivo e nazionale, che parte da una caratteristica che, peraltro, è spalmata sull’intero territorio della Repubblica, perché i piccoli comuni si trovano in Valle d’Aosta quanto in Sicilia e, quindi, rispondono ad una esigenza e ad un preminente interesse di carattere nazionale.
Lo straordinario patrimonio culturale, ambientale, naturale, architettonico che risiede su queste realtà fa sì che siano un autentico giacimento, un autentico scrigno per l’intera Repubblica.
Il secondo aspetto, la seconda questione in termini giuridici e di principio che noi sottolineiamo per quanto riguarda il tema dell’interesse nazionale è che sanciamo un aspetto, anche qui, inedito rispetto alla ordinaria produzione legislativa che c’è stata sin qui. Sanciamo, cioè, il tema che l’insediamento e il reinsediamento all’interno di questi territori è una risorsa per l’intera collettività nazionale, perché presidiare questi territori significa svolgere una funzione, sì nell’interesse di quelle realtà circoscritte, ma anche nell’interesse delle realtà che non appartengono a quel bacino, a quella peculiare realtà o a quella peculiare caratteristica zona geografica. Si pensi solo, ad esempio, al tema della tutela dell’assetto del suolo e del riassetto idrogeologico, in cui una presenza di una comunità che governa un ambiente, un territorio, un patrimonio è la condizione per evitare e preservare dissesti idrogeologici i cui costi vanno, poi, complessivamente, a scapito dell’intera collettività.
Quindi, garanzia di patrimonio, garanzia di reinsediamento, interesse nazionale.
Poi, c’è il terzo aspetto, che è caratterizzato dai contenuti di questi tredici articoli.
Perché nella vulgata, spesso, superficiale alla quale assistiamo, si sente parlare di queste comunità come una sorta di piccolo mondo antico, come una sorta di retaggio del passato destinato ad estinguersi, come una sorta di cascame che, progressivamente, verrà travolto dalle magnifiche e progressive sorti dell’economia digitale, della Rete e dell’innovazione tecnologica.
Niente di più sbagliato, niente di più falso, niente di più miope: in realtà, questi territori rappresentano una delle punte avanzate della modernizzazione del Paese. Basti leggere i contenuti dei provvedimenti che qui abbiamo cercato di costruire per capire le sfide che l’Italia è chiamata a dover fare nell’economia del futuro. Si citava in precedenza il tema dell’economia verde, su cui noi attendiamo una forte risposta e l’occasione è anche questa circostanza per apprezzare e individuare nei confronti del Governo uno sforzo consistente per il recepimento della COP21 nel nostro ordinamento nazionale.
La COP21 e i contenuti dell’economia verde in Italia potranno esistere esclusivamente passando attraverso i territori, attraverso il coinvolgimento delle comunità, attraverso la valorizzazione di quel patrimonio naturale, ambientale ed ecologico che è presente su tutto il nostro territorio nazionale e di cui i piccoli comuni sono ricchi, ricchissimi e in alcuni casi sono anche addirittura – penso al tema della forestazione – proprietari.
Quindi, basterebbe solo questo per far capire come non stiamo parlando di qualcosa di passato, ma stiamo parlando di qualcosa di straordinariamente avveniristico: è il tema della soft economy, il tema del rapporto tra città e aree interne, tra zone urbanizzate e zone meno urbanizzate nel concetto tra le cosiddette smart cities e le smart land, cioè il fatto con il quale il nostro Paese si possa modernizzare integrandosi e riconoscendo la propria peculiarità. È in questa direzione, per esempio, che il provvedimento dà una significativa apertura rispetto ad un tema, quello del completamento dell’innervamento tecnologico e della banda larga nel nostro Paese, introducendo da un lato un principio molto importante, cioè il fatto che esistano delle zone a fallimento di mercato per le quali è legittimo, in considerazione del fatto che i diritti dei nostri cittadini sono uguali a prescindere dalla dimensione quantitativa delle comunità in cui vivono, che ci possa essere un intervento di carattere pubblico per allineare questi cittadini ad altre zone del Paese.
