Secondo le stime del nuovo rapporto Svimez (l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) il 2016 dovrebbe palesare una crescita del Pil nel nostro Paese pari allo 0,8%, percentuale prodotta dall’andamento positivo dei consumi. Seguendo questo filone, per il 2017 ci si attende un +1%. La notizia è che il Sud – dopo 7 anni di recessione profonda – risale la china in maniera quasi fisiologica grazie ad alcune specifiche condizioni quali un’annata agraria molto positiva e una crescita del valore aggiunto nei servizi, soprattutto per quanto riguarda il settore turistico.
In riferimento invece al 2015 la crescita in termine di prodotto pro capite è stata dell’1,1% nel Mezzogiorno e dello 0,6% nel resto d’Italia. In modo particolare sono cresciute la Basilicata (+5,9%), il Molise (+3,4%), l’Abruzzo (+2,7%). Le regioni più povere sono risultate la Calabria, la Puglia e la Campania, mentre quella con il reddito pro capite più alto il Trentino Alto-Adige.
A far salire il Pil nel Sud durante il 2015 è certamente stata determinante la crescita dei consumi – in particolare nei settori del vestiario e delle calzature e non in ambito alimentare – con un incremento di beni e servizi tra cui salute e cultura. Sempre nel 2015, bene anche gli investimenti cresciuti dello 0,8% per la prima volta dopo i fatidici 7 anni di buio; secondo il rapporto Svimez avrebbero agito come fattori trainanti la fiducia degli imprenditori e una flessibilità maggiore da parte delle banche.
L’agricoltura avrebbe fatto la differenza nel processo di crescita, facendo un salto del + 7,3% contro i risultati del Centro-Nord dell’+1,6%. Un’altra sorpresa è quella che riguarda i servizi: il Mezzogiorno risulta aver superato il Nord registrando un +0,8% contro lo 0,3%. Per quanto riguarda l’industria il Nord è chiaramente la porzione di Paese trainante (+1,1% versus -0,3%). Di contro, però, il 2015 ha registrato l’aumento dell’occupazione a Sud e precisamente dell’1,6%, dato che nel 2016 si è evoluto in termini ancora più positivi perché risulta essere cresciuta l’occupazione giovanile con un +3,9% rispetto alla media nazionale del 2,4%.
Ma, mette in guardia il rapporto Svimez, si tratta di dati che non devono «far perdere di vista le criticità in quanto i livelli occupazionali al Sud sono ancora troppo distanti da quelli precedenti alla crisi». Infatti, l’unica regione meridionale vicina ai valori del 2008 (pre-crisi) è la Basilicata. A questo si aggiunga che aldilà dell’agricoltura e del settore terziario (in particolare il turismo), l’occupazione nell’industria è sì cresciuta nel 2016 ma le occupazioni più qualificate sono poche. Infatti sono cresciuti i contratti part-time proprio nei settori meno qualificati.
Il rapporto Svimez fa inoltre notare come continui la tendenza, soprattutto da parte dei giovani, a trasferirsi altrove. Il saldo migratorio netto del Mezzogiorno è di 653.000 unità: 478.000 sono giovani e di questi 133.000 laureati, mentre complessivamente le donne che si spostano sono più degli uomini.
Durante il 2015 la popolazione meridionale è diminuita di 62.000 unità e le nascite sono state 170.000, il livello più basso dall’Unità d’Italia.
Altro dato allarmante è quello che fa riferimento alle condizioni economiche di ciascuno perché l’anno scorso 10 meridionali su 100 hanno vissuto in una situazione di povertà assoluta, rispetto al Centro-Nord che ne ha registrati poco più di 6. Il rischio di cadere in stato di povertà e di relativa diseguaglianza sociale al Sud è triplo rispetto al resto del Paese, con due regioni – la Sicilia e la Campania – che sfiorano il 40% del rischio.