I risultati dell’ultimo studio condotto dall’Ocse-Piaac – in merito alle competenze riguardanti la scrittura e la lettura in Italia nella fascia d’età compresa tra i 16 e 65 anni – non sono affatto confortanti: se da un lato, infatti, è consolante rilevare che l’analfabetismo è pressoché in via d’estinzione, dall’altro sono troppi gli italiani, il 28%, con scarse capacità legate alla comprensione di un testo scritto. Praticamente, 1 adulto su 4 riesce a leggere solo frasi brevi e peggio di noi riesce a fare solo la Spagna.
Tale limite incide negativamente non solo nella capacità di esprimere i propri concetti per quanto riguarda la sfera comunicativa e relazionale, ma impatta anche notevolmente sulla possibilità di utilizzare i servizi pubblici. Parliamo ad esempio dell’accesso alle cure mediche, dell’espletamento di pratiche burocratiche, della compilazione di moduli, di tutto ciò che attiene al welfare. Un dato pari al 28% di questo nuovo tipo di “analfabetismo” spiegherebbe in parte anche la scarsa partecipazione alla vita politica e sociale del Paese, con un rischio piuttosto elevato di isolamento sociale. Il tutto, complicato dal fatto che in Italia non esistono veri e propri programmi educativi che abbiano come destinatari gli adulti e coloro che non sono compresi nella fascia scolastica.
Comprensibile come gli anziani abbiano un problema più evidente in tal senso, come anche gli immigrati di prima generazione, ma tolte queste due categorie sono generalmente troppe le persone non in grado di comprendere ed esprimere concetti elementari. E, aggiunge Francesca Borgonovi, ricercatrice Piaac, «a questo si aggiunge il rischio che, vista anche la difficoltà di leggere e comprendere, queste piccole capacità vengano poco usate nella vita di tutti i giorni e a poco a poco si riducano».
Insomma, stando allo studio, si dipana una realtà poco piacevole, sempre che non vengano attuati interventi e politiche di recupero.