Peraltro, questo tipo di intervento consentirà anche alle zone più popolate di potersi innervare fra loro con delle dorsali ed aumentare, quindi, complessivamente il mercato in questa direzione. Vi sono risorse importanti che il Governo ha stanziato nell’ambito del programma nazionale.
Con questo provvedimento noi diciamo che vi è una priorità per questo tipo di comuni, proprio perché essi sono quelli che oggi sono stati lasciati ai margini, rispetto ad una dimensione che ha affidato esclusivamente al mercato le scelte di investimento e, quindi, nelle zone a cosiddetto fallimento di mercato occorre effettuare un’azione di riallineamento.
Vi è ancora un altro aspetto, scorrendo gli elementi che sono oggi contenuti all’interno di questo provvedimento, che ci fa capire come noi stiamo costruendo una normativa in condizione di mettere il Paese su delle fasi avanzate. Vi è il tema del recupero, della valorizzazione, della riqualificazione dei nostri centri storici, che è un tema drammaticamente portato all’attenzione dagli eventi del terremoto e su cui il Governo, con « Casa Italia », può dare una risposta significativa.
Ebbene, il lavoro che il Parlamento ha fatto va in questa direzione e crediamo possa essere utilmente impiegato per consentire quella straordinaria attività di recupero di un grande patrimonio edilizio oggi spesso dismesso per una serie di normative contraddittorie fra loro e che può andare anche in direzione di un provvedimento, già votato da questo ramo del Parlamento e che è relativo al consumo del suolo, che ci può consentire di evitare ulteriori, come dire, danneggiamenti e ulteriori arretramenti rispetto al nostro patrimonio ecologico e ambientale e contemporaneamente consentire di mettere in sicurezza risorse e strumentazioni urbanistiche del nostro territorio, che proprio nei piccoli comuni trovano un loro straordinario giacimento.
Si pensi all’idea, che introduciamo, di contrasto all’abbandono degli immobili e di contrasto all’abbandono dei terreni; si pensi all’idea della valorizzazione degli itinerari turistico-culturali che attraversano i piccoli paesi e che vanno in una direzione di un turismo ad alto valore aggiunto in grado di coniugare ambiente, qualità della vita e risorse enogastronomiche; si pensi anche agli altri aspetti che in questo provvedimento sono citati e, cioè, l’esigenza che questo tipo di peculiarità e di caratteristica debba essere recepita dalla strumentazione normativa e governativa nell’ambito dei servizi fondamentali, perché noi riteniamo che ci possa essere un futuro per queste comunità se da un lato ne individuiamo, in un’ottica di interesse nazionale, la loro vocazione di prospettiva – ed è quello che ho cercato di descrivere sin qui – e se contemporaneamente creiamo una strumentazione, dal punto di vista dell’erogazione dei servizi di cittadinanza fondamentale, che tenga conto della peculiarità e tenga conto delle caratteristiche.
Sulla base di questo provvedimento il Governo, nella redazione dei piani di istruzione e nei piani dei trasporti, dovrà tenere conto della peculiarità di questo tipo di caratteristiche.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, sottolineando un ultimo aspetto di questa norma. Questa norma recupera un passaggio costituzionale molto importante rimandando al concetto del governo sussidiario dei territori, nell’idea dello sviluppo e nell’idea dell’organizzazione delle politiche di crescita del nostro Paese.
Quindi, configura per le unioni dei comuni e per le unioni dei comuni montani un ruolo importante nella direzione della costruzione e dell’applicazione di questa norma, perché – e credo che sia questa la conclusione alla quale possiamo pervenire – credo abbia ragione Baumann quando ci dice che il futuro appartiene alle comunità che si riorganizzano e sottolinea che «nell’era del digitale e della rete, in cui ciascuno di noi rischia di sentirsi più individuo, più solo e più atomizzato, la riscoperta della comunità è la chiave fondamentale per la riscoperta del futuro dell’intero Paese».