Oggi ricorre l’anniversario della nascita di Daniele Comboni, a Limone sul Garda (Brescia) nel lontano 1831. Storicamente fu uno dei più importanti missionari al mondo, soprattutto perché si deve a lui la fondazione degli istituti dei missionari comboniani del cuore di Gesù.
Se Daniele Comboni morì a 50 anni, i suoi ideali e l’impegno profuso a favore della causa africana gli sono sopravvissuti nel corso del tempo, tanto che ancora oggi la sua fondazione è viva, attiva, e i comboniani operano non solo in Africa, dove pure tutto ha avuto inizio, ma anche nelle zone più remote e diseredate del mondo.
Per esempio, possiamo trovarli nelle periferie di Nairobi, Lima, Città del Messico, Cairo, oppure vicino ai Pigmei della Repubblica Centroafricana che rischiano l’estinzione a causa dei numerosi conflitti interni.
Se infatti, nel corso dell’800, l’obiettivo primario dei comboniani era quello di evangelizzazione dei popoli – ossia portare il messaggio di pace del Cristo dove quest’ultimo era pressoché sconosciuto – oggi i missionari conservano questo scopo ma al contempo svolgono un’opera dai forti connotati sociali.
In particolare, il loro interesse è incentrato sui giovani, sulla loro formazione professionale, sociale, umana.
“Salvare l’Africa con l’Africa”, frase coniata dall’antico padre fondatore, è ancora oggi l’ideale che essi continuano a perseguire, con il merito aggiuntivo di aver esteso il raggio d’azione anche in altri luoghi del mondo.
Insomma si recano dove i diritti umani fondamentali vengono ignorati e, nel corso del tempo, sono stati capaci di non trascurare l’importanza di procedere al passo con i tempi, andando incontro a un processo di modernizzazione già effettivamente avviato da Papa Francesco.
Così tra i loro progetti non trascurano l’Europa, il problema attualissimo dell’immigrazione con i conseguenti disagi sociali; come, d’altro canto, collaborano con le onlus per offrire il loro sostegno nelle questioni più importanti del Pianeta.
A dispetto di una storia travagliata – quanto però coraggiosa – i comboniani hanno resistito attraverso il tempo, come quando nel corso della prima guerra mondiale furono mandati via dal Sudan per poi ritornarvi, ostinati, a dare seguito alla loro missione di pace.
Oppure quando durante il secondo conflitto mondiale rischiavano puntualmente l’internamento perché invisi ai Paesi che la guerra la volevano, insieme allo sfruttamento delle terre africane.
Sono dei tenaci sopravvissuti – circa duemila stando a stime approssimative – ma con un’incredibile presenza capillare entro i confini del mondo.